Ong Walter
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Autore: Carlo Gagliardi
Religioso gesuita, filosofo sociale, storico e teorico dell’evoluzione culturale, discendente da uno dei primi coloni americani, nasce nel 1912 nella zona di Kansas City, Missouri. Qui frequenta il liceo e il college Rockhurst, poi entra nel Seminario St. Stanislaus (1935) e prosegue la formazione alla Saint Louis University fino alla licenza in filosofia (1940) e teologia (1948), con laurea in inglese nel 1941. In seguito a due borse di studio Guggenheim per l’insegnamento e la ricerca, nel 1954 consegue il dottorato d’inglese all’Harvard University. Nei corsi a Saint Louis e ad Harvard ebbe come advisers, rispettivamente, Perry Miller e Marshall McLuhan. Docente d’inglese dal 1959 (affettuosamente gli studenti ridefiniscono il suo magistero Onglish), di psicologia (1970) e di discipline classiche (1981), svolge una brillante carriera accademica e numerosi studi da cui, approfondendo gli sviluppi della civiltà, emergono i capisaldi di una sua antropologia, insieme teologica e culturale, della comunicazione. Walter J. Ong muore a Saint Louis nel 2003.
Sue opere principali: Frontiers in american catholicism. Essays on ideology and culture, Macmillan, New York 1957; Ramus. Method and the decay of dialogue, Harvard University Press, Cambridge (MA)1958; La presenza della parola, il Mulino, Bologna 1970 (ed. orig.1967); Knowledge and the future of man, Holt, Rinehart and Winston, New York 1968; Rhetoric, romance and technology, Cornell University Press, Ithaca (NY) 1971; Interfacce della parola, il Mulino, Bologna 1989 (ed. orig.1977); Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, il Mulino, Bologna 1986 (ed. orig. 1982); Conversazione sul linguaggio, Armando, Roma 1993.
Noto agli storici della cultura umanistica e rinascimentale soprattutto per gli studi su Ramo, nella ricerca sulla comunicazione O. agisce nel filone, variegato e prolifico, dei cultural studies nordamericani espressi, tra l’altro, dalla Chicago School of Sociology (con Burke, Dewey, Geddes, Mumford, Park) e, in parte, dall’Università di Toronto (Frye, Havelock, Innis; McLuhan). Decisivo è stato in particolare il gruppo di Toronto ha osservato James W.Carey (1991) nello spostare l’asse d’indagine dall’informazione e dalla produzione verso un nuovo corso che privilegia, con approccio storico, le ‘tecnologie’ dell’ideazione, trasmissione e conservazione culturale. O. pone al centro dell’analisi il ‘sensorio’ dell’uomo approfondendo, in una visione più organica, alcune categorie di McLuhan. L’accento sugli sviluppi della comunicazione è sorretto più da ‘relativismo antropologico’ (i grandi cicli delle civiltà) che da determinismo tecnologico, in quanto la tecnologia, nel farsi pratica, "immagina e sedimenta forme di conoscenza e di relazione". Peculiare è la sua visione della storia come "interiorizzazione progressiva della coscienza" e come problematica che investe i simboli religiosi e il sacro nel mondo secolarizzato dei media.
Ebbene, O. evidenzia una primigenia cultura orale-aurale corrispondente alle età arcaica, classica e medievale in cui la parola è appoggiata al suono, evento fisico che, esprimendosi in una dimensione temporale, fatta di simultaneità e circolarità (McLuhan direbbe ‘tribale’), implica la presenza di un ‘udire’ pronto a riceverla; sul piano linguistico il riferimento è alla ‘lingua Madre’, quella che impariamo alla nascita succhiandola come il latte (per M. Jousse: manducation de la parole). Psicologicamente tendente all’estroversione, con difficoltà a separare l’oggetto dal soggetto della percezione, partecipatoria e magica, la ‘cultura a oralità primaria’ non ha documenti, ma ha memoria, organizzazione del discorso (temi, formule, proverbi, ritmo narrativo) e schematizzazione dei personaggi. In questo vastissimo ciclo si manifesta a un certo punto la scrittura che tuttavia non modifica i caratteri principali dell’oralità, pur avviando il distanziamento tra soggetto e oggetto (anche dove questo è il sé); prendono forma le ‘lingue del Padre’, come il latino dei dotti o i linguaggi settoriali, che tendono all’autocontrollo e all’esclusione. Soltanto con l’invenzione della stampa, la parola, "tolta dal ricco e caotico contesto dell’esistenza", si trasforma nella dimensione spaziale, come successione lineare nello "spazio neutro della pagina", privilegia il ‘vedere’ offrendosi alla ‘lettura’ che presto diventa silenziosa, mentale (introversione); decresce lo spirito comunitario a vantaggio dell’individualismo e del cogito cartesiano. L’ultimo rivolgimento è prodotto dalla cultura elettronica di radio, telefono, televisione e degli altri media tecnologici che, invertendo la tendenza, determinano una ‘oralità di ritorno’ in cui gli uomini ritrovano la simultaneità temporale, ogni notizia è ‘compresenza’: un sensorio espanso e ramificato annulla lo spazio, la distinzione tra il vicino e un lontano che è avidamente integrato ‘dentro’ un sistema unico di sensibilità (il ‘villaggio globale’ mcluhaniano).
L’ipotesi presenta delle contraddizioni: ad es. come si concilia la ‘civiltà delle immagini’ (che per definizione rafforza il vedere, tipico dell’età precedente) con il contatto, i ritrovati vincoli di solidarietà che sembrano privilegiare la parola delle origini nella ‘seconda oralità elettronica’? Le innovazioni, risponde O., potenziano in una prima fase i caratteri delle passate culture, per poi farli implodere alimentando il progresso. In proposito egli introduce una versione originale del concetto d’interfaccia, quale "processo d’adattamento che, nei vari momenti storici, assicura la coesistenza o la conversione reciproca tra i diversi sistemi tecnologici e culturali". Secondo R. Barilli (1970) si può parlare di variante diagnostica dell’opposizione tra ‘contemporaneità’ e ‘modernità’, intesa questa, sul piano gnoseologico-epistemologico, come avvento del razionalismo, dell’empirismo, della nuova scienza, oppure, sul piano socio-economico, come nascita del sistema capitalistico-borghese e dell’individualismo (da Weber legati all’etica protestante), mentre per contemporaneità intenderemo la cultura sorta, come risposta alle insufficienze delle precedenti, attraverso un recupero di valori comunitari e globalizzanti (non è azzardato dire: cattolici). L’opposizione tra le due culture si riverbera oggi nello scontro tra ‘moderno’ e ‘postmoderno’.
In conclusione O. respinge le tesi apocalittiche sull’industria culturale, come quelle della Scuola di Francoforte, né vede all’orizzonte la crisi e il declino della civiltà tecnologica. Anzi, il suo ‘discreto, non invadente ordine provvidenziale’ gli conferisce un’agibilità epistemologica che supporta la valutazione ottimistica dei nostri tempi: accorciando le distanze e recuperando lo ‘stare insieme’, la cultura elettronica può far circolare la parola di Dio meglio di quanto avveniva con le strutture dell’era moderna. D’altronde la Bibbia è vista da O. come una straordinaria ‘rete d’interfacce’, punto d’incontro e di conversione tra vari ‘sistemi orali’ (a base di formule, ripetitiva) e ‘sistemi scritturali’ (a base prescrittiva, com’è proprio dei testamenti).
Sue opere principali: Frontiers in american catholicism. Essays on ideology and culture, Macmillan, New York 1957; Ramus. Method and the decay of dialogue, Harvard University Press, Cambridge (MA)1958; La presenza della parola, il Mulino, Bologna 1970 (ed. orig.1967); Knowledge and the future of man, Holt, Rinehart and Winston, New York 1968; Rhetoric, romance and technology, Cornell University Press, Ithaca (NY) 1971; Interfacce della parola, il Mulino, Bologna 1989 (ed. orig.1977); Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, il Mulino, Bologna 1986 (ed. orig. 1982); Conversazione sul linguaggio, Armando, Roma 1993.
Noto agli storici della cultura umanistica e rinascimentale soprattutto per gli studi su Ramo, nella ricerca sulla comunicazione O. agisce nel filone, variegato e prolifico, dei cultural studies nordamericani espressi, tra l’altro, dalla Chicago School of Sociology (con Burke, Dewey, Geddes, Mumford, Park) e, in parte, dall’Università di Toronto (Frye, Havelock, Innis; McLuhan). Decisivo è stato in particolare il gruppo di Toronto ha osservato James W.Carey (1991) nello spostare l’asse d’indagine dall’informazione e dalla produzione verso un nuovo corso che privilegia, con approccio storico, le ‘tecnologie’ dell’ideazione, trasmissione e conservazione culturale. O. pone al centro dell’analisi il ‘sensorio’ dell’uomo approfondendo, in una visione più organica, alcune categorie di McLuhan. L’accento sugli sviluppi della comunicazione è sorretto più da ‘relativismo antropologico’ (i grandi cicli delle civiltà) che da determinismo tecnologico, in quanto la tecnologia, nel farsi pratica, "immagina e sedimenta forme di conoscenza e di relazione". Peculiare è la sua visione della storia come "interiorizzazione progressiva della coscienza" e come problematica che investe i simboli religiosi e il sacro nel mondo secolarizzato dei media.
Ebbene, O. evidenzia una primigenia cultura orale-aurale corrispondente alle età arcaica, classica e medievale in cui la parola è appoggiata al suono, evento fisico che, esprimendosi in una dimensione temporale, fatta di simultaneità e circolarità (McLuhan direbbe ‘tribale’), implica la presenza di un ‘udire’ pronto a riceverla; sul piano linguistico il riferimento è alla ‘lingua Madre’, quella che impariamo alla nascita succhiandola come il latte (per M. Jousse: manducation de la parole). Psicologicamente tendente all’estroversione, con difficoltà a separare l’oggetto dal soggetto della percezione, partecipatoria e magica, la ‘cultura a oralità primaria’ non ha documenti, ma ha memoria, organizzazione del discorso (temi, formule, proverbi, ritmo narrativo) e schematizzazione dei personaggi. In questo vastissimo ciclo si manifesta a un certo punto la scrittura che tuttavia non modifica i caratteri principali dell’oralità, pur avviando il distanziamento tra soggetto e oggetto (anche dove questo è il sé); prendono forma le ‘lingue del Padre’, come il latino dei dotti o i linguaggi settoriali, che tendono all’autocontrollo e all’esclusione. Soltanto con l’invenzione della stampa, la parola, "tolta dal ricco e caotico contesto dell’esistenza", si trasforma nella dimensione spaziale, come successione lineare nello "spazio neutro della pagina", privilegia il ‘vedere’ offrendosi alla ‘lettura’ che presto diventa silenziosa, mentale (introversione); decresce lo spirito comunitario a vantaggio dell’individualismo e del cogito cartesiano. L’ultimo rivolgimento è prodotto dalla cultura elettronica di radio, telefono, televisione e degli altri media tecnologici che, invertendo la tendenza, determinano una ‘oralità di ritorno’ in cui gli uomini ritrovano la simultaneità temporale, ogni notizia è ‘compresenza’: un sensorio espanso e ramificato annulla lo spazio, la distinzione tra il vicino e un lontano che è avidamente integrato ‘dentro’ un sistema unico di sensibilità (il ‘villaggio globale’ mcluhaniano).
L’ipotesi presenta delle contraddizioni: ad es. come si concilia la ‘civiltà delle immagini’ (che per definizione rafforza il vedere, tipico dell’età precedente) con il contatto, i ritrovati vincoli di solidarietà che sembrano privilegiare la parola delle origini nella ‘seconda oralità elettronica’? Le innovazioni, risponde O., potenziano in una prima fase i caratteri delle passate culture, per poi farli implodere alimentando il progresso. In proposito egli introduce una versione originale del concetto d’interfaccia, quale "processo d’adattamento che, nei vari momenti storici, assicura la coesistenza o la conversione reciproca tra i diversi sistemi tecnologici e culturali". Secondo R. Barilli (1970) si può parlare di variante diagnostica dell’opposizione tra ‘contemporaneità’ e ‘modernità’, intesa questa, sul piano gnoseologico-epistemologico, come avvento del razionalismo, dell’empirismo, della nuova scienza, oppure, sul piano socio-economico, come nascita del sistema capitalistico-borghese e dell’individualismo (da Weber legati all’etica protestante), mentre per contemporaneità intenderemo la cultura sorta, come risposta alle insufficienze delle precedenti, attraverso un recupero di valori comunitari e globalizzanti (non è azzardato dire: cattolici). L’opposizione tra le due culture si riverbera oggi nello scontro tra ‘moderno’ e ‘postmoderno’.
In conclusione O. respinge le tesi apocalittiche sull’industria culturale, come quelle della Scuola di Francoforte, né vede all’orizzonte la crisi e il declino della civiltà tecnologica. Anzi, il suo ‘discreto, non invadente ordine provvidenziale’ gli conferisce un’agibilità epistemologica che supporta la valutazione ottimistica dei nostri tempi: accorciando le distanze e recuperando lo ‘stare insieme’, la cultura elettronica può far circolare la parola di Dio meglio di quanto avveniva con le strutture dell’era moderna. D’altronde la Bibbia è vista da O. come una straordinaria ‘rete d’interfacce’, punto d’incontro e di conversione tra vari ‘sistemi orali’ (a base di formule, ripetitiva) e ‘sistemi scritturali’ (a base prescrittiva, com’è proprio dei testamenti).
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Bibliografia
- BARILLI Renato, Introduzione all'edizione italiana in ONG W. J., Interfacce della parola, Il Mulino, Bologna 1989 (ed. orig. 1977).
- BARILLI Renato, Le rivoluzioni del sensorio. Introduzione all'edizione italiana in ONG W. J., La presenza della parola, Il Mulino, Bologna 1970.
- FARELL Thomas J., Walter Ong’s contributions to cultural studies, Hampton Press, Cresskill (NJ) 1998.
- FARRELL Thomas J. - SOUKUP Paul A. (eds), An Ong reader. Challenges for further inquiry, Hampton Press, Cresskill (NJ) 2002.
- HAVELOCK Eric A., Cultura orale e civiltà della scrittura da Omero a Platone, Laterza, Bari 1983, disponibile: http://studyplace.ccnmtl.columbia.edu/w/images/e/ed/Havelock-1963-Preface-to-Plato-excerpt.pdf.
- LORETELLI R., La galassia della parola in ONG W. J., Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Il Mulino, Bologna 1986.
- WEEKS Dennis - HOOGESTRAAT Jane Susan, Time, memory and the verbal arts. Essays on the thought of Walter Ong, Susquehanna University Press, Selingsgrove (PA) 1998.
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Note
Come citare questa voce
Gagliardi Carlo , Ong Walter, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (19/12/2024).
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