Futurismo

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Umberto Boccioni, Sotto il pergolato a Napoli, 1914,Civiche Raccolte d’Arte Museo del Novecento Milano
Il f., di tutti i movimenti sviluppatisi nei primi decenni del XX secolo, è quello che con maggior acutezza ha capito i moderni sviluppi delle comunicazioni di massa, che proprio in quegli anni, grazie alla nascita del cinema e della radio, alla diffusione di quotidiani e riviste, stava radicalmente mutando il paesaggio artistico e intellettuale. Non è un caso che, per diffondere il proprio credo, il f., con il suo leader carismatico Filippo Tommaso Marinetti (1876-1944), si sia servito abbondantemente dell’effetto di risonanza degli stessi mass media, a cominciare dalla diffusione dei celebri manifesti su volantini, tabelloni e soprattutto giornali di tutto il mondo. È addirittura la poetica del f. medesimo a interessarsi e impossessarsi delle tecniche della comunicazione, non solo per creare un prodotto artistico al passo coi tempi, ma soprattutto per cercare di inserirsi all’interno degli stessi apparati mediologici: infatti, oltre i tradizionali campi estetici (letteratura, musica, arti figurative) il f. invade quelli della pubblicità, della moda, del giornalismo, della danza, del teatro popolare, della fotografia, in un primo momento persino del cinematografo.
Infatti nel 1911-12 i futuristi Bruno Còrra e Arnaldo Ginna dipingono manualmente ogni fotogramma di pellicola (senza uso di macchina da presa), disponendo sequenze di colori teoricamente ispirate a poesie e a composizioni sonore. Si tratta quindi di visualizzazione astratta delle emozioni che potevano emergere dall’ascolto musicale o, per usare le parole dei due autori, di una traduzione in colori: insomma le basi per successive ricerche sulle sinestesie audio-visuali (la percezione di stimoli accompagnata da immagini proprie di altre modalità sensoriali) per i fondamenti dell’avanguardia cinematografica. Dare una forma visiva alla musica non era una idea nuova, ma era la prima volta che per questo scopo veniva utilizzato il mezzo cinematografico, inteso come pura arte della luce in movimento.
Nel 1916 il Manifesto della cinematografia futurista, con un discorso programmatico condito di utopia e velleitarismo, lancia proposte di grande interesse raccolte in seguito da tanti registi sia europei sia americani: "Il cinematografo è un’arte a sé, non deve dunque copiare il palcoscenico..."; "Il cinematografo, essendo essenzialmente visivo, deve compiere innanzi tutto l’evoluzione della pittura: distaccarsi dalla realtà, dalla fotografia, dal grazioso, dal solenne" per farne "...lo strumento ideale di una nuova arte" attraverso "ricostruzioni irreali del corpo umano [...] drammi d’oggetti cinematografati" e "equivalenze lineari, plastiche, cromatiche, ecc. di uomini, donne, avvenimenti, pensieri, musiche, sentimenti, pesi e odori". Sono affermazioni come queste, anche se non trovano subito una realizzazione pratica nella scarna filmografia futurista (riconducibile a due soli titoli, Thaïs di Bragaglia e Vita futurista di Ginna, in parte irrecuperabili), a costituire un ulteriore passo in avanti verso la realizzazione del cinema quale infinito potenziale espressivo, quel cinema che verrà ribattezzato come assoluto.
In seguito il f., anche per ragioni da costi eccessivi, abbandona il cinema, ma non i mezzi di comunicazione, quali ad esempio la pubblicità con la tecnica del manifesto di Fortunato Depero; il tattilismo o cosiddetto teatro sintetico; oppure la radiofonia per radiodrammi di voci, suoni, rumori teorizzata nel profetico scritto La radia di Marinetti e Masnata (1933).

Bibliografia

  • PONTUS Hulten (ed.), Futurismo & futurismi, Bompiani, Milano 1992.
  • VERDONE Mario, Cinema e letteratura del futurismo, Bianco e Nero, Roma 1968.
  • VERDONE Mario, Il futurismo, Newton, Roma 1994.

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Come citare questa voce
Futurismo, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (19/04/2024).
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