Bibbia B. Criteri e forme per la comunicazione
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Autore: Cesare Bissoli
B. Criteri e forme per la comunicazione
La capacità comunicativa della B. porta a chiedersi come di fatto ciò si avveri. E quali siano i criteri perché la comunicazione sia valida. Sappiamo infatti che davanti a un ‘oggetto seducente’ e tale è certamente la B. può fare velo la passione di parte.Diventa logico pertanto avanzare prima i criteri congrui a una buona comunicazione biblica; in secondo luogo raccogliere le forme maggiori di incontro.
1. Criteri ed esigenze di una buona comunicazione biblica
Già la sezione precedente ha messo in luce quelli che possiamo definire lineamenti del volto della B. Lineamenti da rispettare, senza di cui il volto rimane stravolto e l’incontro deformato. Da tali lineamenti si possono ricavare determinati criteri di autenticità comunicativa, che il credente assume e condivide per la fede, ma chiunque è chiamato a riconoscere come esigenza intrinseca all’oggetto.- Testo tipicamente religioso, nella B. trascendenza e alterità sono sottese a ogni esperienza umana narrata. Ciò obbliga a superare il rischio di una comunicazione puramente oggettivista, come evento di mera constatazione. Sarebbe una mediazione superficiale e in fondo deformante, pur nella correttezza dei segni espressivi. Si può esprimere un testo poetico con la descrizione rigorosa che si farebbe di un evento atmosferico?
Che significa allora entrare a contatto con persone, quelle della Bibbia, che hanno fatto una determinata esperienza del divino? Sono comunicabili le loro esperienze senza un qualche sforzo interpretativo e anzi senza una soggettiva disponibilità, non dico a credere, ma a sentirsi in sintonia?
È facile vedere le peculiarità attinenti la comunicazione del testo biblico, le esigenze immanenti, i pericoli cui si va incontro, pur nella ricchezza di mezzi a disposizione.
Soprattutto ciò avviene quando ci si imbatte con il ‘meraviglioso biblico’, ossia con testi che cercano di esteriorizzare il divino in termini mondani: le apparizioni o teofanie di Dio sul Sinai (Esodo 3), nelle vocazioni profetiche (Isaia 6), i racconti del Natale (Matteo 1-2; Luca 1-2), del Battesimo (Marco l, 9-11), delle Tentazioni (Matteo 4, 1-17), della Trasfigurazione (Marco 9, 2-8) e Risurrezione di Gesù (Marco 16, 1-20), i miracoli, le descrizioni apocalittiche.
Vi è chi ipotizza che una comunicazione auditiva (annuncio-ascolto, ad es. tramite la proclamazione del lettore in gruppo, o via radio) sia più confacente che una riproduzione visiva elaborata (cinema).
Sicché mai come nel caso della B. e di capolavori analoghi, il soggetto comunicante con la sua genialità, sensibilità, diventa il fattore decisivo della comunicazione nel bene e nel male.
Infine, facendo nostra la formula cara a P. Ricoeur, "il simbolo fa pensare", si può ben concludere che la B. è in se stessa un grande affresco simbolico che viene bene comunicato quando "fa pensare", suscita interrogativi, apre orizzonti di senso, provoca turbamenti, genera consolazione, insomma non si appiattisce in spettacolo di consumo o spiegato in termini puramente mondani. - Pur dotata di una grande anima, così difficile da ‘fotografare’, la B. ha anche un corpo, è corpo di un’anima incarnata. Essa è pure documento storico e letterario con una sua specifica fattezza, sfugge all’indefinitezza del racconto mitico o dell’apologo morale. È fatta di nomi, luoghi, date, avvenimenti, epoche, culture. E, soprattutto, persone. L’imprecisione del dettaglio cronologico non significa assenza di concreti riferimenti, ma nostra ignoranza di essi.
Ciò comporta una ulteriore esigenza nella comunicazione, apparentemente contraria alla precedente, ma di certo tale che unita a quella provoca una comunicazione ‘paradossale’, tra cielo e terra, tra afferrabile e ineffabile, dove la comprensione si fa ulteriore domanda. In questo senso la B. è un immenso racconto parabolico.
A ogni modo per la sua ‘natura corporea’, la comunicazione biblica è molto attenta a una ricostruzione del passato nella sua oggettività storico-geografica e culturale. Una pura espressione attualizzante, come Jesus of Montreal di Denis Arcand o L’ultima tentazione di Martin Scorsese, con il vantaggio dell’attualizzazione porta il rischio della disincarnazione e mitizzazione, esaurendo il testo nel ‘dialetto del XX secolo’. In realtà la B. è una fede documentata su avvenimenti passati, non disponibili a tutte le nostre pretese di significato. E il senso letterale o il senso del testo alle origini non dovrebbe mai mancare, anche se non da solo, nell’evento di comunicazione.
Si dà piuttosto il caso che per la laconicità dei testi, il comunicatore debba riempire i silenzi per esigenza di trasmissione. Allora la via corretta non è di inventare dati inesistenti (ricostruzione fondamentalista), né di cercare prestiti culturalmente disomogenei alla B. (così in una versione dell’Apocalisse non ha senso tradurre i cavalli di 9, 7ss con i missili terra-aria della Nato, né si può motivare l’odio di Esaù verso Giacobbe (cfr. Genesi 27) partendo dal fatto che a costui, nel giorno della cresima era stato regalato un orologio più bello: nei tempi biblici non vi erano né missili, né orologi, né cresime). Certe re-invenzioni si possono fare e in maniera geniale, si pensi al Decalogo di Kieslowski, ma evidentemente esse non possono sostituire il testo biblico e dunque devono essere accettate come un modo di dire la B., disciplinate da questa e stimate più adeguate alla nostra epoca che a tutti i tempi. - Si terrà anche conto che la storia biblica non è pur essa opera di getto, ma frutto di una storia all’interno di una comunità vivente e credente, lungo quasi venti secoli, soggetta dunque a ricchezza e varietà di forme letterarie, eppur costantemente richiamate dalla fede all’unico oggetto: la presenza di Dio con la sua alleanza.
Ciò comporta tra l’altro delle peculiarità che toccano dal di dentro ogni forma di comunicazione, per quanto è possibile.
Per l’unità ispiratrice religiosa, una comunicazione della B. è ultimamente compiuta quando tutta la B. viene comunicata, quanto meno nei due grandi blocchi dell’Antico Testamento e del Nuovo Testamento. Soltanto una visione ‘canonica’ di essa ne garantisce il rispetto.
Comunicazioni parziali, come di fatto si fa e per altro è inevitabile fare, ad es., nel film, hanno sempre la fragilità dell’estratto, dell’acontestuale.
La varietà dei linguaggi (forme e generi letterari) richiede per sé che la comunicazione della B. rispetti la natura di ciascuno di essi. Una riproduzione realistica, come avviene per un fatto di cronaca, non potrebbe essere la matrice esplicativa universale valida per ogni testo. Dal racconto simbolico di Genesi 1-11, al genere epico dell’esodo, al romanzo sapienziale della storia di Giuseppe (Genesi 37-50), ai racconti natalizi di Luca 1-2, ai racconti di passione di Gesù nei quattro Vangeli, fino allo straordinario mondo poetico dei salmi, è tutta una sinfonia espressiva di cui tenere conto, nella misura del possibile. Conseguenza sarà che non tutte le forme di comunicazione hanno lo stesso pregio per tutti i tipi di testo. Si può intuire quanto un comunicatore di B. dovrebbe conoscerla soggiornandovi a lungo. - Infine la B. è anche la storia degli effetti che ha fin qui prodotto, rendendola "grande codice" della cultura occidentale (affermazione del critico letterario canadese Northrop Frye). Si pensi all’impronta lasciata in ogni forma artistica (letteraria, figurativa, teatrale, fino alla rappresentazione filmica, musicale), ma ancora prima nell’intimo delle persone, di cui ha modellato l’anima, il genio: da Ambrogio, ad Agostino, a Gregorio, a Francesco di Assisi, a Lutero..., tralasciando i moderni e i contemporanei.
Dal punto di vista della comunicazione ha molto senso far risaltare questa ricchezza post-biblica (ad es. nella pittura), ma anche cogliere, a modo di feedback, una qualche connotazione originale del ceppo biblico che tale ricchezza ha originata.
2. Le forme di comunicazione
Una rapida storia della comunicazione della B. potrebbe essere fatta considerando tre ambiti. La via tradizionale della comunità credente: si è espressa soprattutto con la proclamazione del Libro Sacro nella liturgia, la predicazione, la meditazione (Lectio Divina), il racconto della Storia Sacra, ed anche con la pittura (Biblia Pauperum), le sacre rappresentazioni e la musica sacra (gregoriano e altro).
Nella via tradizionale si è innestata tutta una pedagogia e didattica della B. assai raffinata, specialmente nel mondo tedesco, segnato dalla Riforma protestante, per il quale la B. assume un ruolo primario, quasi esclusivo nell’esperienza della fede. Ne facciamo cenno qui sotto.
Infine si può parlare della comunicazione artistica, che è una mediazione fortemente elaborata della B., connotata oggi da interessi commerciali, e non di rado vista come prodotto isolato dal popolo dei credenti cui appartiene, comunicazione a ogni modo non priva di effetti affascinanti, specie nell’ambito della pittura (scene di Annunciazione, del Natale, della Passione) e della musica (le Messe solenni, gli Oratori). Più recentemente anche l’arte teatrale (come Processo a Gesù di D. Fabbri) e soprattutto quella cinematografica si sono esercitate sulla B., dai film americani su Gesù del tipo Re dei re, a quelli nostri più apprezzati, come Il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, ai kolossal tipo I Dieci comandamenti, ma anche al più convincente Decalogo del citato Kieslowski, fino alla Bibbia televisiva, prodotta dalla Lux-Vide.
Nella comunicazione pedagogica-didattica, che qui ci interessa (all’elaborazione artistica dei moderni si dovrebbe prestare attenzione a sé), ricordiamo alcune forme e processi di trasmissione più comune.
Tra le forme (Langer, 1994) possiamo distinguere vie riproduttive e vie creative del testo. Vie riproduttive del testo biblico sono la narrazione, comunicazione principe della B.; la meditazione e l’approccio simbolico; lo straniamento e la traduzione libera in funzione di una reazione del lettore; il dialogo con il testo o l’interpretazione biblica interattiva.
Vie creative di lavoro biblico sono giochi di azione, giochi con le marionette, gioco dei ruoli, bibbiodramma, danza e pantomima, disegno e pittura, musica e canto.
Uno specifico settore di comunicazione riproduttiva e creativa è dato dagli audiovisivi applicati alla B.
I processi di comunicazione tendono a distendersi su una doppia polarità: fruizione passiva, come l’ascolto del Requiem di Verdi o la visione del film per la televisione Davide, e partecipazione attiva.
Questa viene frequentemente impostata su un trinomio, variamente detto:
lasciarsi interrogare dal testo (fase di proiezione). Comporta avvicinarsi al testo partendo dalle proprie esperienze personali e accettare un primo impatto dal contatto leale e disponibile con esso per avvertire sintonie e distonie;
lavorare con il testo (fase analitica). Comporta un confronto guidato tra il mondo del testo e il mondo del lettore, alla luce del primo choc recepito nella fase precedente. È il momento di un oggettivo ascolto e della comprensione del testo. Qui abbiamo la grande varietà di metodi o tecniche di approccio recentemente recensiti dalla Pontificia Commissione Biblica (cfr. il documento L’interpretazione della Bibbia nella Chiesa-1993): metodo storico-critico, analisi letteraria (retorica, narrativa, semiotica o strutturalista), approccio basato sulla tradizione (canonico, giudaico, storico-effettuale), approccio attraverso le scienze umane (sociologico, antropologico-culturale, psicologico e psicanalitico), approccio contestuale (liberazionista o politico, femminista);
reagire al testo (fase di appropriazione). Comporta procedere a una nuova esperienza che nasce dalla fusione dei due mondi, del lettore e del testo. È il momento della reazione soggettiva provocata dall’ascolto. Sono usate le tecniche letterarie (svolgere un tema sul testo incontrato, elaborarlo in lettera a un amico, darne una libera, eppur fedele riproduzione...), grafiche (dare del testo un’espressione a disegno o a pittura, ma più facilmente saper leggere espressioni d’arte pertinenti, dal fumetto biblico alla grande arte sacra), musicali (resa del testo in una melodia propria, ma più comunemente confrontare il testo con testi musicali classici e contemporanei, rock, rap...), mimiche (dal semplice linguaggio del mimo, per dire ad es. una parabola di Gesù, alla partecipazione a produzioni teatrali o filmiche e televisive). Il ricorso all’audiovisivo è sempre stimolante in fase di ascolto e di reazione per la potenzialità di unire armonicamente due sensi centrali come l’udito e la vista, ovviamente sotto il segno di un programma intelligente. Anche per la B. infatti è deleteria ogni comunicazione che diventi puro consumo! Anzi niente come la B., vecchia di duemila anni, teme di cadere nel soffocante abbraccio del già sentito, del già saputo.
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Bissoli Cesare , Bibbia - B. Criteri e forme per la comunicazione, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (26/12/2024).
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