Canzone

  • Testo
  • Bibliografia19
  • Video4
  • Voci correlate
1. Cenni storici. 2. La c. come popular music. 3. La c. come ‘medium’ di comunicazione.

La c. è una composizione musicale a struttura strofica, il cui scopo è di essere eseguita da un’orchestra o da un gruppo musicale e di essere cantata da uno o più cantanti e da un coro; essa può anche essere solo una composizione strumentale.
I meriti di questa definizione sono due. Il primo è quello che, parlando di struttura strofica e d’esecuzione musicale e canora, si evidenziano gli elementi fondamentali di una c. quali il testo letterario, la musica e l’interpretazione eseguita dai musicisti e da chi canta; il secondo è che, pur considerando la sola composizione strumentale, si tiene conto della tradizione secolare del termine ‘canzone’ il quale, pur nelle variazioni formali succedutesi nel tempo, ha sempre conservato il riferimento a due arti nobili come la poesia e la musica.

1. Cenni storici

Le prime testimonianze sull’uso del termine c. (cantio) in Italia si hanno nel 1200 con Dante che ne parla nel De vulgari eloquentia. Per c. egli indica un componimento poetico cui si unisce la musica, ma come un sovrappiù decorativo. Così sarà per tutto il 1300 e il 1400, mentre è all’inizio del 1500 che si compie una trasformazione interessante, quando comincia a diffondersi il madrigale, un componimento musicale dalla lirica raffinata, lasciando alla c. il riferimento a musiche dal carattere più leggero, di tipo burlesco e dal tono popolaresco. Questa distinzione tra madrigale e c. resiste sino alla fine del 1500, quando ci si trova di fronte a una forte contaminazione che dà origine alla cosiddetta c. alla madrigalesca, a volte indicata anche come ‘canzonetta’, per porre l’accento sulla facile cantabilità, mentre il termine c. diviene raro nella musica vocale d’arte. Infatti, a partire dal 1500 la c. designò una forma musicale particolare, solo per strumenti, che esercitò una notevole influenza sulla musica strumentale del 1600 e sulla nascita della sonata.
In questo stesso periodo, a cavallo tra il 1500 e il 1600, nascono l’Opera, il Melodramma e la Cantata, i quali, con l’interesse e l’importanza sempre crescente data alle arie, hanno rappresentato una delle esperienze musicali tipicamente italiane del 1600 e del 1700. Queste forme musicali, insieme con la Romanza, hanno contribuito alla diffusione del ‘cantare’ italiano in tutto il mondo.
È nel 1700, con l’esperienza del Café des musicos parigino, che si colloca l’origine della c. nel suo significato moderno. La c. francese, infatti, oltre a essere intrattenimento a ballo (‘ballata’), spesso con argomento lezioso, diede vita a composizioni semplici e melodiche, a struttura strofica, le cui tematiche erano varie: amorose, sentimentali, satiriche, politiche e patriottiche.
In Italia la c. moderna, pur derivando dalle formule francesi, ha però assunto caratteristiche sue. Essa si presenta, infatti, come l’erede delle Romanze per voce e pianoforte e dell’Aria d’Opera, ma soprattutto ha come suoi antecedenti tipici la c. dialettale, in particolare la c. melodica napoletana, fiorita dal terreno stesso della grande tradizione melodrammatica, così come le tradizioni popolari dell’Italia centrale (ad es. gli stornelli laziali e toscani, le serenate) e settentrionale (ad es. i canti alpini). La sua storia si fa cominciare ufficialmente nel 1848, anno di composizione di Santa Lucia, c. scritta in italiano da Enrico Cossovich e musicata da Teodoro Cottrau.
In seguito l’operetta, il varietà e il teatro leggero divennero luogo e strumento di creazione e di diffusione della c. e furono poi identificati (e con loro anche la c.) nel genere musicale detto ‘musica leggera’, che si distingueva da quello della musica colta e anche da quello più propriamente popolare, che raccoglieva sia le antiche come le più recenti tradizioni del folklore locale.
Non si deve però dimenticare il ruolo importante svolto per tutto l’Ottocento e fino allo scoppio della prima guerra mondiale, dai canti patriottici e politici in genere, dalla struttura semplice, con melodie facilmente cantabili. Tra i tanti Il canto degli italiani (1847) di Novaro e Mameli che diverrà l’inno nazionale.
Negli anni Venti e Trenta del sec. XX sono soprattutto le c. politiche inneggianti al regime fascista a circolare, diffuse attraverso le onde radiofoniche di Stato e ascoltate da un numero sempre crescente di apparecchi radio nelle case italiane. È questo anche il periodo dell’invasione musicale americana; sia il jazz come il boogie-woogie influenzarono il gusto musicale del Bel Paese. Il filone ‘all’italiana’ con le sue c. dialettali, d’amore e le ‘canzoncine allegre’ mantenne comunque un ruolo predominante anche nel dopoguerra, favorito dalla politica culturale della radio nazionale. Tra le voci più rimarchevoli di questo periodo figurano quelle di Luciano Tajoli, Nilla Pizzi, Claudio Villa.
La radio per tutto il Novecento fu tra i mezzi di comunicazione che maggiormente contribuirono alla popolarità della c. e alla sua diffusione tra i diversi strati della società italiana; a partire dagli anni Cinquanta a essa si aggiunse la rivoluzione tecnologica introdotta con il disco a 45 giri, trasformatasi ben presto in una rivoluzione ‘commerciale’. Parimenti, gli interessi economici dell’editoria musicale italiana furono subito legati a un altro evento innovativo musicale: il Festival di Sanremo, inaugurato nel 1951. La manifestazione canora sanremese contribuì non poco a dare una svolta alla c. italiana, in particolare con il fenomeno musicale legato a Volare di Domenico Modugno. Il cantante pugliese spalancò le porte al rinnovamento della c. italiana, facendola uscire dagli schemi tradizionali sia per quel che riguarda la forma letteraria e l’originalità dei temi sia per l’impianto musicale, semplice e cantabile, ma al contempo non alieno da contaminazioni d’oltreoceano, come il jazz per esempio.
Il cambiamento introdotto da Volare fu notevole, perché Domenico Modugno divenne il capostipite della successiva generazione dei cantautori, come Umberto Bindi, Fabrizio De Andrè, Sergio Endrigo, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Bruno Lauzi, Gino Paoli, Luigi Tenco.
A mutare profondamente il modo di ascoltare e di diffondersi della c. contribuì non poco anche l’avvento della televisione e la realizzazione di vari film musicali, così come il fiorire di altri festival musicali come Castrocaro, Il Cantagiro, Il Festivalbar, Un disco per l’estate. Tutti questi fenomeni di comunicazione di massa impressero una svolta decisiva alla c. italiana: nello stile, nei temi trattati dai testi poetici e nelle soluzioni melodiche e armoniche, che risentivano del beat inglese e del pop e rock americano. È la stagione dei complessi musicali sorti a imitazione di quelli stranieri (i Roks, i Nomadi, L’Équipe 84) e delle grandi ‘stelle’ del firmamento canoro italiano quali Mina, Celentano, Morandi e la Pavone, che assimilarono le istanze d’oltremare fondendole con il gusto più tradizionale della musica leggera italiana.
Questa serie di adattamenti e cambiamenti favorirono l’ascesa, alla fine degli anni Sessanta, di un nuovo astro della c. italiana: Lucio Battisti. La sua si presenta come una musica diversa e, per il tempo, d’avanguardia, perché introduce soluzioni tecniche e formali inedite e fantasiose, sia per le melodie e l’arrangiamento che per la scelta dei testi letterari e per l’importanza data all’interpretazione del cantante.
A cavallo degli anni Sessanta-Settanta, oltre a Battisti, si affermano i cantautori della nuova generazione: Lucio Dalla, Francesco Guccini, Roberto Vecchioni, e poi Claudio Baglioni, Edoardo Bennato, Francesco De Gregori, Antonello Venditti, tutti protesi a dare maggiore importanza al testo cantato (spesso d’argomento sociopolitico) sulla scia dei folk singers anglosassoni.
Gli inizi degli anni Ottanta si caratterizzano per una crisi dell’industria discografica. Lentamente, però, si assiste a una ripresa e si riscoprono i festival, a cominciare da quello di Sanremo che a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta diverrà il trampolino di lancio di un buon numero di nuovi artisti come Alice, Luca Barbarossa, Fiorella Mannoia, Marcella, Mietta, Amedeo Minghi, Anna Oxa, Eros Ramazzotti, Vasco Rossi, Enrico Ruggeri, Paola Turci, Zucchero. Tra gli artisti che si affermano in questo periodo occorre ricordare anche Franco Battiato e Pino Daniele, il primo impegnato a valorizzare sia la ricerca sonora sia il testo poetico (con l’aiuto del filosofo Manlio Sgalambro), il secondo fautore di una sonorità mediterranea, dove la cultura partenopea si innesta sul blues e sul rock.
Quello degli anni Novanta è un arco di tempo particolarmente ricco per la c. italiana, che vede da una parte il riaffermarsi di autori sia della vecchia generazione, come Baglioni, Dalla, De Gregori, Morandi, Venditti e lo stesso Daniele, sia d’autori più recenti come Ramazzotti, Ruggeri e Zucchero; dall’altra compaiono nuove stelle come Raf, Carboni e Antonacci. Una caratteristica propria della musica di questo periodo è la sperimentazione di nuove soluzioni sonore che dà origine a un sound più internazionale, nel quale confluiscono diverse tradizioni: quella melodica tipicamente italiana, quella beat e rock di matrice anglosassone, il fenomeno dell’hip-pop italiano (che ingloba in sé, riadattandoli, il rap e il reggae con interferenze di altri generi musicali come lo stesso rock, il funky, il punk), e ancora gli intramontabili blues e jazz, tutti mescolati e fatti vivere attraverso le sempre nuove e imprevedibili possibilità offerte dalla tecnologia del mondo digitale. Da un punto di vista letterario è difficile fare classificazioni. Accanto alle tematiche tradizionali dell’amore, del lavoro, della vita sociale e di quella politica compare forte l’attenzione alla vita quotidiana, alle periferie, con un linguaggio tipico dei sobborghi metropolitani, popolare, fatto di slogan, irriverente, quasi delle istantanee per meglio rappresentare la realtà che è vissuta. A completare questo quadro c’è anche un ritorno al dialetto, alle origini (vedi i Pitura Freska o i Sud Sound System e i Mau Mau), nel tentativo di usare nelle c. la lingua di tutti i giorni, per raccontare la vita quotidiana.
Tra i cantanti che in questi anni si sono affermati non solo in Italia ma anche all’estero vanno ricordati Andrea Bocelli, Eros Ramazzotti, Laura Pausini e Zucchero, quest’ultimo incline al blues, mentre gli altri sono favorevoli al recupero di una linea melodica tradizionale.
Il fenomeno forse più evidente degli anni Novanta è però Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti. Venuto alla ribalta alla fine degli anni Ottanta come rapper, a imitazione dei modelli americani, si è gradualmente trasformato, circondandosi di ottimi musicisti, divenendo autore di testi originali e anticonformisti, dando forma e portando alla ribalta il rap italiano, con un linguaggio inconsueto e innovativo (spesso incrociato con linee melodiche di proposito semplici e naïf) che è divenuto anche forma di espressione e di identificazione per le nuove generazioni.

2. La c. come popular music

Noi tutti viviamo oramai immersi nel suono e la ‘realtà musicale’ che ci circonda, con i significati, il linguaggio e le emozioni che produce, è entrata a far parte dell’esperienza quotidiana dell’uomo, permeando gusti e costumi della società. Di tutta l’esperienza musicale la c. si presenta come l’elemento più caratteristico, direttamente legato alla cosiddetta popular music (più propriamente musica leggera per il contesto italiano). Normalmente ci si trova di fronte al fenomeno della popular music quando si passa da un contesto di pochi fruitori a uno di molti; quando da un tipo di fruizione ‘impegnato’, che richiede tempo specifico da dedicare, si passa a una fruizione più immediata, del tempo libero e ‘gratuito’; quando da un’esperienza musicale di circuito elitario o di una classe si passa a una musica che è più alla portata di tutti, popolare perché appartiene all’esperienza musicale comune; quando da una esecuzione ‘specialistica’ (come può essere quella dodecafonica) si passa a una esecuzione più vicina al gusto e alla conoscenza o competenza musicale della maggior parte della gente. In questo senso la popular music può semplicemente essere considerata un fenomeno musicale di grande successo e di vasta risonanza tra la gente alla quale essa si rivolge, fenomeno nel quale convivono diversi generi musicali come il rock, il blues, il rap o quello delle ballate melodiche, generi che hanno proprio nella c. la loro struttura di riferimento.
Per tutte queste ragioni la c. assume i caratteri di musica a larga diffusione e di musica di massa, presentandosi, da un punto di vista sociologico, come la musica dei giovani, proprio perché il mondo giovanile è considerato la massa più esposta a questo fenomeno e il suo più importante fruitore. Da qui anche il riferimento alla c. come musica di consumo.
Limitarsi però – nell’accostare la c. – al solo punto di vista sociologico (la c. come forma musicale riferita a una particolare entità sociale per la quale o dalla quale è prodotta), o all’aspetto formale e normativo (la c. legata a un tipo di musica: non è musica colta, non è musica tradizionale, non è musica d’avanguardia ma, per esempio, è popular music, è musica leggera), o all’aspetto tecnologico ed economico (la c. considerata come musica diffusa dai mass media, inserita in un mercato di massa e oggetto di consumo), significa correre il rischio di trattare le c. unicamente come oggetti, trascurando il loro ruolo nella cultura o nel modo di vivere. Occorre dunque allargare gli orizzonti, per passare dal solo aspetto musicale e commerciale al più ampio ambito storico, filosofico e sociologico, considerando il fenomeno della c. come frutto di una cultura e di una società e proponendo di studiarlo come tale.
All’interno di tale contesto la c. viene ad assumere un ruolo non certo indifferente per la diffusione di significati, abitudini e costumi, e si presenta come uno dei mezzi di comunicazione tra i più determinanti per la loro costruzione, in particolare per i giovani. Infatti la c. per loro è divenuta gradualmente un luogo di incontro e di confluenza di istanze diverse quali il divertimento, l’anticonformismo, la ribellione, le utopie, i sentimenti, la contestazione, il desiderio di evasione, l’amore, senza dimenticare i grandi valori come la pace, l’ecologia, la giustizia, la solidarietà. Questo perché la c. permette una diffusione facile e immediata di messaggi, perché è ‘parola cantata e suonata’ che coinvolge insieme piacere e desideri, sensazioni ed emozioni, divertimento e arte, investendo tutto l’uomo fatto di mente e di cuore. Attraverso le canzoni i giovani rivivono esperienze e sentimenti, reinterpretano gli avvenimenti, si riappropriano della loro storia e vita. Questo spiega anche la ragione per la quale le c. diventano spesso occasione d’aggregazione e di confronto, principio d’identificazione di un gruppo sociale, promotrici d’ideologie e di convinzioni, espressione di nuove idee e mode, generatrici di mentalità, atteggiamenti e comportamenti, strumento di cambiamento culturale.

3. La c. come ‘medium’ di comunicazione

L’identificazione della c. come fenomeno musicale che, al contempo, riflette la società e i suoi modi di pensare e ne crea di nuovi, ci conduce a considerare la c. come frutto del mutare del gusto e delle abitudini culturali di un popolo e, nello stesso tempo, come fattore imprescindibile affinché questo gusto e queste abitudini della società si stabilizzino. Questo significa che tra mondo della c. e mondo degli uomini s’instaura una relazione, uno scambio comunicativo profondo, la cui origine è da ritrovare nella musica come ‘linguaggio’ universale, presente in tutte le culture; la c., all’interno di questo linguaggio, si presenta come un ‘medium’ di comunicazione particolare.
L’universalità del linguaggio musicale va intesa nel senso che la ‘musicalità’ è una delle diverse facoltà e possibilità che l’essere umano ha per esprimersi e comunicare, appartenente al suo vissuto quotidiano; dunque si può affermare che la musica è un linguaggio universale in quanto esperienza comune a tutti gli uomini di tutte le società e di tutti i tempi, anche se con distinzioni e caratteristiche proprie delle diverse culture. Non si può, infatti, negare che un popolo, a qualunque cultura e tempo appartenga, non faccia delle sue tradizioni musicali, delle sue c., delle sue danze uno strumento di comunicazione privilegiato (Musica e comunicazione). Che la c. sia un ‘medium’ di comunicazione particolare è dato dal suo essere un ‘testo’ fatto di parole e di musica che viene cantato e suonato. Da un punto di vista comunicativo questa constatazione è fondamentale, perché così si evidenziano quelle che lo studioso Paolo Jachia (1998) chiama le tre componenti genetiche della c.: parola, musica e interpretazione. L’identificazione di queste tre componenti fa sì che si possa riconoscere alla c. una sonorità propria con una sua peculiarità comunicativa.
La sonorità propria della c. è data dall’incontro di due linguaggi, quello verbale e quello musicale, che utilizzano, pur nella specificità di ciascuno, la stessa sostanza fisica, cioè il suono.
Nella c. i linguaggi verbale e musicale si influenzano reciprocamente e, grazie all’opera di esecuzione e interpretazione di coloro che cantano e suonano, giungono a fondersi in un’unità comunicativa nuova; in essa vengono modificati e ristrutturati, in una sintesi originale, gli elementi provenienti dalle tre diverse componenti.
In questo senso si può parlare della c. come ‘medium’ di comunicazione e di una sua peculiarità comunicativa: considerandola come sintesi e unità originale di espressione dei linguaggi verbale e musicale, dove il testo letterario cessa di essere un testo verbale, per divenire, attraverso l’interpretazione del cantante, un ‘discorso vocalizzato’, all’interno del quale parole e frasi assorbono la sostanza e la modulazione della musica e della voce. Parallelamente la musica cantata e suonata assume un aspetto diverso, come di ‘musica oralizzata’, perché fa suoi, rimodellandoli, i suoni e le articolazioni della parola.
Inoltre la c., in quanto opera di interpretazione/esecuzione (la performance) di chi canta e suona, fa riferimento anche a forme di comunicazione diverse dal linguaggio verbale e da quello propriamente musicale, in particolare nei momenti di fruizione quali i concerti o altre esibizioni pubbliche di diverso tipo come alla radio, in televisione, al cinema; il riferimento è al linguaggio non verbale, all’uso di diversi codici come quello corporale, gestuale, del vestito, degli oggetti e dello spazio, i quali creano situazioni comunicative uniche; grazie a queste, per chi vi partecipa la c. diviene un luogo di incontro, uno strumento per comunicare e comprendersi, un ‘logo’ nel quale identificarsi, un punto di orientamento, un modo diverso per ‘celebrare’ con gli altri i valori, la festa, la vita.
Tutti questi elementi rendono la c., tra i vari mezzi di comunicazione, un ‘medium’ originale, a forte caratterizzazione globale e multimediale.

Bibliografia

  • La Nuova Enciclopedia della Musica, Garzanti, Milano 1983.
  • AUSLANDER Philip, Liveness: Performance in a Mediatized Culture, Routledge, London 1999.
  • AZZERAD Michael, Come As You Are: The Story of Nirvana, Doubleday, New York 1993.
  • BALDAZZI Gianfranco, La canzone italiana del Novecento, Newton Compton, Roma 1989.
  • BERSELLI Edmondo, Canzoni. Storia dell’Italia leggera, Il Mulino, Bologna 1999.
  • BORGNA Gianni, Storia della canzone italiana, Oscar Saggi Mondadori, Milano 1992.
  • BORGNA Gianni - SERIANNI Luca, La lingua cantata. L’italiano nella canzone dagli anni Trenta ad oggi, Garamond, Roma 1994.
  • CASTALDO Gino (ed.), Il dizionario della canzone italiana, A. Curcio, Roma 1990.
  • COVERI Lorenzi (ed.), Parole in musica. Lingua e poesia nella canzone d’autore italiana, Interlinea, Novara 1996.
  • DELLA CASA Maurizio, Musica, lingua e poesia, Zanichelli, Bologna 1995.
  • GATTI Walter, Help! Il grido del rock. Domanda, utopia e desiderio nelle canzoni che hanno fato epoca, Itaca, Castel Bolognese (RA) 2008.
  • GATTI Walter, Cosa sarà. La ricerca del mistero nella canzone italiana, Itaca, Castel Bolognese (RA) 2009.
  • INGLIS Ian (ed.), Performance and popular music. History, place and time, Ashgate Publishing, Hampshire 2006.
  • JACHIA Paolo, La canzone d’autore italiana 1958-1997. Avventure della parola cantata, Feltrinelli, Milano 1998.
  • MIDDLETON Richard, Studiare la popular music, Feltrinelli, Milano 1994.
  • PORCINO Cristian – CONCATO Fabio, I cantautori e la filosofia: da Battiato a Zero, Libreria Croce, Roma 2008.
  • SANTOIANNI Chiara, Popular music e comunicazioni di massa, EDS, Napoli 1993.
  • SGALAMBRO Manlio, Teoria della canzone, Bompiani, Milano 1997.
  • TAGG Philip, Popular music. Da Kojak al Rave, CLUEB, Bologna 1994.

Documenti

Non ci sono documenti per questa voce
Come citare questa voce
Alvati Cosimo , Canzone, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (20/04/2024).
CC-BY-NC-SA Il testo è disponibile secondo la licenza CC-BY-NC-SA
Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Condividi allo stesso modo
190