Retino
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Autore: Mario Molinari
A scene in Shantytown di Stephen Horgan, prima foto stampata in un quotidiano (Daily Graphic, 4 Marzo 1880) grazie ai retini tipografici.
Ne consegue che per riprodurre le tonalità è necessario ricorrere all’illusione ottica della retinatura: cioè scomporre l’immagine fotografica a tono continuo in piccoli puntini con i centri equidistanti, aventi area differenziata. In questo modo la modulazione della quantità di luce invece che dagli spessori di inchiostro è ottenuta dalle aree che coprono il supporto. Se i puntini sono di grandezza e distanza fra loro inferiori al potere risolutivo dell’occhio, questi non li distinguerà singolarmente, ma percepirà uno stimolo luminoso complessivo pari alla sommatoria della superficie coperta rispetto alla superficie bianca.
La percentuale di area coperta rispetto all’area unitaria esprime il valore tonale di una determinata superficie o del particolare di un’immagine retinata: 10%, 20%, 50%, 90%, ecc.
Lo strumento con il quale si effettua l’operazione di scomposizione dell’immagine si chiama r. La più antica riproduzione di un’immagine fotografica retinata è considerata quella pubblicata il 4 marzo 1880 dal New York Daily Graphic. La retinatura era ottenuta con l’uso di una garza posta di fronte all’obiettivo. Nel 1893 Max Levy di Filadelfia inventò il r. di cristallo; sul finire degli anni Venti A. Murray, della Kodak, introdusse il r. pellicolare a contatto a punti sfumati.
Oggi pressoché la totalità delle riproduzioni retinate non vengono più ottenute con l’uso di un r. fisico, ma con la generazione elettronica dei puntini mediante laser. In qualche raro caso è ancora usato il r. pellicolare a punti sfumati.
I r. (e di conseguenza le immagini retinate) si differenziano soprattutto per due caratteristiche: per la lineatura e per la forma geometrica del punto.
La lineatura (qualcuno recentemente ha iniziato a chiamarla frequenza) è il numero di file di puntini per centimetro (o pollice) lineare. Si va da circa 30 linee/cm per i quotidiani, a 60-70 per le condizioni standard, a 90-100-120 per riproduzioni molto accurate. Il concetto è questo: più bassa è la lineatura più grossolano è il dettaglio, ma più facile è la stampabilità; più alta è la lineatura usata più accurato è il dettaglio, ma più severe devono essere le condizioni di stampa (soprattutto la qualità della carta e gli standard operativi di formatura e stampa).
Le forme geometriche del punto più usate sono: il punto quadrato, il punto rotondo e il punto ellittico. La forma del punto influenza tre caratteristiche:
la modellazione tonale, ossia la progressione e morbidezza nel passaggio tra i vari toni;
il dettaglio o resa dei particolari;
la stampabilità, ossia la maggiore o minore tendenza all’alterazione dei puntini durante la stampa.
Siccome ciascuna delle tre forme eccelle in una caratteristica ma è scadente in un’altra, la scelta tra punto quadrato, rotondo o ellittico viene fatta di volta in volta a seconda del genere di lavoro e delle condizioni di stampa.
Recentemente è stata introdotta anche la retinatura stocastica o a modulazione di frequenza. In questo caso tutti i micropuntini hanno la stessa superficie, mentre varia la loro concentrazione per area unitaria. Singolarmente tali puntini sono molto più piccoli di quelli usati nella retinatura convenzionale o a modulazione di ampiezza; hanno un diametro di 20-40 micron. Questa tecnica offre alcuni vantaggi, ma crea anche alcuni problemi tecnici, per cui è utilizzata per alcune nicchie di prodotto.
M. Molinari
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Molinari Mario , Retino, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/11/2024).
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