Stereofonia
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Autore: Giuseppe Fortunato
Tecnica di registrazione, radiotrasmissione e riproduzione dei suoni su due canali separati che simula la modalità di percezione biauricolare dell’uomo e in questo modo provoca nell’ascoltatore la sensazione della profondità, della spazialità e della fedeltà all’originale dell’emissione acustica (va detto però che per i tecnici il termine s. non si identifica affatto con un suono su due canali: i canali possono essere tre, o quattro o molti altri).
Questa tecnica, per quanto riguarda la registrazione e riproduzione su disco, era già stata brevettata nel 1931, ma venne applicata su vasta scala soltanto negli anni Cinquanta: è del 1958 l’introduzione sul mercato del disco microsolco stereofonico. Nella radio le trasmissioni stereo in FM sono iniziate nel 1961 negli USA, per diffondersi poi ovunque. La s. è stata adottata dalla televisione soltanto nel 1986, e ancora oggi in varie nazioni e su vari apparecchi si tratta più di una simulazione che non di una s. vera e propria. Poiché il segnale audio nelle trasmissioni video non è Hi Fi, gli audiofili più sofisticati, quando si tratta di seguire in Tv un concerto importante, scelgono di azzerare l’audio del televisore, servendosi poi del loro sintonizzatore e dell’impianto Hi Fi per quanto riguarda l’audio.
La ricerca di una simulazione sempre più sofisticata della situazione sonora iniziale è andata molto oltre l’uso di due canali, sia nell’intento di dare al cinema una colonna sonora più coinvolgente, sia per migliorare l’ascolto negli ambienti domestici e non. Si sono adottati 4 canali invece dei due della s., dedicandone due ai suoni percepibili frontalmente, e gli altri all’ambiente circostante; si è diviso il suono secondo frequenze, inviandole poi a casse differenti, collocate in modo opportuno; con la tecnologia digitale l’elaborazione è diventata ulteriormente più sofisticata.
La s. (a due o più canali) non è soltanto un fatto tecnico; ha una valenza espressiva molto importante, perché dà all’ingegnere del suono la possibilità di costruire letteralmente lo spazio fantastico in cui lo spettatore colloca se stesso e le varie fonti sonore che intervengono, musica o rumori che siano. Si chiudano gli occhi, mentre si è in ascolto di una registrazione curata da questo punto di vista, e si ‘vedranno’ le varie fonti sonore opportunamente collocate nello spazio. Basta poi modificare leggermente la distribuzione dei segnali sui vari canali e il suono perde immediatamente in brillantezza e, nella nostra fantasia, i vari strumentisti se si tratta di musica si affollano in modo confuso tutti in uno stesso punto dello spazio fantastico.
Grazie alla tecnica stereofonica il regista nel suo lavoro creativo agisce con i suoni come il pittore con i colori; ma con un vantaggio notevole, perché li mescola ottenendo sonorità nuove, senza però che essi perdano le loro caratteristiche originali (sono mixati in uscita, ma restano registrati in modo autonomo su canali diversi, disponibili dunque a nuove elaborazioni).
Questa tecnica, per quanto riguarda la registrazione e riproduzione su disco, era già stata brevettata nel 1931, ma venne applicata su vasta scala soltanto negli anni Cinquanta: è del 1958 l’introduzione sul mercato del disco microsolco stereofonico. Nella radio le trasmissioni stereo in FM sono iniziate nel 1961 negli USA, per diffondersi poi ovunque. La s. è stata adottata dalla televisione soltanto nel 1986, e ancora oggi in varie nazioni e su vari apparecchi si tratta più di una simulazione che non di una s. vera e propria. Poiché il segnale audio nelle trasmissioni video non è Hi Fi, gli audiofili più sofisticati, quando si tratta di seguire in Tv un concerto importante, scelgono di azzerare l’audio del televisore, servendosi poi del loro sintonizzatore e dell’impianto Hi Fi per quanto riguarda l’audio.
La ricerca di una simulazione sempre più sofisticata della situazione sonora iniziale è andata molto oltre l’uso di due canali, sia nell’intento di dare al cinema una colonna sonora più coinvolgente, sia per migliorare l’ascolto negli ambienti domestici e non. Si sono adottati 4 canali invece dei due della s., dedicandone due ai suoni percepibili frontalmente, e gli altri all’ambiente circostante; si è diviso il suono secondo frequenze, inviandole poi a casse differenti, collocate in modo opportuno; con la tecnologia digitale l’elaborazione è diventata ulteriormente più sofisticata.
La s. (a due o più canali) non è soltanto un fatto tecnico; ha una valenza espressiva molto importante, perché dà all’ingegnere del suono la possibilità di costruire letteralmente lo spazio fantastico in cui lo spettatore colloca se stesso e le varie fonti sonore che intervengono, musica o rumori che siano. Si chiudano gli occhi, mentre si è in ascolto di una registrazione curata da questo punto di vista, e si ‘vedranno’ le varie fonti sonore opportunamente collocate nello spazio. Basta poi modificare leggermente la distribuzione dei segnali sui vari canali e il suono perde immediatamente in brillantezza e, nella nostra fantasia, i vari strumentisti se si tratta di musica si affollano in modo confuso tutti in uno stesso punto dello spazio fantastico.
Grazie alla tecnica stereofonica il regista nel suo lavoro creativo agisce con i suoni come il pittore con i colori; ma con un vantaggio notevole, perché li mescola ottenendo sonorità nuove, senza però che essi perdano le loro caratteristiche originali (sono mixati in uscita, ma restano registrati in modo autonomo su canali diversi, disponibili dunque a nuove elaborazioni).
G. F.
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Come citare questa voce
Fortunato Giuseppe , Stereofonia, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (03/12/2024).
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