Auditel
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Autore: Antonio Preziosi
È il nome della società, nata nel 1984, che gestisce il sistema di misurazione italiano dell’ audience televisiva. La società è stata costituita dalla Rai, dalla FRT (emittenti private), dall’UPA (utenti pubblicitari), dalla FIEG (editori) e da altre associazioni del settore pubblicitario. L’organismo che coordina i metodi di rilevamento è il Comitato tecnico dell’A. Obiettivo dell’A. è la rilevazione, elaborazione e divulgazione dei dati relativi all’ascolto televisivo (Rating). Il sistema si basa sull’installazione di un apparecchio, chiamato ‘meter’, sui televisori di circa 5000 famiglie italiane: campione segreto, selezionato con metodi statistici, rappresentativo dell’intera utenza televisiva nazionale. Il meter registra automaticamente, minuto per minuto, l’utilizzazione del televisore: se è spento o acceso e, in questo ultimo caso, su quale canale è sintonizzato. Attraverso l’uso di appositi pulsanti, i componenti del nucleo familiare permettono al meter di registrare anche il numero delle persone in ascolto. I dati raccolti vengono inviati automaticamente alla sede dell’A. che provvede alla loro elaborazione e alla loro diffusione. Il prodotto finale è un tabulato giornaliero che registra l’indice di ascolto per ogni minuto di trasmissione dei singoli canali nazionali e, complessivamente, dell’emittenza locale.
La parte non automatica della rilevazione ne limita il grado di validità, essendo subordinata alla memoria e alla diligenza di chi deve azionare i pulsanti. Ma l’introduzione del meter ha comunque migliorato notevolmente la qualità degli indici di ascolto, in precedenza accertati attraverso la compilazione, da parte dei componenti dei gruppi familiari compresi nel campione, di ‘diari’ non sempre redatti in modo attendibile.
Insieme all’indice relativo all’ascolto dei vari canali, il meter consente di rilevare anche l’audience effettiva totale, nonché lo share, vale a dire la percentuale di ascolto dei singoli canali rispetto all’audience totale, e il rating, cioè la stessa percentuale in rapporto all’audience potenziale complessiva.
Sull’uso dei dati A. è in corso da tempo un vivace dibattito. Gli operatori del mercato pubblicitario televisivo ne rivendicano l’utilità come prezioso strumento per la loro pianificazione degli spazi pubblicitari televisivi. E vi è chi attribuisce agli indici quantitativi un sicuro valore qualitativo, in termini di gradimento. In realtà, questi indici, pur implicando effettive preferenze, devono essere valutati all’interno del quadro concreto dell’offerta di programmi da parte delle reti. Non consentono, in altre parole, di verificare in assoluto il valore delle scelte, sulle quali pesano le decisioni delle emittenti volte nell’ambito sostanzialmente commerciale dell’intero sistema a catturare l’ascolto con finalità di mero contatto a favore degli inserzionisti pubblicitari. Il sistema viene perciò accusato di avere contribuito allo scadimento qualitativo della programmazione televisiva: si sostiene infatti che il riferimento principale se non esclusivo alle logiche di mercato abbia provocato la progressiva ‘commercializzazione’ delle trasmissioni e la perdita del loro spessore morale e culturale.
La parte non automatica della rilevazione ne limita il grado di validità, essendo subordinata alla memoria e alla diligenza di chi deve azionare i pulsanti. Ma l’introduzione del meter ha comunque migliorato notevolmente la qualità degli indici di ascolto, in precedenza accertati attraverso la compilazione, da parte dei componenti dei gruppi familiari compresi nel campione, di ‘diari’ non sempre redatti in modo attendibile.
Insieme all’indice relativo all’ascolto dei vari canali, il meter consente di rilevare anche l’audience effettiva totale, nonché lo share, vale a dire la percentuale di ascolto dei singoli canali rispetto all’audience totale, e il rating, cioè la stessa percentuale in rapporto all’audience potenziale complessiva.
Sull’uso dei dati A. è in corso da tempo un vivace dibattito. Gli operatori del mercato pubblicitario televisivo ne rivendicano l’utilità come prezioso strumento per la loro pianificazione degli spazi pubblicitari televisivi. E vi è chi attribuisce agli indici quantitativi un sicuro valore qualitativo, in termini di gradimento. In realtà, questi indici, pur implicando effettive preferenze, devono essere valutati all’interno del quadro concreto dell’offerta di programmi da parte delle reti. Non consentono, in altre parole, di verificare in assoluto il valore delle scelte, sulle quali pesano le decisioni delle emittenti volte nell’ambito sostanzialmente commerciale dell’intero sistema a catturare l’ascolto con finalità di mero contatto a favore degli inserzionisti pubblicitari. Il sistema viene perciò accusato di avere contribuito allo scadimento qualitativo della programmazione televisiva: si sostiene infatti che il riferimento principale se non esclusivo alle logiche di mercato abbia provocato la progressiva ‘commercializzazione’ delle trasmissioni e la perdita del loro spessore morale e culturale.
A. Preziosi
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Bibliografia
- GISOTTI Roberta, La favola dell'auditel, Editori Riuniti, Roma 2002.
- GISOTTI Roberta, La favola dell’Auditel. Parte seconda: fuga dalla prigione di vetro, Nutrimenti, Roma 2005.
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Note
Come citare questa voce
Preziosi Antonio , Auditel, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/11/2024).
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