Olografia
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Autore: Franco Lever
La parola è costruita sostituendo l’aggettivo greco holos - che significa intero - alla prima parte del termine fotografia, per indicare un nuovo tipo di procedimento fotografico, capace di rendere la tridimensionalità degli oggetti.
Da una fonte di luce coerente (costituita da onde di una sola lunghezza, perfettamente in fase e orientate allo stesso modo; il laser ne è un esempio) partono due fasci d’onda perfettamente identici: uno va verso uno specchio, opportunamente orientato, l’altro illumina l’oggetto da "olografare". Quando i due fasci arrivano a colpire la lastra fotografica, non sono più identici: il primo è rimasto inalterato, perché lo specchio non inserisce variazioni (è chiamato luce di riferimento), il secondo invece è modificato dalla riflessione provocata dall’oggetto. L’incontro dei due fasci d’onda crea delle linee di interferenza sulla superficie della lastra, le quali contengono tutte le informazioni necessarie per generare un’immagine tridimensionale dell’oggetto.
Il risultato finale non è però visibile direttamente come lo è la stampa di una fotografia. Per essere visto, un ologramma deve essere illuminato con lo stesso tipo di luce che l’ha prodotto: a questa condizione, attraverso la lastra si vede l’immagine tridimensionale dell’oggetto olografato. Cambiando punto di vista, infatti, si vedono nuovi particolari dell’oggetto (solo recentemente sono stati prodotti ologrammi visibili anche alla luce normale). Un’altra caratteristica sorprendente dell’ologramma è che ogni suo frammento contiene l’intera immagine. Mentre riducendo in frammenti una fotografia, su ciascun pezzo resta solo una porzione dell’immagine, ma con invariate caratteristiche di definizione, nel caso dell’ologramma i singoli frammenti mantengono tutta la figura; ciò che si perde è la qualità della sua definizione, che risulta ridotta.
L’o. è caratterizzata da una eccezionale fedeltà ed è capace di registrare valori di luce in una gamma estesissima. È ampiamente utilizzata in vari settori della ricerca, nella produzione di circuiti integrati e anche in forme artistiche. Poiché è difficilmente riproducibile, viene usato per marcare determinati prodotti (ad esempio, le carte di credito) dei quali si vuole impedire (o rendere più difficile) la falsificazione.
La possibilità teorica dell’o. venne formulata nel 1947 dallo scienziato inglese Denis Gabor, il quale stava studiando nuove strade per migliorare la risoluzione del microscopio elettronico. Si è dovuto però attendere la scoperta del laser per verificare concretamente la validità del progetto. Gabor ricevette il premio Nobel nel 1971.
L’agente generatore delle interferenze è un treno d’onde coerenti. Questa caratteristica si può avere anche con altri tipi di onde; si ottengono così ologrammi anche utilizzando fenomeni ondulatori non visibili, come sono i raggi x o addirittura con le onde sonore. Questa tecnica è in fase di avanzata sperimentazione sia per l’analisi di tipo medico, sia per ricerche sottomarine (è possibile studiare oggetti sott’acqua, utilizzando treni di onde sonore).
Da una fonte di luce coerente (costituita da onde di una sola lunghezza, perfettamente in fase e orientate allo stesso modo; il laser ne è un esempio) partono due fasci d’onda perfettamente identici: uno va verso uno specchio, opportunamente orientato, l’altro illumina l’oggetto da "olografare". Quando i due fasci arrivano a colpire la lastra fotografica, non sono più identici: il primo è rimasto inalterato, perché lo specchio non inserisce variazioni (è chiamato luce di riferimento), il secondo invece è modificato dalla riflessione provocata dall’oggetto. L’incontro dei due fasci d’onda crea delle linee di interferenza sulla superficie della lastra, le quali contengono tutte le informazioni necessarie per generare un’immagine tridimensionale dell’oggetto.
Il risultato finale non è però visibile direttamente come lo è la stampa di una fotografia. Per essere visto, un ologramma deve essere illuminato con lo stesso tipo di luce che l’ha prodotto: a questa condizione, attraverso la lastra si vede l’immagine tridimensionale dell’oggetto olografato. Cambiando punto di vista, infatti, si vedono nuovi particolari dell’oggetto (solo recentemente sono stati prodotti ologrammi visibili anche alla luce normale). Un’altra caratteristica sorprendente dell’ologramma è che ogni suo frammento contiene l’intera immagine. Mentre riducendo in frammenti una fotografia, su ciascun pezzo resta solo una porzione dell’immagine, ma con invariate caratteristiche di definizione, nel caso dell’ologramma i singoli frammenti mantengono tutta la figura; ciò che si perde è la qualità della sua definizione, che risulta ridotta.
L’o. è caratterizzata da una eccezionale fedeltà ed è capace di registrare valori di luce in una gamma estesissima. È ampiamente utilizzata in vari settori della ricerca, nella produzione di circuiti integrati e anche in forme artistiche. Poiché è difficilmente riproducibile, viene usato per marcare determinati prodotti (ad esempio, le carte di credito) dei quali si vuole impedire (o rendere più difficile) la falsificazione.
La possibilità teorica dell’o. venne formulata nel 1947 dallo scienziato inglese Denis Gabor, il quale stava studiando nuove strade per migliorare la risoluzione del microscopio elettronico. Si è dovuto però attendere la scoperta del laser per verificare concretamente la validità del progetto. Gabor ricevette il premio Nobel nel 1971.
L’agente generatore delle interferenze è un treno d’onde coerenti. Questa caratteristica si può avere anche con altri tipi di onde; si ottengono così ologrammi anche utilizzando fenomeni ondulatori non visibili, come sono i raggi x o addirittura con le onde sonore. Questa tecnica è in fase di avanzata sperimentazione sia per l’analisi di tipo medico, sia per ricerche sottomarine (è possibile studiare oggetti sott’acqua, utilizzando treni di onde sonore).
F. Lever
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Come citare questa voce
Lever Franco , Olografia, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (03/12/2024).
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