Radio B. Storia

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Alexander Stepanovic Popov (marzo 1859 - gennaio 1906), fisico russo che contese a Marconi il primato dell’invenzione della radio

1. Nascita della r.

La r. è il primo mass medium in cui la comunicazione avviene attraverso la trasmissione via etere di un segnale che giunge a tutti gli apparecchi riceventi che si trovano nell’area coperta dal segnale. Questa modalità di comunicazione, che non prevede alcun contatto materiale tra l’emittente e il ricevente, né alcun supporto fisico su cui riprodurre il messaggio, è detta con termine inglese broadcasting ed è propria anche della televisione, che si diffonderà successivamente alla r.
Fondamentale per la nascita della r. è la scoperta, da parte del fisico tedesco Heinrich Hertz, delle onde elettromagnetiche che si propagano attraverso l’etere (1887). Vari inventori si dedicarono alle applicazioni delle onde elettromagnetiche, tra cui il russo Alexander Popov e il francese Eduard Branly. Guglielmo Marconi, nel 1895, riuscì a comunicare con un contadino che si trovava al di là di una collina, nel podere di famiglia alle porte di Bologna, effettuando così la prima trasmissione r. della storia.
In verità Marconi (come peraltro Branly e Popov) non pensava alla r. come la conosciamo oggi, ma cercava di superare i limiti del telegrafo. Tale forma di comunicazione ‘punto a punto’ via cavo aveva avuto un grande sviluppo nel sec. XIX, ma richiedeva la connessione attraverso il filo telegrafico: ciò la rendeva inapplicabile alle navi in mare aperto. La radiotelegrafia, o ‘telegrafo senza fili’, era una risposta brillante a questo problema, usando – come il telegrafo – l’alfabeto Morse (che rappresentava le lettere con sequenze di punti e linee).
Gli esperimenti per trasmettere la voce umana, invece dell’alfabeto Morse, furono facilitati dall’invenzione del triodo, brevettato nel 1907 dall’americano Lee De Forest con il nome di Audion: era una valvola termoionica, la prima componente elettronica messa in commercio. I radioamatori cominciarono così a trasmettere parole e musica da stazioni fatte in casa.

2. Il broadcasting radiofonico

Dopo la prima guerra mondiale nasce negli Stati Uniti il broadcasting: l’industria poteva ormai produrre in serie apparecchi r. molto semplici, per la sola ricezione, da vendere alle famiglie; si trattava ora di produrre i programmi da trasmettere. Vi fu un tentativo, fallito, della Marina militare degli Stati Uniti di assumere il monopolio delle trasmissioni; il broadcasting radiofonico fu sviluppato dai tre network nazionali che successivamente si costituirono: NBC; CBS; ABC.
Dal 1920 furono in vendita le Music boxes, le scatole musicali, cioè gli apparecchi r. da tenere in casa. La r. era vista come un affare: si distribuivano gratuitamente i programmi con il broadcasting, perché i cittadini-clienti comprassero gli apparecchi r. Poco più tardi la pubblicità assunse il ruolo di finanziatrice della r. americana. Lo Stato lasciò ai privati il broadcasting, tenendo per sé la regolazione e la concessione delle licenze, attraverso un’autorità federale, la Fcc (Federal Communications Commission).
In Europa e in Giappone le dimensioni più piccole degli Stati, divisi anche da confini linguistici, e il tenore più basso di vita non consentivano un redditizio esercizio privato della r. Sembrò più opportuno allora attribuire allo Stato il compito di effettuare le trasmissioni r. In tutti i Paesi europei la r. si consolida come un monopolio diretto o indiretto dello Stato, che si sovvenziona attraverso una tassa o un canone di abbonamento. La r. fu amministrata così come un servizio ricreativo e culturale per tutti i cittadini.
In Inghilterra, sorge nel 1926 una impresa pubblica, la BBC (British Broadcasting Corporation) dotata di una precisa missione: "istruire, informare, intrattenere", secondo le parole del suo primo direttore, John Reith. Il modello della BBC, che non ammetteva la pubblicità ma si finanziava soltanto attraverso una tassa, si diffuse un po’ in tutta Europa.
Dal 1931 anche la Santa Sede ebbe una propria ed efficiente r., la Radio Vaticana, affidata a padri gesuiti, che fece giungere la voce del Papa in tutto il mondo.
Quasi ovunque in Europa si scelse per la radiofonia lo statuto di impresa, come riconoscimento della natura operativa complessa propria del broadcasting: la produzione di programmi, la loro messa in onda, la costruzione e gestione della rete di trasmissione, sotto stretto controllo pubblico; mentre la vendita degli apparecchi era lasciata all’industria privata.
I Paesi autoritari non si lasciarono sfuggire le opportunità propagandistiche proprie del nuovo mezzo, anche verso l’estero. In Italia il governo fascista esercitava un controllo di fatto sull’Uri (Unione radiofonica italiana), espressione dei gruppi industriali, e dal 1928 sull’Eiar (Ente italiano per le audizioni radiofoniche), che operava in regime di monopolio. In Russia l’organizzazione radiofonica era parte dell’apparato propagandistico dello Stato sovietico. L’uso più pervasivo della r. fu operato tuttavia dal nazismo tedesco.
La variante autoritaria rappresentata dall’Italia e dalla Germania fu cancellata dalla sconfitta nella Seconda guerra mondiale. In Italia l’Eiar lasciò il posto alla Rai (Radio audizioni italiane, poi Radiotelevisione italiana) che si ispirava al modello della BBC. La Germania, memore della facilità con cui il nazismo si era impadronito delle stazioni radiofoniche e sotto l’influsso delle potenze alleate occupanti, attribuì agli Stati-regione (Länder) tutti i poteri in materia radiotelevisiva.

3. La r. nell’era televisiva

Negli anni Quaranta negli Stati Uniti e negli anni Cinquanta in Europa la r. dovette fronteggiare la concorrenza della televisione, quasi sempre sviluppatasi all’interno delle stesse società radiofoniche. A metà degli anni Cinquanta negli Stati Uniti e una decina d’anni più tardi in Europa, la televisione – in rapida crescita – aveva definitivamente soppiantato la r. come mezzo attorno al quale la famiglia si riuniva, specie nelle ore serali, e come mezzo più popolare, al centro dell’attenzione. Da questa eclissi la r. uscì modificando completamente il proprio ruolo, con l’aiuto di innovazioni tecnologiche, come la modulazione di frequenza (FM) che migliorava notevolmente la qualità del suono, e soprattutto il transistor, minuscolo sostituto delle costose e ingombranti valvole termonioniche, che permetteva la miniaturizzazione dell’apparecchio e, con l’alimentazione a pile, lo liberava dall’obbligo del filo elettrico e di una postazione domestica.
La r. diventò così un’apparecchio di uso personale e non più familiare, compatibile con la guida di un’auto e con lo svolgimento di molte attività, portatile, leggero, economico, stabilendo una forte sinergia con il telefono sia nella produzione dei programmi e delle notizie, sia nel rapporto, quasi interattivo, con gli ascoltatori.
Con queste premesse si sviluppò in Europa una forte pressione per il superamento del monopolio radiofonico. Al largo delle coste inglesi, su navi stazionanti in acque internazionali, r. ‘pirata’ trasmettevano musica rock inventando, fra l’altro, la figura del Disc-jockey (DJ). Emittenti collocate in piccoli stati, come Radio Luxembourg e Radio Montecarlo, erano facilmente ascoltate nei paesi vicini, in particolare dal pubblico giovanile. Altre r. avevano carattere politico (‘r. di movimento’). Alla fine degli anni Settanta in tutta Europa prese piede la liberalizzazione dell’emittenza radiofonica; in Italia ciò avvenne nel 1976. Contrariamente alla televisione, ove gli elevati investimenti necessari per gestire una emittente condussero rapidamente alla formazione di un monopolio a due teste tra l’emittente pubblica Rai e la privata Fininvest (poi Mediaset), in ambito radiofonico si sviluppò una pluralità di formati: le r. locali, superstation di ambito interregionale e un gruppo di r. nazionali, alcune dotate di due o tre reti, che detiene la maggioranza dell’ascolto e ha ormai le caratteristiche di un sistema maturo, considerato affidabile anche dagli utenti pubblicitari. Non mancano le r. non commerciali (comunitarie); alcune hanno carattere politico, altre etnico, altre religioso o ecclesiale (Emittente comunitaria). Il pubblico più fedele delle r. è costituito dai giovani e dalla popolazione attiva; altre r. sono ascoltate fedelmente dalle persone sole, dagli anziani, dagli ammalati (Radio Maria).

4. Tipologie

Inserendosi nell’ambiente domestico, la r. costituì un nuovo modo per organizzare la vita familiare; una sorta di ‘ospite fisso’ con mille cose da dire, attorno al quale si riorganizzano la conversazione, gli orari, i rapporti fra i vari membri della famiglia. In principio la r. si limitò a trasmettere eventi (discorsi, concerti, spettacoli): per la prima volta era possibile la contemporaneità nella riproduzione del sonoro. L’ascoltatore aveva una sensazione di presenza diretta e un effetto di realtà che solo lo spettacolo dal vivo e la partecipazione personale avevano, fino allora, consentito. Molto presto la r. raggiunse una forma culturale propria, un autonomo corpo di linguaggi, e si precisarono i generi radiofonici: la musica, i radiodrammi, l’intrattenimento leggero, il quiz, i programmi culturali ed educativi con conferenze e dibattiti; ma anche sigle, annunci, jingles pubblicitari (Radio. C. Linguaggio e generi radiofonici). I notiziari hanno avuto fin dall’inizio grande importanza per la capacità della r. di informare in tempo reale (anche in emergenza) e di dare notizie di servizio, come le previsioni meteorologiche o i bollettini di borsa (Giornale Radio).
Fino agli anni Sessanta si ascolta una r. di programmi, generalista, nel cui palinsesto settimanale vi sono trasmissioni per tutti e appuntamenti rivolti a particolari categorie di ascoltatori. La radiofonia commerciale abbandona in gran parte questo modello e si articola in due grandi tipologie: la r. musicale e la r. di parola. La r. musicale affida la sua riconoscibilità a un formato musicale ben definito; essa procede ripetendo un modello orario (clock) nel quale sono previsti spazi prevalenti per la musica, la pubblicità e rapidi interventi del DJ, con dediche o brevi commenti telefonici con gli ascoltatori. La r. parlata usa la musica e la pubblicità come intermezzo per lunghe conversazioni che un conduttore intrattiene, improvvisando sui suoi appunti, con gli invitati e con le telefonate del pubblico, talvolta di contenuto personale o intimo. In entrambi i casi i costi sono minimi rispetto alle tradizionali produzioni radiofoniche. Recentemente la r. privata è entrata nel settore dell’informazione, soprattutto in formati brevi e ricorrenti.
La radiofonia pubblica prosegue nella programmazione generalista e in quella culturale; il suo segmento più forte e più ascoltato è l’ informazione, nazionale e regionale, specie al mattino.

5. Le nuove tecnologie

Con lo sviluppo di Internet la r. ha preso un nuovo impulso. Infatti, mentre persistono difficoltà a trasportare efficacemente immagini in movimento attraverso i cavi telefonici, non sussistono problemi per il segnale audio. Vi sono nel mondo numerosissime r. che trasmettono anche via Internet o solo con questo mezzo. Con l’avvio dei satelliti digitali, tra i programmi ricevibili direttamente dal satellite con un’antenna parabolica di ridotte dimensioni non mancano mai canali radiofonici dal suono purissimo. Contemporaneamente entrano in commercio, specie per l’autoradio, apparati Dab (Digital Audio Broadcasting) per la radiofonia digitale (Storia della comunicazione).

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Come citare questa voce
Menduni Enrico , Radio - B. Storia, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (19/04/2024).
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