Fotogramma
- Testo
- Voci correlate
Autori: Franco Lever, Leandro Castellani
Il termine è entrato nel vocabolario fotografico verso il 1860 con il significato di disegno (gramma) eseguito da/con la luce (foto- ). Oggi è utilizzato per indicare anche altre cose.
a) In cinematografia per f. si intende la singola immagine fissata su una pellicola cinematografica (Frame). Nel cinema attuale le immagini scorrono al ritmo di 24 f. al secondo; 25 nel telecinema per consentire la sincronizzazione con la ripresa televisiva che prevede, nel caso dello standard PAL, 25 immagini al secondo. Nel formato 35 mm, d’uso cinematografico corrente, i f. sono divisi verticalmente da una linea nera (interlinea) e hanno quattro perforazioni ai lati.
b) In fotografia per f. si intende ciascuna delle immagini che compaiono su un rotolo fotografico sviluppato, si tratti di un negativo o di un positivo (in quest’ultimo caso i f. sono delle diapositive).
c) Il significato più antico del termine è però un altro. Indica l’immagine che si ottiene esponendo direttamente il materiale fotosensibile alla luce, senza servirsi quindi di una macchina fotografica. I primi esperimenti di W. Talbot furono appunto dei f.. Nel 1835 ottenne dei buoni risultati: sul foglio di carta, resa fotosensibile, metteva uno stelo, alcune foglie, un pizzo, una piuma, ed esponeva il tutto alla luce del sole. La carta si anneriva e così su un fondo nero si disegnavano nitidi i contorni e le trasparenze degli oggetti. Talbot chiamò queste sue immagini disegni fotogenici o anche shadowgraphs (disegni fatti d’ombra).
In seguito altri fotografi ripresero questi esperimenti, ma è solo dopo la prima guerra mondiale che la tecnica venne apprezzata e adottata da alcuni artisti, legati (o vicini) al Dadaismo, il movimento di avanguardia zurighese che per stile di vita e forme artistiche si caratterizzava in modo fortemente antitetico alla tradizione. Si possono ricordare lo svizzero Christian Schad, il quale chiamava schadografie il risultato dei suoi lavori; il pittore americano Man Ray (anch’egli univa il suo nome allo stile particolare con cui usava la tecnica: rayografia); invece il pittore e fotografo ungherese Lázló Moholy-Nagy, uno dei fondatori della Bauhaus, la celebre scuola d’arte berlinese, mantenne il termine di f.
a) In cinematografia per f. si intende la singola immagine fissata su una pellicola cinematografica (Frame). Nel cinema attuale le immagini scorrono al ritmo di 24 f. al secondo; 25 nel telecinema per consentire la sincronizzazione con la ripresa televisiva che prevede, nel caso dello standard PAL, 25 immagini al secondo. Nel formato 35 mm, d’uso cinematografico corrente, i f. sono divisi verticalmente da una linea nera (interlinea) e hanno quattro perforazioni ai lati.
b) In fotografia per f. si intende ciascuna delle immagini che compaiono su un rotolo fotografico sviluppato, si tratti di un negativo o di un positivo (in quest’ultimo caso i f. sono delle diapositive).
c) Il significato più antico del termine è però un altro. Indica l’immagine che si ottiene esponendo direttamente il materiale fotosensibile alla luce, senza servirsi quindi di una macchina fotografica. I primi esperimenti di W. Talbot furono appunto dei f.. Nel 1835 ottenne dei buoni risultati: sul foglio di carta, resa fotosensibile, metteva uno stelo, alcune foglie, un pizzo, una piuma, ed esponeva il tutto alla luce del sole. La carta si anneriva e così su un fondo nero si disegnavano nitidi i contorni e le trasparenze degli oggetti. Talbot chiamò queste sue immagini disegni fotogenici o anche shadowgraphs (disegni fatti d’ombra).
In seguito altri fotografi ripresero questi esperimenti, ma è solo dopo la prima guerra mondiale che la tecnica venne apprezzata e adottata da alcuni artisti, legati (o vicini) al Dadaismo, il movimento di avanguardia zurighese che per stile di vita e forme artistiche si caratterizzava in modo fortemente antitetico alla tradizione. Si possono ricordare lo svizzero Christian Schad, il quale chiamava schadografie il risultato dei suoi lavori; il pittore americano Man Ray (anch’egli univa il suo nome allo stile particolare con cui usava la tecnica: rayografia); invece il pittore e fotografo ungherese Lázló Moholy-Nagy, uno dei fondatori della Bauhaus, la celebre scuola d’arte berlinese, mantenne il termine di f.
L. C. e F. L.
Foto
Non ci sono foto per questa voce
Video
Non ci sono video per questa voce
Bibliografia
Non c'è bibliografia per questa voce
Documenti
Non ci sono documenti per questa voce
Links
Non ci sono link per questa voce
Come citare questa voce
Lever Franco , Castellani Leandro , Fotogramma, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (23/11/2024).
Il testo è disponibile secondo la licenza CC-BY-NC-SA
Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo
Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo
555