Corpo (Linguaggio del)

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1. Tipi di approccio

La concezione secondo la quale le manifestazioni statiche e motorie del corpo umano non sono determinate da leggi naturali o universali, ma piuttosto sottoposte all’influenza del contesto socioculturale che le produce e le ha prodotte, può dirsi oggi una tesi pienamente accettata dall’antropologia, come da altre discipline che si sono interessate allo studio del cosiddetto ‘linguaggio corporale’, pur secondo diverse prospettive di analisi.
Così l’analisi semiotica (Gesto; Prossemica) e cinesica (Cinesici, Codici), come anche quelle psicologica e psicanalitica, hanno permesso di superare la visione autonomizzante della relazione corpo-linguaggio nell’esame, antropologicamente articolato, del rapporto tra corpo, linguaggio, cultura e società.
In particolare, l’interesse è quello di individuare le forme posturali distintive dei soggetti di diversa cultura e di analizzarle in quanto pratiche che, prodotte dalle condizioni economiche e socioculturali specifiche della vita del gruppo, si qualificano come ‘segnicamente rilevanti’ all’interno del suo contesto etnico.

2. Il punto di vista dell’antropologia

Interessanti indicazioni per un approccio di tipo antropologico all’argomento e per la definizione di habitus come unità di misura delle relazioni corpo-linguaggio, sono offerte da M. Mauss, A. G. Leroi-Gourhan e P. Bourdieu. Questi autori, pur partendo da prospettive differenti, fanno tutti riferimento al concetto di habitus, inteso come disposizione duratura di atti appresi e operanti all’interno di un sistema di condizionamenti sociali, culturali ed economici elaborati sulla base di fattori fisiologici ed ecologici.

2.1. Concetto di habitus.
Il concetto di habitus definisce tutte le fasce del comportamento motorio automatico (camminare, correre, sedersi, sdraiarsi, mangiare, ecc.) come atti che, appresi sin dall’infanzia in concatenazioni quotidiane, ripetitive e ridondanti, sono assorbiti dall’individuo a un livello di profondità tale che la loro esecuzione non comporta per l’agente alcuna revisione cosciente del modello di apprendimento del gesto, né della segnicità in esso incorporata. Pur tuttavia, il concetto di habitus restituisce a ogni forma di motricità la sua validità semantica incorporata (e ogni volta riespressa) nel processo di apprendimento avvenuto all’interno e secondo i canoni di una tradizione specifica.
Le forme e i ritmi corporali quotidiani si plasmano, infatti, in accordo con l’organizzazione degli spazi e dei tempi di un contesto socioculturale dato e ne riflettono (e cioè significano) tutta la sua specificità.
Un approccio antropologico allo studio del comportamento motorio deve, quindi, essere indirizzato non tanto alla ricerca delle unità minime di movimento (visione semiotica autonomizzante), quanto all’analisi di quelle concezioni e condizioni socio culturali che danno ragione di una certa forma e di una certa sintassi dei programmi gestuali etnograficamente rilevati. Questa prospettiva non deve tuttavia cadere nell’errore, nel quale incorrono gran parte delle teorie interazioniste e psicologiche, di considerare i comportamenti motori governati da regole o norme concettualmente elaborate al di fuori della cosiddetta ‘logica pratica’. L’habitus non è infatti il prodotto dell’obbedienza a regole, ma piuttosto un modo di appartenere a un gruppo, uniformandosi alla sua tradizione e incorporando i segni distintivi della sua identità.

2.2. M. Mauss, a.g. Leroi-Gourhan, P. Bourdieu.
Più analiticamente, in questa direzione Mauss definisce il corpo come primo e principale strumento e mezzo tecnico di cui l’uomo si serve, uniformandosi alla tradizione, al fine di produrre atti efficaci. Questi atti sono percepiti dall’attore come azioni di ordine meccanico, fisico o fisico-chimico, ma la loro messa in pratica è perseguita attraverso una serie di movimenti "collegati non semplicemente dall’individuo, ma da tutta la sua educazione, da tutta la società di cui fa parte, nel posto che egli vi occupa". In altre parole, per Mauss l’habitus è un atto appreso secondo la tradizione e per questo motivo immediatamente inserito in un complesso sistema di collegamenti simbolici propri della società che lo ha prodotto.
Al pari di Mauss, Leroi-Gourhan ritiene la motricità umana fortemente condizionata dal contesto socio culturale simbolico che l’ha prodotta; ma tale condizionamento si riflette innanzitutto nel grado di assorbimento dello stile etnico particolarizzante, nelle forme e nei ritmi corporali distintivi dell’habitus. L’habitus è, quindi, l’incorporazione di uno stile, i cui principi estetici condizionano le forme e i ritmi della motricità e, attraverso questi, le percezioni delle dimensioni spazio-temporali connotate a diversi livelli dai valori sociali e culturali specifici del gruppo. In altre parole, l’habitus non solo definisce la forma particolarizzante di un determinato comportamento motorio, ma nel collocare il corpo all’interno di uno spazio socioculturale dato, influisce sul campo percettivo individuale uniformandolo, almeno a un certo grado, a quello della collettività presa nel suo insieme.
A un livello più alto di astrazione, Bourdieu definisce l’habitus come una "struttura strutturata predisposta a funzionare come una struttura strutturante". Questo habitus è originato da un insieme di condizioni oggettive (sociali, culturali ed economiche) d’esistenza, organizzatrici di pratiche individuali e collettive (istituzionali), predisposte a riprodursi ogni volta che si ripetano le condizioni originarie e a trasferirsi, al presentarsi di condizioni a quelle similari. L’habitus è qui uno schema della pratica, capace di generare nuove pratiche sulla base di modi specifici di classificare e sperimentare il reale in esso incorporati o, come dice lo stesso Bourdieu, oggettivati in accordo con le forme istituzionali che lo producono e lo hanno prodotto. In questo senso l’habitus è una disposizione duratura perché interiorizzata sin dall’infanzia, ma non immutabile perché strettamente relazionata alle sue condizioni di origine, che sono evidentemente passibili di trasformazioni nel tempo. In Bourdieu l’habitus assume una prospettiva comportamentale più ampia e allo stesso tempo più astratta di quella sinora considerata; tuttavia va sottolineato che l’autore identifica proprio nello "stato dei corpi" il luogo primario della sua espressione. È prima di tutto il corpo, dice Bourdieu, che instaura l’equivalenza tra spazio fisico e spazio sociale ed è nei suoi movimenti e stati che si oggettivizzano, quasi naturalizzandosi, le scelte sociali del gruppo.

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Squillacciotti Massimo , Corpo (Linguaggio del), in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (03/12/2024).
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