Marketing sociale e religioso
- Testo
- Bibliografia8
- Voci correlate
Autore: Sergio Slavazza
In ambito economico alcuni studiosi hanno sviluppato teorie e metodologie per instaurare la comunicazione tra azienda e mercato, e per favorire la vendita e lo scambio di beni. Si è così sviluppato il marketing aziendale, partendo dai prodotti di largo consumo, fino ad arrivare ai servizi più sofisticati, sia in campo ‘profit’, sia nei settori senza scopo di lucro. Questa evoluzione degli ambiti di applicazione del marketing non è avvenuta in modo meccanico e ‘asettico’, ma ha comportato una vera e propria evoluzione del suo stesso ‘concetto’. Quest’ultimo, da semplice funzione-vendite di un’azienda, si è evoluto fino a divenire una strategia manageriale comprendente la progettazione, l’implementazione e il controllo di programmi atti a influenzare l’accettazione di idee e valori ‘sociali’, miranti al soddisfacimento del cliente e al benessere di lungo periodo dei membri della collettività.
Da qualche anno vi è chi propone la nascita e lo sviluppo di un vero e proprio marketing religioso, inteso come una nuova branca di studi e un nuovo campo di sperimentazione degli strumenti e delle tecniche del marketing cosiddetto ‘non profit’.
In particolare l’ottica di indagine si è concentrata nell’ambito del Cristianesimo, analizzando le possibilità, i problemi, gli spazi, le condizioni, le implicazioni legati a un uso degli strumenti di marketing e a un’applicazione delle sue strategie avendo come fine precipuo la missione evangelizzatrice della Chiesa cattolica: in pratica l’applicazione del marketing al Vangelo.
Il marketing, nascendo in un determinato contesto (l’azienda a scopo di lucro) e con precise finalità (il raggiungimento del profitto tramite la vendita dei prodotti) non può essere considerato semplicemente uno strumento, neutro e passivo, replicabile in ogni campo e in ogni attività. È però vero che solo nell’uso si fa lo strumento, e quindi gli operatori di marketing e gli uomini di Chiesa si trovano ad affrontare una nuova interessante sfida: quella di accettare con curiosità l’applicazione del marketing all’evangelizzazione cristiana, ‘stressando’ lo strumento in un campo che non è il suo specifico, per registrare gli effetti di questa reciproca ‘contaminazione’.
Gli esiti e le conseguenze di una simile operazione sono ancora lontani dalla loro prima manifestazione ma non sembra troppo azzardato immaginare la possibilità che la Chiesa cattolica dallo sforzo di creare un linguaggio adatto a tradurre e a comunicare il proprio messaggio per l’uomo contemporaneo, formi un proprio marketing cattolico, che non sia semplicemente preso a prestito dall’economia ma che nasca ‘a suo uso’ e in vista delle esigenze e degli obiettivi dell’evangelizzazione.
La trasposizione di un sistema concettuale come il marketing dall’ambito economico al campo della religione impone una serie di considerazioni che richiede l’elaborazione di un’apposita, e sostanzialmente nuova, concettualizzazione, in particolar modo per le nozioni di ‘prodotto’, ‘prezzo’, ‘distribuzione’ e ‘comunicazione’.
In economia i quattro concetti appena elencati rappresentano degli ‘strumenti di marketing’, cioè dei fattori di mercato interni all’azienda, che l’azienda può direttamente controllare per costruire e facilitare le proprie relazioni con i mercati-obiettivo. La combinazione di queste leve costituisce il cosiddetto marketing mix. Quale può essere il marketing mix della Chiesa cattolica e, soprattutto, come possono essere definite le sue leve?
Il prodotto è unico ma con due valenze: una metafisica e l’altra esistenziale; una verticale (che riguarda il rapporto tra Dio e l’uomo) e l’altra orizzontale (che interessa i legami tra gli uomini); una intangibile e una tangibile; una ultraterrena e una più sensibile; una spirituale e una materiale.
Il ‘prodotto metafisico’ della Chiesa è il fulcro della sua missione: l’annuncio del Vangelo e il dono della salvezza eterna, in sostanza Cristo stesso, che è la proclamazione dell’amore di Dio e del suo Regno: in Cristo c’è identità tra messaggio e messaggero, tra il dire, l’agire e l’essere.
Il ‘prodotto esistenziale’ del cattolicesimo sono i cosiddetti servizi di fede, cioè tutte quelle attività che traducono operativamente i principi di fede in logica di servizio, rispondendo alla domanda della comunità.
Questo livello dell’offerta cristiana concerne tutti i ‘segni’ della realtà di servizio che l’istituzione religiosa offre per soddisfare i bisogni dei suoi ‘clienti’: coerenza con i principi religiosi professati delle attività di servizio offerte; capacità di presa in carico di problemi sociali e assistenziali; accessibilità spazio-temporale dei servizi erogati; caratterizzazione dei riti e dei servizi religiosi in sintonia con le nuove e legittime aspettative di condivisione, partecipazione, soddisfazione ed efficacia comunicativa avanzate dai fedeli; adeguatezza quantitativa e soprattutto ‘qualitativa’ di quello che si potrebbe definire il ‘personale’ dell’istituzione religiosa; e così via.
Anche nel caso del ‘prodotto cattolico’ è possibile poi identificare un prezzo o, meglio, un costo.
Nelle organizzazioni senza scopo di lucro il prezzo non si basa solamente su elementi quantitativi e concorrenziali, ma concerne anche elementi intangibili come il tempo, la dedizione, le impressioni psichiche e sensoriali. Nel caso della Chiesa, a fronte dell’offerta di un prodotto prettamente metafisico (ma che ha pure delle traduzioni in termini esistenziali) e di servizi di fede, vi è un corrispettivo, che può essere economico o non economico, pagato (o donato liberamente) da parte del fedele o di chi usufruisce dei servizi messi a disposizione.
Il corrispettivo economico può essere: ‘implicito’, quando trova fondamento nelle motivazioni liturgiche e religiose collegate al rapporto di fede; oppure ‘esplicito’, quando è l’espressione dell’adesione del fedele all’istituzione religiosa e della sua compartecipazione economica all’attività dell’organizzazione in tutte le sue articolazioni.
Il corrispettivo non economico invece può essere definito in termini di ‘prezzo’ psicologico, sensoriale, morale, esistenziale, spirituale da sostenere per aderire o mantenere un rapporto di fedeltà a un’istituzione religiosa rispetto ai benefici di ritorno.
Per quanto riguarda la distribuzione dell’offerta cristiana, è utile separare quella che concerne più da vicino il prodotto metafisico dalla distribuzione del prodotto esistenziale.
Nel caso dell’evangelizzazione più propriamente detta non si può parlare di logistica distributiva, e neppure di canali di vendita, se non in senso molto lato. La distribuzione del prodotto metafisico riguarda tutti i battezzati che, con ruoli e ministeri differenti, offrono la loro testimonianza personale in unione con l’intera comunità ecclesiale.
Per quanto riguarda la distribuzione dei servizi di fede (il ‘prodotto esistenziale’), le problematiche del marketing religioso non si discostano molto da quelle proprie del settore dei beni ‘non profit’. In questo caso infatti l’istituzione religiosa deve: far fronte alle caratteristiche tipiche dei servizi (intangibilità, eterogeneità...); preparare adeguatamente il supporto fisico e ambientale; formare il personale di contatto; gestire il rapporto con le varie tipologie di ‘clienti’; curare l’organizzazione interna; predisporre la ‘capacità produttiva’; regolare i flussi della domanda; creare reti di ‘feedback’; comunicare; coordinare il mix di servizi, ecc.
La quarta leva del marketing religioso è la comunicazione che, all’interno della ‘azienda-Chiesa’ ricopre un ruolo fondamentale. Essa, infatti, non solo pervade tutte le altre variabili del marketing mix, coordinandone la definizione e i mutamenti, ma, ancor più, rappresenta un aspetto primario della natura umana e della vita sociale, senza il quale sarebbe impensabile ogni forma di società e di pensiero. La comunicazione è un carattere indissolubile dalla Chiesa cattolica, che è, in sé medesima, comunicazione. La Chiesa infatti, non comunica (solo) per adempiere un dovere o per fare propaganda, ma in primo luogo per raggiungere il proprio compimento, per diventare se stessa. E proprio la rivoluzione comunicativa odierna, che si manifesta sempre più come tensione verso una comunicazione ‘totale’, caratterizzata dalla compenetrazione tra parola e immagine, tra linguaggi e tecnologie, tra emittenti e ricevitori, tra materiale e immateriale, tra razionale ed emotivo, rappresenta una grande occasione per il destino di missione e di auto-evangelizzazione della Chiesa. In futuro, per evangelizzare, la Chiesa avrà bisogno, oltre che del pastore, anche di chi sa fare intuire un sogno più vero dell’apparenza della realtà: l’uomo di marketing.
Da qualche anno vi è chi propone la nascita e lo sviluppo di un vero e proprio marketing religioso, inteso come una nuova branca di studi e un nuovo campo di sperimentazione degli strumenti e delle tecniche del marketing cosiddetto ‘non profit’.
In particolare l’ottica di indagine si è concentrata nell’ambito del Cristianesimo, analizzando le possibilità, i problemi, gli spazi, le condizioni, le implicazioni legati a un uso degli strumenti di marketing e a un’applicazione delle sue strategie avendo come fine precipuo la missione evangelizzatrice della Chiesa cattolica: in pratica l’applicazione del marketing al Vangelo.
Il marketing, nascendo in un determinato contesto (l’azienda a scopo di lucro) e con precise finalità (il raggiungimento del profitto tramite la vendita dei prodotti) non può essere considerato semplicemente uno strumento, neutro e passivo, replicabile in ogni campo e in ogni attività. È però vero che solo nell’uso si fa lo strumento, e quindi gli operatori di marketing e gli uomini di Chiesa si trovano ad affrontare una nuova interessante sfida: quella di accettare con curiosità l’applicazione del marketing all’evangelizzazione cristiana, ‘stressando’ lo strumento in un campo che non è il suo specifico, per registrare gli effetti di questa reciproca ‘contaminazione’.
Gli esiti e le conseguenze di una simile operazione sono ancora lontani dalla loro prima manifestazione ma non sembra troppo azzardato immaginare la possibilità che la Chiesa cattolica dallo sforzo di creare un linguaggio adatto a tradurre e a comunicare il proprio messaggio per l’uomo contemporaneo, formi un proprio marketing cattolico, che non sia semplicemente preso a prestito dall’economia ma che nasca ‘a suo uso’ e in vista delle esigenze e degli obiettivi dell’evangelizzazione.
La trasposizione di un sistema concettuale come il marketing dall’ambito economico al campo della religione impone una serie di considerazioni che richiede l’elaborazione di un’apposita, e sostanzialmente nuova, concettualizzazione, in particolar modo per le nozioni di ‘prodotto’, ‘prezzo’, ‘distribuzione’ e ‘comunicazione’.
In economia i quattro concetti appena elencati rappresentano degli ‘strumenti di marketing’, cioè dei fattori di mercato interni all’azienda, che l’azienda può direttamente controllare per costruire e facilitare le proprie relazioni con i mercati-obiettivo. La combinazione di queste leve costituisce il cosiddetto marketing mix. Quale può essere il marketing mix della Chiesa cattolica e, soprattutto, come possono essere definite le sue leve?
Il prodotto è unico ma con due valenze: una metafisica e l’altra esistenziale; una verticale (che riguarda il rapporto tra Dio e l’uomo) e l’altra orizzontale (che interessa i legami tra gli uomini); una intangibile e una tangibile; una ultraterrena e una più sensibile; una spirituale e una materiale.
Il ‘prodotto metafisico’ della Chiesa è il fulcro della sua missione: l’annuncio del Vangelo e il dono della salvezza eterna, in sostanza Cristo stesso, che è la proclamazione dell’amore di Dio e del suo Regno: in Cristo c’è identità tra messaggio e messaggero, tra il dire, l’agire e l’essere.
Il ‘prodotto esistenziale’ del cattolicesimo sono i cosiddetti servizi di fede, cioè tutte quelle attività che traducono operativamente i principi di fede in logica di servizio, rispondendo alla domanda della comunità.
Questo livello dell’offerta cristiana concerne tutti i ‘segni’ della realtà di servizio che l’istituzione religiosa offre per soddisfare i bisogni dei suoi ‘clienti’: coerenza con i principi religiosi professati delle attività di servizio offerte; capacità di presa in carico di problemi sociali e assistenziali; accessibilità spazio-temporale dei servizi erogati; caratterizzazione dei riti e dei servizi religiosi in sintonia con le nuove e legittime aspettative di condivisione, partecipazione, soddisfazione ed efficacia comunicativa avanzate dai fedeli; adeguatezza quantitativa e soprattutto ‘qualitativa’ di quello che si potrebbe definire il ‘personale’ dell’istituzione religiosa; e così via.
Anche nel caso del ‘prodotto cattolico’ è possibile poi identificare un prezzo o, meglio, un costo.
Nelle organizzazioni senza scopo di lucro il prezzo non si basa solamente su elementi quantitativi e concorrenziali, ma concerne anche elementi intangibili come il tempo, la dedizione, le impressioni psichiche e sensoriali. Nel caso della Chiesa, a fronte dell’offerta di un prodotto prettamente metafisico (ma che ha pure delle traduzioni in termini esistenziali) e di servizi di fede, vi è un corrispettivo, che può essere economico o non economico, pagato (o donato liberamente) da parte del fedele o di chi usufruisce dei servizi messi a disposizione.
Il corrispettivo economico può essere: ‘implicito’, quando trova fondamento nelle motivazioni liturgiche e religiose collegate al rapporto di fede; oppure ‘esplicito’, quando è l’espressione dell’adesione del fedele all’istituzione religiosa e della sua compartecipazione economica all’attività dell’organizzazione in tutte le sue articolazioni.
Il corrispettivo non economico invece può essere definito in termini di ‘prezzo’ psicologico, sensoriale, morale, esistenziale, spirituale da sostenere per aderire o mantenere un rapporto di fedeltà a un’istituzione religiosa rispetto ai benefici di ritorno.
Per quanto riguarda la distribuzione dell’offerta cristiana, è utile separare quella che concerne più da vicino il prodotto metafisico dalla distribuzione del prodotto esistenziale.
Nel caso dell’evangelizzazione più propriamente detta non si può parlare di logistica distributiva, e neppure di canali di vendita, se non in senso molto lato. La distribuzione del prodotto metafisico riguarda tutti i battezzati che, con ruoli e ministeri differenti, offrono la loro testimonianza personale in unione con l’intera comunità ecclesiale.
Per quanto riguarda la distribuzione dei servizi di fede (il ‘prodotto esistenziale’), le problematiche del marketing religioso non si discostano molto da quelle proprie del settore dei beni ‘non profit’. In questo caso infatti l’istituzione religiosa deve: far fronte alle caratteristiche tipiche dei servizi (intangibilità, eterogeneità...); preparare adeguatamente il supporto fisico e ambientale; formare il personale di contatto; gestire il rapporto con le varie tipologie di ‘clienti’; curare l’organizzazione interna; predisporre la ‘capacità produttiva’; regolare i flussi della domanda; creare reti di ‘feedback’; comunicare; coordinare il mix di servizi, ecc.
La quarta leva del marketing religioso è la comunicazione che, all’interno della ‘azienda-Chiesa’ ricopre un ruolo fondamentale. Essa, infatti, non solo pervade tutte le altre variabili del marketing mix, coordinandone la definizione e i mutamenti, ma, ancor più, rappresenta un aspetto primario della natura umana e della vita sociale, senza il quale sarebbe impensabile ogni forma di società e di pensiero. La comunicazione è un carattere indissolubile dalla Chiesa cattolica, che è, in sé medesima, comunicazione. La Chiesa infatti, non comunica (solo) per adempiere un dovere o per fare propaganda, ma in primo luogo per raggiungere il proprio compimento, per diventare se stessa. E proprio la rivoluzione comunicativa odierna, che si manifesta sempre più come tensione verso una comunicazione ‘totale’, caratterizzata dalla compenetrazione tra parola e immagine, tra linguaggi e tecnologie, tra emittenti e ricevitori, tra materiale e immateriale, tra razionale ed emotivo, rappresenta una grande occasione per il destino di missione e di auto-evangelizzazione della Chiesa. In futuro, per evangelizzare, la Chiesa avrà bisogno, oltre che del pastore, anche di chi sa fare intuire un sogno più vero dell’apparenza della realtà: l’uomo di marketing.
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Bibliografia
- BABIN Pierre ZUKOWSKI A., Médias: chance pour l'Eglise, éditions P. Lethielleux, Paris 2000.
- BLASI Simonetta, Viaggio nell’8xmille alla Chiesa cattolica. Promozione del consenso e comunicazione dei valori., Monti, Saronno 2009.
- FIORENTINI Giorgio - SLAVAZZA Sergio, La Chiesa come, Egea, Milano 1998.
- GOJ Milo, L’altro marketing. Come, Sperling & Kupfer, Milano 1993.
- JOOS André, Messaggio cristiano e comunicazione oggi (6 voll.), Il Segno, Verona 1988.
- KOTLER Philip - ANDREASEN Alan R., Marketing per le organizzazioni no profit, Il Sole 24 Ore, Milano 1998.
- MELANDRI Valerio - VITTADINI Giorgio, Fundraiser: professionista o missionario? Storia e futuro di una figura chiave nonprofit, Guerini, Milano 2005.
- SLAVAZZA Sergio, Marketing e Vangelo., Editrice Monti, Saronno 1998.
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Note
Come citare questa voce
Slavazza Sergio , Marketing sociale e religioso, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/11/2024).
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