Comunicazione elettronica
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Autore: Gianfranco Bettetini
Lo sviluppo di nuove tecnologie per comunicare introduce dei mutamenti significativi nel panorama dei media sia a livello semiotico sia a livello del panorama socioculturale che li ha generati e che li circonda.
Computergrafica e realtà virtuale costituiscono il punto di rottura rispetto alla relazione tra immagine e referente istituita dalle tecnologie di rappresentazione preinformatiche, così come ipertesti e Cd-Rom impongono un ripensamento rispetto all’ipotesi di conversazione inscritta nel testo tradizionale.
1.1. Immagini di sintesi.
La differenza sostanziale tra cinema, fotografia, televisione da una parte e computergrafica e realtà virtuale dall’altra, l’evento epistemologico proposto da questi nuovi media è costituito dalla costruzione sintetica delle loro immagini; l’immagine è il prodotto di una ‘astrazione formale’, di una mediazione di modelli; è generata matematicamente e sembra quindi catturata, alle sue origini e nella sua progettazione, da un linguaggio astratto e formalizzato.
La mediazione di un modello matematico, presente nei processi di analisi e sintesi attraverso cui viene generata l’immagine, allontana i segni dai loro eventuali referenti; le immagini generate dal computer sono pertanto autoreferenziali: non rimandano a qualcosa di esterno, ma rinviano al modello che le ha generate. Ciononostante la tensione referenziale non è cancellata: l’immagine sintetica tende comunque alla ‘restituzione’ di un oggetto e i problemi della rappresentazione vi sono sempre coinvolti. Il fatto è che tale tensione cambia la propria direzione dall’esterno-superficie all’interno: ciò che la computergrafica vuole rappresentare non è tanto un oggetto che appartiene alla realtà, ma un progetto, un modello che si identifica con le sue stesse condizioni di esistenza e che ha comunque a che fare con un referente, concreto, astratto, immaginario o costruito per ipotesi.
Le strumentazioni per la costruzione e l’esplorazione di mondi virtuali consentono di fare un passo in più, dando allo spettatore la possibilità di interagire con questa immagine-oggetto, in modo immediato e naturale. Ciò che caratterizza propriamente la realtà virtuale rispetto alla computergrafica, infatti, non è tanto la sostanza delle immagini, che sono costituite dalla stessa evanescente materia elettronica i pixel ma è piuttosto la sua natura di autentico universo alternativo, vero e proprio luogo da esplorare. Non a caso le metafore più ricorrenti quando si parla di mondi virtuali sono proprio quelle dell’immersione e della navigazione, che descrivono la situazione di un utente collocato in un ambiente particolare, dotato di regole di comportamento e di una spazialità proprie. L’utente dei sistemi di realtà virtuale, infatti, è uno spettatore incluso nella rappresentazione, condotto a provare un’esperienza che lo trasporta fuori dal mondo reale. Questa tendenza è già presente in forme di rappresentazione preinformatiche, dalle pitture prospettiche del Rinascimento fino alle invenzioni, negli anni Cinquanta, del cinema stereoscopico e del Cinerama (che attraverso la proiezione su tre schermi della stessa sequenza vista da angolazioni leggermente diverse forniva allo spettatore una visuale molto più ampia dell’immagine e aumentava la sensazione di trovarsi realmente ‘all’interno’ della scena). In tutte queste situazioni, però, il ruolo dello spettatore resta sostanzialmente passivo. Il suo corpo è ‘risucchiato’ nella rappresentazione, senza che gli sia consentito alcun intervento in grado di modificare lo svolgersi delle azioni. Intervento, che, invece, con la realtà virtuale diviene possibile.
Questi sistemi, infatti, consentono di ottenere dal computer l’interpretazione delle azioni dell’utente e le conseguenti risposte in tempo reale del sistema. In questo modo i sistemi di realtà virtuale sono in grado di creare un ‘coinvolgimento multisensoriale’ dell’utente e indurre così l’impressione di trovarsi realmente presente nella scena ritratta.
1.2. Interattività.
Con l’avvento dei nuovi media, si propone con forza, sempre dal punto di vista comunicativo, anche il problema dell’ interattività, intesa come capacità del sistema di accogliere le richieste dell’utente e di soddisfarle, mettendo così in atto un forte aspetto di divergenza rispetto ai media tradizionali. L’interattività, innanzitutto, si distingue dai fenomeni di interazione comunicativa, che riguardano forme particolari di rapporti sociali tra i soggetti ed è propria anche dei rapporti di uno o più individui con un testo o con una macchina. L’interattività consiste, invece, nella imitazione (nella simulazione) dell’interazione da parte di un sistema meccanico o elettronico che contempli come suo scopo principale o collaterale anche la funzione di comunicazione con un utente o fra più utenti.
L’interazione uomo-macchina si colloca in una posizione intermedia fra la conversazione testuale di natura simbolica (immanente a ogni testo e situata nel rapporto fra i due soggetti simbolici, enunciatore ed enunciatario) e uno scambio comunicativo concreto: da una parte il rapporto utente-sistema conserva il carattere simbolico della conversazione testuale, dall’altra esso costruisce una effettiva possibilità di intervento per l’utente che partecipa attivamente al processo di produzione di senso del testo. Cambia, quindi la natura dell’enunciatore: nel caso dei testi (e dei media) tradizionali, esso coincide con un sapere e con un complesso di modalità strutturali definitivamente immagazzinate nel testo; nel caso dei testi (e dei media ) interattivi questo sapere e questo complesso di modalità sono solo in parte strutturati: prevalgono, invece, le strategie potenziali previste come opzioni possibili dal software della macchina e che vengono attualizzate attraverso le scelte di intervento operate dall’utente. Inoltre, questa interazione-conversazione non nasce solamente in relazione a un insieme di elementi di tipo cognitivo, ma anche da una vera e propria azione. Il progetto dell’enunciatore (che qui coincide con le potenzialità del sistema) è solo condizione necessaria, ma non sufficiente alla realizzazione del testo o dello scambio comunicativo. Le nuove tecnologie giocano sulla dialettica tra le possibilità offerte dal sistema e l’interazione creativa dell’utente: l’interattività dà origine a un tipo di testualità del tutto particolare. Se la testualità, intesa soprattutto nella sua versione conversativa, può essere intesa come la simulazione di un’interazione, nel caso della relazione con i nuovi media considerati in una prospettiva relazionale possiamo parlare di un’interazione che simula la testualità, richiedendo continuamente un apporto creativo all’utente, proprio mentre sembra proporgli un esercizio di semplice lettura.
Anche il soggetto enunciatario appare, quindi, costruito in maniera differente. Nell’ambito della conversazione testuale messa in atto da un audiovisivo tradizionale, la natura ‘protesica’ del ricettore (e dell’enunciatario) allude a un prolungamento simbolico dei suoi organi di senso che gli consente di entrare fantasmaticamente nell’universo del testo. Nel caso dell’interazione uomo-macchina questa manifestazione ‘protesica’ subisce un processo di valorizzazione e, nello stesso tempo, di attuazione concreta. L’interazione comporta, infatti, la presenza di un’icona attiva e attualizzata in quel luogo che definiamo come interspazio, inteso come ambito nel quale si verificano le transazioni fra l’utente e la macchina, attraverso le protesi di entrambi. In altre parole, si può dire che, a differenza della conversazione testuale, in questo caso il fenomeno di ‘protesizzazione’ non comporta solo la smaterializzazione del corpo del ricettore-utente, ma anche l’assunzione di un corpo simulacrale, che senza uscire dall’ambito del simbolico è visibile.
Con l’avvento di ipertesti e ipermedia la dimensione testuale subisce un ulteriore allargamento. Infatti, nel passaggio dal testo all’ipertesto i rinvii ad altri testi o a componenti di una supposta enciclopedia di riferimento del lettore non sono più interni al testo nella loro origine ed esterni nella loro destinazione; nell’ipertesto anche le destinazioni dei legami ipertestuali sono interne. Si tratta di legami che possono rinviare a fonti implicite o esplicite di un testo, voci esplicative di una potenziale enciclopedia di riferimento, associazioni semantiche che costituiscono una rete di interpretazione.
Si può allora affermare che nel processo di costruzione del testo, ove si vede in atto la cooperazione attiva di una matrice testuale e di un ‘lettore’, vengono riassorbite anche le dimensioni del cotesto, del paratesto e dell’ intertesto.
Il rapporto con la dimensione ipertestuale fa sì che, nell’ambito di un unico macrotesto, siano compresenti elementi cotestuali e intertestuali in un rapporto di determinazione e interpretazione reciproche.
Il rischio per l’utente di fronte a queste possibilità di recupero personalistico e di intervento cooperativo è quello della dispersione nella quantità di informazioni accessibili: quello della frustrazione di ogni tentativo di coordinamento, e quindi dell’inutilità del suo lavoro di approccio cognitivo all’offerta del mezzo, come i cartografi borghesiani stanno a dimostrare.
2. Media, New media e panorama socioculturale L’evoluzione del panorama comunicativo nell’ultimo decennio è stata contrassegnata dall’integrazione tra media tradizionali e nuove forme di comunicazione mediate dalle tecnologie informatiche e telematiche (Nuove tecnologie della comunicazione). Questo panorama, con tutte le novità che lo caratterizzano, sollecita una ripresa della riflessione sulla comunicazione mediale, soprattutto alla luce di una tendenza sempre più evidente verso la personalizzazione (ai limiti dell’individualizzazione) dei flussi comunicativi, un sempre più articolato coinvolgimento del destinatario e una apparente scomparsa delle mediazioni tradizionali.
I tre temi che metteremo a fuoco sono, dunque, i nuovi aspetti della socializzazione, le trasformazioni legate alla sfera dell’identità e le implicazioni che si manifestano al livello dell’esperienza corporea.
2.1. Socializzazione e circolazione dei flussi di sapere.
Per quanto riguarda i media elettronici tradizionali (radio e, soprattutto, televisione a carattere generalista), sembra lecito affermare che la loro stessa natura di media di flusso, cioè la loro caratteristica tecnologica e sociale di darsi come possibilità costante di comunicazione domestica istantanea, al di fuori della logica testuale forte che si concretizza nelle opere proprie degli altri sistemi espressivi (dal cinema alla stampa, libraria o periodica), accentui contemporaneamente la loro dimensione ambientale e l’effetto di realtà dei loro messaggi. In altre parole, essi finiscono, nell’uso costante e quotidiano, per costituire una porzione dell’ambiente vitale di ciascuno in cui si riflettono frammenti di realtà, certamente mediati ma comunque sperimentati.
Si tratta di una mediazione della realtà rivolta a un pubblico generalista, non fortemente segmentato, in cui convivono fasce di età differenti, categorie sociali eterogenee, ruoli sessuali e familiari molto diversi. Questa convivenza si realizza nella continua possibilità di accesso a un ambiente simbolico, comune e condiviso, che non conosce più distinzioni di tempo e di spazio, di età, di sesso, di status; sembrano saltare, in questo modo, i meccanismi spazio-temporali di esclusione o di integrazione su cui si basano le agenzie di socializzazione tradizionali. Risultano, così, purtroppo, indebolite quelle istituzioni che a partire dalla famiglia e dalla scuola si organizzano come griglie relazionali di distribuzione dei saperi e delle competenze e che, così facendo, governano e mediano l’accesso alla realtà e alla sua esperienza secondo i diversi progetti educativi che le ispirano.
In questa ottica possono essere letti, dunque, alcuni aspetti del mutamento sociale quali la sovrapposizione dei ruoli (e delle identità) maschili e femminili, la confusione tra infanzia e maturità (soprattutto nelle forme dell’adolescenza ‘lunga’), ma anche l’indebolimento delle forme tradizionali di mediazione politica (partiti e sindacati), superati dal riferimento diretto dei leader ai potenziali elettori.
I nuovi media sembrano essere caratterizzati da una dinamica diversa, seppure non molto lontana negli esiti, da quella che governa i tradizionali media elettronici: le forme di conoscenza e di relazione mediate dalle nuove tecnologie, infatti, si propongono in una veste demassificante, personalizzata, spesso interattiva. È il caso, per esempio, dello sviluppo di modelli televisivi a pagamento (Pay-per-view e Pay-Tv), della Tv via cavo, della Tv interattiva, che secondo modalità differenti tendono a trasformare il mass medium per antonomasia, la televisione, in un personal medium, retto dall’interesse e da diversi gradi di attività comunicativa dell’utente; ma è anche il caso dello sviluppo relazionale assunto recentemente dalla telematica nelle forme della comunicazione mediata dal computer (la Grande Ragnatela di Internet, la posta elettronica, ecc.).
In tutti questi esempi non è tanto l’accesso indiscriminato a un ambiente simbolico indifferenziato, quanto la natura virtuale dell’esperienza resa possibile a interessare i tradizionali meccanismi di mediazione; al proposito, due sembrano i fenomeni complementari di maggior rilievo, evidenziatisi soprattutto nell’ambito delle reti di telecomunicazione.
Il primo consiste nella re-istituzionalizzazione di alcuni soggetti intermediari, sia a carattere culturale che sociale e politico: case editrici, musei, biblioteche, sindacati, partiti politici, gruppi di opinione non si limitano a colonizzare lo spazio virtuale delle reti in modo analogo a quanto avviene nello spazio reale, rendendosi accessibili all’utente senza limitazioni di carattere territoriale o temporale, ma assumono in proprio il ruolo di mediare le informazioni, di creare connessioni con altri siti, di costituirsi come nodi di smistamento o come punti di incontro di persone, di idee, di movimenti. Il secondo fenomeno consiste in una sorta di ‘filo diretto’ con le autorità: la possibilità di un contatto individuale e personalizzato con i luoghi in cui si concentra il potere o il sapere, congiuntamente alla possibilità di assumere attivamente un ruolo paritetico in tale comunicazione, fanno assumere alle nuove tecnologie l’aspetto di una promessa di democrazia e di partecipazione diretta, priva di mediazioni o di deleghe. Le due forme sembrano, poi, convivere nell’esperienza delle reti civiche, dove a una delocalizzazione tipica della rete si affianca il riferimento a una comunità reale su base cittadina che rende possibile l’integrazione della dimensione virtuale con quella dell’esperienza diretta e dell’incontro personale.
2.2. Identità.
Al centro dei processi di socializzazione, sin qui descritti, si collocano gli individui con le loro specifiche identità, che contribuiscono a definire forme e caratteristiche dei circuiti comunicativi mediali e non mediali. Il tipo di influenza esercitata dai media sulla costruzione dell’identità è, quindi, un altro nodo cruciale dei loro effetti antropologici e sociali.
Ancora una volta essi sembrano agire nella direzione di un indebolimento dell’identità individuale e di gruppo o meglio rispondono a una sollecitazione precisa che viene loro da un contesto sociale in cui l’esperienza diretta delle persone e il contesto normativo sociale (in particolare l’ancoraggio normativo che le comunità eticamente forti e tradizionali fornivano ai contesti sociali) influiscono sempre meno sui processi di costruzione dell’identità.
La televisione, in questo senso, ha agito sin dalle sue origini come agente di socializzazione e strumento di costruzione dell’identità di gruppo capace di veicolare (ma anche di rafforzare o di trasformare) i valori che caratterizzano un certo contesto sociale in un dato momento.
Nel corso della sua evoluzione, però, si è via via allentato il legame con il contesto sociale extramediale e, soprattutto, con alcune sue connotazioni quali la condivisione da parte degli spettatori di un medesimo spazio geografico, di una medesima cultura e di medesimi riferimenti extramediali; il medium televisivo si è spinto, così, verso la costruzione di identità di gruppo trasversali rispetto agli spazi e ai luoghi.
Accanto all’influenza sulla costruzione di un’identità di gruppo avulsa da riferimenti legati al contesto esperienziale diretto, i media tradizionali influiscono anche sulla costruzione dell’identità individuale. L’esposizione mediale, infatti, tende a moltiplicare la produzione, da parte dell’individuo, di quelli che la letteratura definisce ‘sé possibili’ ovvero possibilità alternative alla propria identità attuale, proiettate nel futuro o nell’orizzonte del possibile.
Un significativo ruolo è stato svolto, in questo senso, ad esempio, dal cinema, medium che è andato configurandosi come luogo primario di elaborazione del simbolico e del vissuto, capace di fornire simboli e contenuti essenziali all’ immaginario collettivo di una cultura.
La funzione positiva svolta dall’elaborazione di ‘sé possibili’, però, tende a venire disturbata e l’identità indebolita dalla loro moltiplicazione e, soprattutto, dalla loro autonomia rispetto al contesto esperienziale diretto o all’orizzonte culturale di riferimento dell’individuo, come avviene quando essi sono originati da una stimolazione mediale.
L’elemento unificatore di questi due aspetti della relazione tra identità e fruizione dei media è, dunque, una progressiva scissione tra i contributi offerti dal contesto mediale alla costruzione dell’identità individuale e di gruppo e lo spazio extramediale dove si colloca il vissuto degli spettatori.
Questa scissione è la caratteristica dominante delle influenze che, nella medesima direzione, vengono esercitate dai nuovi media. Accanto alla possibilità di costruire identità di gruppo motivate solo dalla presenza di flussi di comunicazione via Internet tra i loro membri e quindi totalmente ‘virtualizzati’ è soprattutto rispetto all’identità individuale che i nuovi media esercitano la loro influenza: si tratta di identità ‘pro tempore’, assunte soltanto per il tempo limitato della comunicazione mediale e che, spesso, variano al variare del gruppo di riferimento anche in relazione ad assunti fondamentali dell’identità dell’individuo (età, sesso);
si tratta di identità che, tranne nel caso della realtà virtuale (peraltro oggi quantitativamente poco significativo in termini di diffusione), sono monomediali. La propria identità, nella comunicazione in rete, finisce per costruirsi attraverso gli stessi meccanismi che definiscono quella di un personaggio letterario (di un racconto breve ad esempio) ovvero emergono solo attraverso le tracce che l’interlocutore ne vuole lasciare attraverso la parola scritta;
si tratta di identità che generano una forte polarizzazione di gruppo poiché si definiscono nella costituzione di quest’ultimo senza altri riferimenti sociali esterni. Sono, cioè, le posizioni assunte dal gruppo che definiscono l’identità dei suoi membri e, pertanto, si tratta di posizioni che tendono a essere estreme.
In termini generali, l’identità dell’individuo può essere pensata come composta da un’identità irriducibile che lo connota come individuo unico e da un’identità sociale determinata dalla sua appartenenza a uno o più gruppi sociali. Ciascuno di questi due poli è attivato in misura minore o maggiore a seconda delle situazioni e dei contesti in cui l’individuo agisce. Il contesto dei nuovi media tende a potenziare il secondo versante a discapito del primo e, soprattutto, a potenziare la definizione dell’identità legata all’appartenenza a gruppi virtuali. L’assunzione di una posizione di predominio da parte di questa ‘nuova’ identità, quindi, corrisponde al prevalere di una forma debole in quanto ‘provvisoria’ di identità.
2.3. Corporeità.
Una scissione analoga a quella osservata a proposito del tema dell’identità sembra interessare anche la dimensione della corporeità, intervenendo a divaricare l’identità biologica dal vissuto corporeo virtuale. Si tratta di una contraddizione che ha a che fare soprattutto con la tecnologia informatica e che, dunque, sembra propria delle nuove tecnologie: esse, infatti, sollecitando l’interattività dell’utente, ne coinvolgono la dimensione corporea in una serie di operazioni semplici (come l’interazione da tastiera o da mouse) o complesse (come il movimento all’interno di una simulazione di realtà virtuale). Il coinvolgimento dell’utente è tale, secondo alcuni studiosi, da fare dello spettatore uno ‘spettattore’. Eppure, tale coinvolgimento della corporeità non solo tende a dissociarsi, come abbiamo visto, dall’identità personale dell’utente, ma appare legata all’assunzione di uno statuto virtuale che, di fatto, indebolisce e talvolta nega il corpo stesso.
La virtualità della rappresentazione corporea coinvolta nei processi comunicativi informatici, sia che avvenga sotto forma di interfaccia assunta dall’utente entro un Mud (Multi User Dungeon/Multi User Dimension), cioè un game interattivo in cui possono giocare simultaneamente diversi utenti collegati in rete, sia che prenda le forme di una icona computerizzata, sembra partecipare, infatti, di quella manipolabilità continua caratterizzante le immagini-oggetto che popolano i mondi sintetici e che non sono estranee nemmeno ai modelli televisivi più vicini alle forme di personal Tv, come certe televisioni dedicate. Quelli del videoclip, del videogioco, della comunicazione in rete sono corpi simulacralizzati, il loro destino è il morphing, la deformazione, la trasformazione, la metamorfosi in altri corpi e in altre cose. Sono corpi-superfici. patinati, oppure corpi splatter (fatti a pezzi, dilaniati), come in certi fumetti horror. Sono, comunque, corpi senza identità, continuamente in transito. E sembrano essere in perfetta sintonia con altri fenomeni comunicativi extramediali che testimoniano di una concezione puramente espressiva del corpo, caratterizzati dal sogno di manipolare, cambiare ed esibire il proprio corpo, come una maschera o un vestito: dalla moda del tatuaggio al culto delle top model, dal body building al piercing, cioè alla moda di perforare le superfici del corpo con anelli o orecchini.
Dall’altra parte, a fronte di questa ampiezza, si riscontra una tendenza alla trasformazione della qualità delle interazioni comunicative. In particolare, si assiste a una enfatizzazione della pura possibilità di comunicare e a un uso prevalentemente fatico dei media (e soprattutto dei nuovi media).
Questo scenario di implicazioni antropologiche e sociali conduce ad alcune considerazioni dal punto di vista della riflessione etica legata alla comunicazione.
Se, infatti, non sembra appropriato individuare o prevedere una vera e propria mutazione antropologica, è, tuttavia, innegabile che ci troviamo di fronte a un vissuto esperienziale e a un ambiente nuovi. Inoltre, essi appaiono, alla luce di quanto si è affermato sinora, caratterizzati da flussi comunicativi sbilanciati sulla funzione fatica, in cui le occasioni di effettiva condivisione e scambio o di costruzione di quella ‘communio’ che suggerisce la radice stessa del termine comunicazione sono difficili da costruire (Comunicazione, etimologia); dove, infine, la corporeità e l’identità dell’individuo tendono a divenire sempre più labili.
Questo nuovo ambiente, considerato di per sé, sembra insomma in qualche modo negativo o fortemente riduttivo. La centralità di identità e di forme comunicative labili e scisse dal contesto esistenziale reale tende a svuotare di senso, infatti, le stesse categorie di coerenza (improponibile come un valore in un contesto in cui l’identità è mutevole), di responsabilità (svilita dalla virtualizzazione delle azioni e delle loro conseguenze) e, ancora più radicalmente, di contraddizione.
In particolare, alcuni studiosi hanno rilevato come questo contesto favorisca un agire "impulsivo e antinormativo... (grazie alla)... rimozione dalla situazione comunicativa degli elementi contestuali più rilevanti" e, quindi, come l’assenza delle norme di gruppo legate al contesto extramediale e l’isolamento-anonimato della persona che comunica sollecitino comportamenti deresponsabilizzati.
La possibilità di un approccio positivo a questo tipo di ambiente sembra, quindi, essere principalmente legata alla maturità, alla consapevolezza e al senso critico degli utenti. A questo fine è necessario non isolare né privilegiare questi circuiti comunicativi rispetto agli altri esistenti, ma piuttosto ancorarli saldamente alle forme di identità e alle esperienze relazionali e comunicative forti personali e comunitarie che persistono, accanto a essi, nel contesto sociale.
Gli elementi che caratterizzano questo nuovo ambiente, invece, sembrano offrire potenzialità interessanti se utilizzati non come punti di arrivo, ma come nuove occasioni di partenza di flussi comunicativi che li trascendano, ad esempio all’interno di occasioni di consumo caratterizzate dall’integrazione della comunicazione mediale in altri flussi comunicativi, in cui si può sviluppare un’ulteriore acquisizione di consapevolezza dei meccanismi dei media e della distinzione che li separa dalle altre forme di scambio. Inoltre, l’integrazione di altri flussi comunicativi con la comunicazione mediale consente a quest’ultima di acquisire uscendo da sé quella capacità di far progredire e crescere il senso della comunicazione che è propria solo del dialogo tra individui. Se la comunicazione interpersonale (intesa nel senso più pregnante del termine), si svolge anche attorno ai media e sui media si ha, infatti, una sorta di prolungamento in forma accrescitiva della comunicazione mediale. In questo modo vecchi e nuovi media possono offrirsi come occasioni ulteriori attorno alle quali sperimentare un giudizio di valore.
1. Referente e interlocutori: il livello semiotico
Anzitutto le nuove tecnologie determinano alcune trasformazioni essenziali nel rapporto dei media sia con il loro referente (piano semantico) sia con gli interlocutori della comunicazione di cui si fanno tramite (livello pragmatico). I nuovi media presentano, infatti, due caratteristiche legate all’evoluzione del supporto, che modificano profondamente queste due relazioni di cui è intessuto il testo: la sinteticità della produzione di immagini e l’interattività nel rapporto con l’utente.Computergrafica e realtà virtuale costituiscono il punto di rottura rispetto alla relazione tra immagine e referente istituita dalle tecnologie di rappresentazione preinformatiche, così come ipertesti e Cd-Rom impongono un ripensamento rispetto all’ipotesi di conversazione inscritta nel testo tradizionale.
1.1. Immagini di sintesi.
La differenza sostanziale tra cinema, fotografia, televisione da una parte e computergrafica e realtà virtuale dall’altra, l’evento epistemologico proposto da questi nuovi media è costituito dalla costruzione sintetica delle loro immagini; l’immagine è il prodotto di una ‘astrazione formale’, di una mediazione di modelli; è generata matematicamente e sembra quindi catturata, alle sue origini e nella sua progettazione, da un linguaggio astratto e formalizzato.
La mediazione di un modello matematico, presente nei processi di analisi e sintesi attraverso cui viene generata l’immagine, allontana i segni dai loro eventuali referenti; le immagini generate dal computer sono pertanto autoreferenziali: non rimandano a qualcosa di esterno, ma rinviano al modello che le ha generate. Ciononostante la tensione referenziale non è cancellata: l’immagine sintetica tende comunque alla ‘restituzione’ di un oggetto e i problemi della rappresentazione vi sono sempre coinvolti. Il fatto è che tale tensione cambia la propria direzione dall’esterno-superficie all’interno: ciò che la computergrafica vuole rappresentare non è tanto un oggetto che appartiene alla realtà, ma un progetto, un modello che si identifica con le sue stesse condizioni di esistenza e che ha comunque a che fare con un referente, concreto, astratto, immaginario o costruito per ipotesi.
Le strumentazioni per la costruzione e l’esplorazione di mondi virtuali consentono di fare un passo in più, dando allo spettatore la possibilità di interagire con questa immagine-oggetto, in modo immediato e naturale. Ciò che caratterizza propriamente la realtà virtuale rispetto alla computergrafica, infatti, non è tanto la sostanza delle immagini, che sono costituite dalla stessa evanescente materia elettronica i pixel ma è piuttosto la sua natura di autentico universo alternativo, vero e proprio luogo da esplorare. Non a caso le metafore più ricorrenti quando si parla di mondi virtuali sono proprio quelle dell’immersione e della navigazione, che descrivono la situazione di un utente collocato in un ambiente particolare, dotato di regole di comportamento e di una spazialità proprie. L’utente dei sistemi di realtà virtuale, infatti, è uno spettatore incluso nella rappresentazione, condotto a provare un’esperienza che lo trasporta fuori dal mondo reale. Questa tendenza è già presente in forme di rappresentazione preinformatiche, dalle pitture prospettiche del Rinascimento fino alle invenzioni, negli anni Cinquanta, del cinema stereoscopico e del Cinerama (che attraverso la proiezione su tre schermi della stessa sequenza vista da angolazioni leggermente diverse forniva allo spettatore una visuale molto più ampia dell’immagine e aumentava la sensazione di trovarsi realmente ‘all’interno’ della scena). In tutte queste situazioni, però, il ruolo dello spettatore resta sostanzialmente passivo. Il suo corpo è ‘risucchiato’ nella rappresentazione, senza che gli sia consentito alcun intervento in grado di modificare lo svolgersi delle azioni. Intervento, che, invece, con la realtà virtuale diviene possibile.
Questi sistemi, infatti, consentono di ottenere dal computer l’interpretazione delle azioni dell’utente e le conseguenti risposte in tempo reale del sistema. In questo modo i sistemi di realtà virtuale sono in grado di creare un ‘coinvolgimento multisensoriale’ dell’utente e indurre così l’impressione di trovarsi realmente presente nella scena ritratta.
1.2. Interattività.
Con l’avvento dei nuovi media, si propone con forza, sempre dal punto di vista comunicativo, anche il problema dell’ interattività, intesa come capacità del sistema di accogliere le richieste dell’utente e di soddisfarle, mettendo così in atto un forte aspetto di divergenza rispetto ai media tradizionali. L’interattività, innanzitutto, si distingue dai fenomeni di interazione comunicativa, che riguardano forme particolari di rapporti sociali tra i soggetti ed è propria anche dei rapporti di uno o più individui con un testo o con una macchina. L’interattività consiste, invece, nella imitazione (nella simulazione) dell’interazione da parte di un sistema meccanico o elettronico che contempli come suo scopo principale o collaterale anche la funzione di comunicazione con un utente o fra più utenti.
L’interazione uomo-macchina si colloca in una posizione intermedia fra la conversazione testuale di natura simbolica (immanente a ogni testo e situata nel rapporto fra i due soggetti simbolici, enunciatore ed enunciatario) e uno scambio comunicativo concreto: da una parte il rapporto utente-sistema conserva il carattere simbolico della conversazione testuale, dall’altra esso costruisce una effettiva possibilità di intervento per l’utente che partecipa attivamente al processo di produzione di senso del testo. Cambia, quindi la natura dell’enunciatore: nel caso dei testi (e dei media) tradizionali, esso coincide con un sapere e con un complesso di modalità strutturali definitivamente immagazzinate nel testo; nel caso dei testi (e dei media ) interattivi questo sapere e questo complesso di modalità sono solo in parte strutturati: prevalgono, invece, le strategie potenziali previste come opzioni possibili dal software della macchina e che vengono attualizzate attraverso le scelte di intervento operate dall’utente. Inoltre, questa interazione-conversazione non nasce solamente in relazione a un insieme di elementi di tipo cognitivo, ma anche da una vera e propria azione. Il progetto dell’enunciatore (che qui coincide con le potenzialità del sistema) è solo condizione necessaria, ma non sufficiente alla realizzazione del testo o dello scambio comunicativo. Le nuove tecnologie giocano sulla dialettica tra le possibilità offerte dal sistema e l’interazione creativa dell’utente: l’interattività dà origine a un tipo di testualità del tutto particolare. Se la testualità, intesa soprattutto nella sua versione conversativa, può essere intesa come la simulazione di un’interazione, nel caso della relazione con i nuovi media considerati in una prospettiva relazionale possiamo parlare di un’interazione che simula la testualità, richiedendo continuamente un apporto creativo all’utente, proprio mentre sembra proporgli un esercizio di semplice lettura.
Anche il soggetto enunciatario appare, quindi, costruito in maniera differente. Nell’ambito della conversazione testuale messa in atto da un audiovisivo tradizionale, la natura ‘protesica’ del ricettore (e dell’enunciatario) allude a un prolungamento simbolico dei suoi organi di senso che gli consente di entrare fantasmaticamente nell’universo del testo. Nel caso dell’interazione uomo-macchina questa manifestazione ‘protesica’ subisce un processo di valorizzazione e, nello stesso tempo, di attuazione concreta. L’interazione comporta, infatti, la presenza di un’icona attiva e attualizzata in quel luogo che definiamo come interspazio, inteso come ambito nel quale si verificano le transazioni fra l’utente e la macchina, attraverso le protesi di entrambi. In altre parole, si può dire che, a differenza della conversazione testuale, in questo caso il fenomeno di ‘protesizzazione’ non comporta solo la smaterializzazione del corpo del ricettore-utente, ma anche l’assunzione di un corpo simulacrale, che senza uscire dall’ambito del simbolico è visibile.
Con l’avvento di ipertesti e ipermedia la dimensione testuale subisce un ulteriore allargamento. Infatti, nel passaggio dal testo all’ipertesto i rinvii ad altri testi o a componenti di una supposta enciclopedia di riferimento del lettore non sono più interni al testo nella loro origine ed esterni nella loro destinazione; nell’ipertesto anche le destinazioni dei legami ipertestuali sono interne. Si tratta di legami che possono rinviare a fonti implicite o esplicite di un testo, voci esplicative di una potenziale enciclopedia di riferimento, associazioni semantiche che costituiscono una rete di interpretazione.
Si può allora affermare che nel processo di costruzione del testo, ove si vede in atto la cooperazione attiva di una matrice testuale e di un ‘lettore’, vengono riassorbite anche le dimensioni del cotesto, del paratesto e dell’ intertesto.
Il rapporto con la dimensione ipertestuale fa sì che, nell’ambito di un unico macrotesto, siano compresenti elementi cotestuali e intertestuali in un rapporto di determinazione e interpretazione reciproche.
Il rischio per l’utente di fronte a queste possibilità di recupero personalistico e di intervento cooperativo è quello della dispersione nella quantità di informazioni accessibili: quello della frustrazione di ogni tentativo di coordinamento, e quindi dell’inutilità del suo lavoro di approccio cognitivo all’offerta del mezzo, come i cartografi borghesiani stanno a dimostrare.
2. Media, New media e panorama socioculturale L’evoluzione del panorama comunicativo nell’ultimo decennio è stata contrassegnata dall’integrazione tra media tradizionali e nuove forme di comunicazione mediate dalle tecnologie informatiche e telematiche (Nuove tecnologie della comunicazione). Questo panorama, con tutte le novità che lo caratterizzano, sollecita una ripresa della riflessione sulla comunicazione mediale, soprattutto alla luce di una tendenza sempre più evidente verso la personalizzazione (ai limiti dell’individualizzazione) dei flussi comunicativi, un sempre più articolato coinvolgimento del destinatario e una apparente scomparsa delle mediazioni tradizionali.
I tre temi che metteremo a fuoco sono, dunque, i nuovi aspetti della socializzazione, le trasformazioni legate alla sfera dell’identità e le implicazioni che si manifestano al livello dell’esperienza corporea.
2.1. Socializzazione e circolazione dei flussi di sapere.
Per quanto riguarda i media elettronici tradizionali (radio e, soprattutto, televisione a carattere generalista), sembra lecito affermare che la loro stessa natura di media di flusso, cioè la loro caratteristica tecnologica e sociale di darsi come possibilità costante di comunicazione domestica istantanea, al di fuori della logica testuale forte che si concretizza nelle opere proprie degli altri sistemi espressivi (dal cinema alla stampa, libraria o periodica), accentui contemporaneamente la loro dimensione ambientale e l’effetto di realtà dei loro messaggi. In altre parole, essi finiscono, nell’uso costante e quotidiano, per costituire una porzione dell’ambiente vitale di ciascuno in cui si riflettono frammenti di realtà, certamente mediati ma comunque sperimentati.
Si tratta di una mediazione della realtà rivolta a un pubblico generalista, non fortemente segmentato, in cui convivono fasce di età differenti, categorie sociali eterogenee, ruoli sessuali e familiari molto diversi. Questa convivenza si realizza nella continua possibilità di accesso a un ambiente simbolico, comune e condiviso, che non conosce più distinzioni di tempo e di spazio, di età, di sesso, di status; sembrano saltare, in questo modo, i meccanismi spazio-temporali di esclusione o di integrazione su cui si basano le agenzie di socializzazione tradizionali. Risultano, così, purtroppo, indebolite quelle istituzioni che a partire dalla famiglia e dalla scuola si organizzano come griglie relazionali di distribuzione dei saperi e delle competenze e che, così facendo, governano e mediano l’accesso alla realtà e alla sua esperienza secondo i diversi progetti educativi che le ispirano.
In questa ottica possono essere letti, dunque, alcuni aspetti del mutamento sociale quali la sovrapposizione dei ruoli (e delle identità) maschili e femminili, la confusione tra infanzia e maturità (soprattutto nelle forme dell’adolescenza ‘lunga’), ma anche l’indebolimento delle forme tradizionali di mediazione politica (partiti e sindacati), superati dal riferimento diretto dei leader ai potenziali elettori.
I nuovi media sembrano essere caratterizzati da una dinamica diversa, seppure non molto lontana negli esiti, da quella che governa i tradizionali media elettronici: le forme di conoscenza e di relazione mediate dalle nuove tecnologie, infatti, si propongono in una veste demassificante, personalizzata, spesso interattiva. È il caso, per esempio, dello sviluppo di modelli televisivi a pagamento (Pay-per-view e Pay-Tv), della Tv via cavo, della Tv interattiva, che secondo modalità differenti tendono a trasformare il mass medium per antonomasia, la televisione, in un personal medium, retto dall’interesse e da diversi gradi di attività comunicativa dell’utente; ma è anche il caso dello sviluppo relazionale assunto recentemente dalla telematica nelle forme della comunicazione mediata dal computer (la Grande Ragnatela di Internet, la posta elettronica, ecc.).
In tutti questi esempi non è tanto l’accesso indiscriminato a un ambiente simbolico indifferenziato, quanto la natura virtuale dell’esperienza resa possibile a interessare i tradizionali meccanismi di mediazione; al proposito, due sembrano i fenomeni complementari di maggior rilievo, evidenziatisi soprattutto nell’ambito delle reti di telecomunicazione.
Il primo consiste nella re-istituzionalizzazione di alcuni soggetti intermediari, sia a carattere culturale che sociale e politico: case editrici, musei, biblioteche, sindacati, partiti politici, gruppi di opinione non si limitano a colonizzare lo spazio virtuale delle reti in modo analogo a quanto avviene nello spazio reale, rendendosi accessibili all’utente senza limitazioni di carattere territoriale o temporale, ma assumono in proprio il ruolo di mediare le informazioni, di creare connessioni con altri siti, di costituirsi come nodi di smistamento o come punti di incontro di persone, di idee, di movimenti. Il secondo fenomeno consiste in una sorta di ‘filo diretto’ con le autorità: la possibilità di un contatto individuale e personalizzato con i luoghi in cui si concentra il potere o il sapere, congiuntamente alla possibilità di assumere attivamente un ruolo paritetico in tale comunicazione, fanno assumere alle nuove tecnologie l’aspetto di una promessa di democrazia e di partecipazione diretta, priva di mediazioni o di deleghe. Le due forme sembrano, poi, convivere nell’esperienza delle reti civiche, dove a una delocalizzazione tipica della rete si affianca il riferimento a una comunità reale su base cittadina che rende possibile l’integrazione della dimensione virtuale con quella dell’esperienza diretta e dell’incontro personale.
2.2. Identità.
Al centro dei processi di socializzazione, sin qui descritti, si collocano gli individui con le loro specifiche identità, che contribuiscono a definire forme e caratteristiche dei circuiti comunicativi mediali e non mediali. Il tipo di influenza esercitata dai media sulla costruzione dell’identità è, quindi, un altro nodo cruciale dei loro effetti antropologici e sociali.
Ancora una volta essi sembrano agire nella direzione di un indebolimento dell’identità individuale e di gruppo o meglio rispondono a una sollecitazione precisa che viene loro da un contesto sociale in cui l’esperienza diretta delle persone e il contesto normativo sociale (in particolare l’ancoraggio normativo che le comunità eticamente forti e tradizionali fornivano ai contesti sociali) influiscono sempre meno sui processi di costruzione dell’identità.
La televisione, in questo senso, ha agito sin dalle sue origini come agente di socializzazione e strumento di costruzione dell’identità di gruppo capace di veicolare (ma anche di rafforzare o di trasformare) i valori che caratterizzano un certo contesto sociale in un dato momento.
Nel corso della sua evoluzione, però, si è via via allentato il legame con il contesto sociale extramediale e, soprattutto, con alcune sue connotazioni quali la condivisione da parte degli spettatori di un medesimo spazio geografico, di una medesima cultura e di medesimi riferimenti extramediali; il medium televisivo si è spinto, così, verso la costruzione di identità di gruppo trasversali rispetto agli spazi e ai luoghi.
Accanto all’influenza sulla costruzione di un’identità di gruppo avulsa da riferimenti legati al contesto esperienziale diretto, i media tradizionali influiscono anche sulla costruzione dell’identità individuale. L’esposizione mediale, infatti, tende a moltiplicare la produzione, da parte dell’individuo, di quelli che la letteratura definisce ‘sé possibili’ ovvero possibilità alternative alla propria identità attuale, proiettate nel futuro o nell’orizzonte del possibile.
Un significativo ruolo è stato svolto, in questo senso, ad esempio, dal cinema, medium che è andato configurandosi come luogo primario di elaborazione del simbolico e del vissuto, capace di fornire simboli e contenuti essenziali all’ immaginario collettivo di una cultura.
La funzione positiva svolta dall’elaborazione di ‘sé possibili’, però, tende a venire disturbata e l’identità indebolita dalla loro moltiplicazione e, soprattutto, dalla loro autonomia rispetto al contesto esperienziale diretto o all’orizzonte culturale di riferimento dell’individuo, come avviene quando essi sono originati da una stimolazione mediale.
L’elemento unificatore di questi due aspetti della relazione tra identità e fruizione dei media è, dunque, una progressiva scissione tra i contributi offerti dal contesto mediale alla costruzione dell’identità individuale e di gruppo e lo spazio extramediale dove si colloca il vissuto degli spettatori.
Questa scissione è la caratteristica dominante delle influenze che, nella medesima direzione, vengono esercitate dai nuovi media. Accanto alla possibilità di costruire identità di gruppo motivate solo dalla presenza di flussi di comunicazione via Internet tra i loro membri e quindi totalmente ‘virtualizzati’ è soprattutto rispetto all’identità individuale che i nuovi media esercitano la loro influenza: si tratta di identità ‘pro tempore’, assunte soltanto per il tempo limitato della comunicazione mediale e che, spesso, variano al variare del gruppo di riferimento anche in relazione ad assunti fondamentali dell’identità dell’individuo (età, sesso);
si tratta di identità che, tranne nel caso della realtà virtuale (peraltro oggi quantitativamente poco significativo in termini di diffusione), sono monomediali. La propria identità, nella comunicazione in rete, finisce per costruirsi attraverso gli stessi meccanismi che definiscono quella di un personaggio letterario (di un racconto breve ad esempio) ovvero emergono solo attraverso le tracce che l’interlocutore ne vuole lasciare attraverso la parola scritta;
si tratta di identità che generano una forte polarizzazione di gruppo poiché si definiscono nella costituzione di quest’ultimo senza altri riferimenti sociali esterni. Sono, cioè, le posizioni assunte dal gruppo che definiscono l’identità dei suoi membri e, pertanto, si tratta di posizioni che tendono a essere estreme.
In termini generali, l’identità dell’individuo può essere pensata come composta da un’identità irriducibile che lo connota come individuo unico e da un’identità sociale determinata dalla sua appartenenza a uno o più gruppi sociali. Ciascuno di questi due poli è attivato in misura minore o maggiore a seconda delle situazioni e dei contesti in cui l’individuo agisce. Il contesto dei nuovi media tende a potenziare il secondo versante a discapito del primo e, soprattutto, a potenziare la definizione dell’identità legata all’appartenenza a gruppi virtuali. L’assunzione di una posizione di predominio da parte di questa ‘nuova’ identità, quindi, corrisponde al prevalere di una forma debole in quanto ‘provvisoria’ di identità.
2.3. Corporeità.
Una scissione analoga a quella osservata a proposito del tema dell’identità sembra interessare anche la dimensione della corporeità, intervenendo a divaricare l’identità biologica dal vissuto corporeo virtuale. Si tratta di una contraddizione che ha a che fare soprattutto con la tecnologia informatica e che, dunque, sembra propria delle nuove tecnologie: esse, infatti, sollecitando l’interattività dell’utente, ne coinvolgono la dimensione corporea in una serie di operazioni semplici (come l’interazione da tastiera o da mouse) o complesse (come il movimento all’interno di una simulazione di realtà virtuale). Il coinvolgimento dell’utente è tale, secondo alcuni studiosi, da fare dello spettatore uno ‘spettattore’. Eppure, tale coinvolgimento della corporeità non solo tende a dissociarsi, come abbiamo visto, dall’identità personale dell’utente, ma appare legata all’assunzione di uno statuto virtuale che, di fatto, indebolisce e talvolta nega il corpo stesso.
La virtualità della rappresentazione corporea coinvolta nei processi comunicativi informatici, sia che avvenga sotto forma di interfaccia assunta dall’utente entro un Mud (Multi User Dungeon/Multi User Dimension), cioè un game interattivo in cui possono giocare simultaneamente diversi utenti collegati in rete, sia che prenda le forme di una icona computerizzata, sembra partecipare, infatti, di quella manipolabilità continua caratterizzante le immagini-oggetto che popolano i mondi sintetici e che non sono estranee nemmeno ai modelli televisivi più vicini alle forme di personal Tv, come certe televisioni dedicate. Quelli del videoclip, del videogioco, della comunicazione in rete sono corpi simulacralizzati, il loro destino è il morphing, la deformazione, la trasformazione, la metamorfosi in altri corpi e in altre cose. Sono corpi-superfici. patinati, oppure corpi splatter (fatti a pezzi, dilaniati), come in certi fumetti horror. Sono, comunque, corpi senza identità, continuamente in transito. E sembrano essere in perfetta sintonia con altri fenomeni comunicativi extramediali che testimoniano di una concezione puramente espressiva del corpo, caratterizzati dal sogno di manipolare, cambiare ed esibire il proprio corpo, come una maschera o un vestito: dalla moda del tatuaggio al culto delle top model, dal body building al piercing, cioè alla moda di perforare le superfici del corpo con anelli o orecchini.
3. Conclusioni
Volendo suggerire una sintesi di quanto detto sinora, due sembrano essere le principali emergenze. Da una parte assistiamo a un grande incremento quantitativo delle occasioni e delle forme dello scambio comunicativo mediale, mono e bidirezionale, tale da mettere l’individuo al centro di una rete di canali e di permettergli una conoscenza e una relazione sempre più ampia con contesti socioculturali diversi e anche molto lontani dalla sua esperienza immediata.Dall’altra parte, a fronte di questa ampiezza, si riscontra una tendenza alla trasformazione della qualità delle interazioni comunicative. In particolare, si assiste a una enfatizzazione della pura possibilità di comunicare e a un uso prevalentemente fatico dei media (e soprattutto dei nuovi media).
Questo scenario di implicazioni antropologiche e sociali conduce ad alcune considerazioni dal punto di vista della riflessione etica legata alla comunicazione.
Se, infatti, non sembra appropriato individuare o prevedere una vera e propria mutazione antropologica, è, tuttavia, innegabile che ci troviamo di fronte a un vissuto esperienziale e a un ambiente nuovi. Inoltre, essi appaiono, alla luce di quanto si è affermato sinora, caratterizzati da flussi comunicativi sbilanciati sulla funzione fatica, in cui le occasioni di effettiva condivisione e scambio o di costruzione di quella ‘communio’ che suggerisce la radice stessa del termine comunicazione sono difficili da costruire (Comunicazione, etimologia); dove, infine, la corporeità e l’identità dell’individuo tendono a divenire sempre più labili.
Questo nuovo ambiente, considerato di per sé, sembra insomma in qualche modo negativo o fortemente riduttivo. La centralità di identità e di forme comunicative labili e scisse dal contesto esistenziale reale tende a svuotare di senso, infatti, le stesse categorie di coerenza (improponibile come un valore in un contesto in cui l’identità è mutevole), di responsabilità (svilita dalla virtualizzazione delle azioni e delle loro conseguenze) e, ancora più radicalmente, di contraddizione.
In particolare, alcuni studiosi hanno rilevato come questo contesto favorisca un agire "impulsivo e antinormativo... (grazie alla)... rimozione dalla situazione comunicativa degli elementi contestuali più rilevanti" e, quindi, come l’assenza delle norme di gruppo legate al contesto extramediale e l’isolamento-anonimato della persona che comunica sollecitino comportamenti deresponsabilizzati.
La possibilità di un approccio positivo a questo tipo di ambiente sembra, quindi, essere principalmente legata alla maturità, alla consapevolezza e al senso critico degli utenti. A questo fine è necessario non isolare né privilegiare questi circuiti comunicativi rispetto agli altri esistenti, ma piuttosto ancorarli saldamente alle forme di identità e alle esperienze relazionali e comunicative forti personali e comunitarie che persistono, accanto a essi, nel contesto sociale.
Gli elementi che caratterizzano questo nuovo ambiente, invece, sembrano offrire potenzialità interessanti se utilizzati non come punti di arrivo, ma come nuove occasioni di partenza di flussi comunicativi che li trascendano, ad esempio all’interno di occasioni di consumo caratterizzate dall’integrazione della comunicazione mediale in altri flussi comunicativi, in cui si può sviluppare un’ulteriore acquisizione di consapevolezza dei meccanismi dei media e della distinzione che li separa dalle altre forme di scambio. Inoltre, l’integrazione di altri flussi comunicativi con la comunicazione mediale consente a quest’ultima di acquisire uscendo da sé quella capacità di far progredire e crescere il senso della comunicazione che è propria solo del dialogo tra individui. Se la comunicazione interpersonale (intesa nel senso più pregnante del termine), si svolge anche attorno ai media e sui media si ha, infatti, una sorta di prolungamento in forma accrescitiva della comunicazione mediale. In questo modo vecchi e nuovi media possono offrirsi come occasioni ulteriori attorno alle quali sperimentare un giudizio di valore.
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Bettetini Gianfranco , Comunicazione elettronica, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (09/10/2024).
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