Direttore responsabile
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Autore: Giulio Votano
Il ruolo di direttore e più in generale la funzione dirigenziale costituiscono l’elemento essenziale dell’organizzazione di una qualsiasi attività imprenditoriale, rendendosi necessario un raccordo tra la proprietà e le diverse articolazioni dell’impresa. Parallelamente, lo stesso ruolo e la stessa funzione riflettono le peculiarità proprie del procedimento produttivo dell’informazione: il direttore di qualsiasi mezzo di comunicazione sociale destinato alla informazione non è soltanto il rappresentante dell’editore, chiamato a costituire il referente della linea editoriale scelta dalla proprietà e a "impartire le direttive politiche e tecnico-professionali del lavoro redazionale" (art. 6 Contratto collettivo nazionale di lavoro dei giornalisti), esercitando i relativi poteri sul piano dei rapporti di lavoro, in particolare in materia di assunzioni, attribuzione di mansioni, licenziamenti. In tale veste, nell’esercizio dei poteri-doveri di controllo e direzione, la nomina del direttore da parte dell’editore è in qualche modo soggetta a un ‘controllo politico’ da parte dei comitati di redazione, che devono essere informati della nomina, dall’editore, quarantotto ore prima dell’insediamento e dal direttore sul suo programma politico-editoriale. Su entrambi gli argomenti i comitati esprimono un parere non vincolante (gradimento).
Il direttore, sotto altro profilo, è anche il garante dell’autonomia dell’organo di informazione e il responsabile di quanto in esso viene pubblicato. E tale responsabilità ha un rilievo non puramente interno alla organizzazione dell’impresa editoriale, ma esteso altresì alla disciplina pubblicistica e penalistica della comunicazione sociale, che richiede l’immediata imputabilità a un soggetto determinato di quanto, complessivamente, viene comunicato.
Il d.r., pertanto, costituisce una figura indispensabile alla regolarità del mezzo di comunicazione sociale sotto il profilo della normativa in materia di stampa, quale derivante dalla legge n. 47 dell’8 febbraio 1948, che all’art. 3 ne individua i requisiti.
In quanto punto di riferimento degli orientamenti e dei contenuti del medium, il direttore è investito di una responsabilità, indipendente da quella dell’autore, per il reato commesso attraverso il mezzo di informazione, con particolare riferimento al reato di diffamazione. Tale previsione di responsabilità oggettiva, relativa ai contenuti pubblicizzati, si connette alle implicazioni sociali dell’attività di comunicazione e alla necessità di individuare un soggetto che possa rispondere degli eventuali illeciti che tale attività è suscettibile potenzialmente di produrre.
La stessa responsabilità e le relative implicazioni sociali esigono che al ruolo di direttore debbano corrispondere determinate qualità personali, quali l’integrità morale, la capacità giuridica penale (ossia l’assoggettabilità al relativo procedimento e all’eventuale sanzione), le capacità professionali legate alla iscrizione nell’albo dei giornalisti.
Per quanto concerne la prima, il legislatore ha individuato nel godimento dei diritti civili e politici (l’iscrizione nelle liste elettorali, se cittadino italiano, o i requisiti per l’iscrizione, se di diversa nazionalità) un indicatore della richiesta integrità; per gli ulteriori requisiti, si sono posti alcuni problemi con riferimento ai media riferibili a movimenti e partiti politici, o ad altri organi di informazione che, per scelta editoriale o di linea informativa, ritengono di dover attribuire la funzione di direttore editoriale a un soggetto diverso dal d.r.
Sotto il profilo della capacità penale, infatti, la titolarità di un mandato elettivo parlamentare comporta la relativa immunità, che distoglie in parte l’eletto dall’assoggettamento a procedimenti; e tuttavia, in molti casi, organi di partito esigono la direzione in capo a eletti. La soluzione è prevista dalla stessa norma della legge sulla stampa, che prevede l’indicazione di un vicedirettore responsabile ove il direttore sia protetto da immunità.
Per quanto, invece, si riferisce alla iscrizione nell’albo dei professionisti, e sempre con riferimento agli organi di partiti o movimenti politici (ma la disposizione si interpreta estensivamente), è la legge professionale dei giornalisti a prevedere il requisito e a regolare in via di eccezione la direzione di un non giornalista (art. 47 l. 3 febbraio 1963, n. 69): anche in questo caso, il direttore viene affiancato da un vicedirettore professionista o pubblicista, a seconda delle dimensioni dell’organo di informazione.
Tali ultime disposizioni, tuttavia, hanno perso in parte l’incisività originaria, per le vicende sociopolitiche che hanno prodotto per un verso il riconoscimento normativo della riduzione normativa dell’ambito dell’immunità parlamentare all’esercizio dell’attività parlamentare e alle opinioni espresse in tale sede, e, per altro verso, la sempre minore rilevanza della stampa di partito, che peraltro ha comunque mostrato di preferire l’attribuzione anche formale del ruolo di direttore a personalità che fossero in grado di aggiungere, alle doti di fedeltà alla linea del partito o del movimento, la garanzia dello spessore professionale piuttosto che del carisma politico.
Il direttore, sotto altro profilo, è anche il garante dell’autonomia dell’organo di informazione e il responsabile di quanto in esso viene pubblicato. E tale responsabilità ha un rilievo non puramente interno alla organizzazione dell’impresa editoriale, ma esteso altresì alla disciplina pubblicistica e penalistica della comunicazione sociale, che richiede l’immediata imputabilità a un soggetto determinato di quanto, complessivamente, viene comunicato.
Il d.r., pertanto, costituisce una figura indispensabile alla regolarità del mezzo di comunicazione sociale sotto il profilo della normativa in materia di stampa, quale derivante dalla legge n. 47 dell’8 febbraio 1948, che all’art. 3 ne individua i requisiti.
In quanto punto di riferimento degli orientamenti e dei contenuti del medium, il direttore è investito di una responsabilità, indipendente da quella dell’autore, per il reato commesso attraverso il mezzo di informazione, con particolare riferimento al reato di diffamazione. Tale previsione di responsabilità oggettiva, relativa ai contenuti pubblicizzati, si connette alle implicazioni sociali dell’attività di comunicazione e alla necessità di individuare un soggetto che possa rispondere degli eventuali illeciti che tale attività è suscettibile potenzialmente di produrre.
La stessa responsabilità e le relative implicazioni sociali esigono che al ruolo di direttore debbano corrispondere determinate qualità personali, quali l’integrità morale, la capacità giuridica penale (ossia l’assoggettabilità al relativo procedimento e all’eventuale sanzione), le capacità professionali legate alla iscrizione nell’albo dei giornalisti.
Per quanto concerne la prima, il legislatore ha individuato nel godimento dei diritti civili e politici (l’iscrizione nelle liste elettorali, se cittadino italiano, o i requisiti per l’iscrizione, se di diversa nazionalità) un indicatore della richiesta integrità; per gli ulteriori requisiti, si sono posti alcuni problemi con riferimento ai media riferibili a movimenti e partiti politici, o ad altri organi di informazione che, per scelta editoriale o di linea informativa, ritengono di dover attribuire la funzione di direttore editoriale a un soggetto diverso dal d.r.
Sotto il profilo della capacità penale, infatti, la titolarità di un mandato elettivo parlamentare comporta la relativa immunità, che distoglie in parte l’eletto dall’assoggettamento a procedimenti; e tuttavia, in molti casi, organi di partito esigono la direzione in capo a eletti. La soluzione è prevista dalla stessa norma della legge sulla stampa, che prevede l’indicazione di un vicedirettore responsabile ove il direttore sia protetto da immunità.
Per quanto, invece, si riferisce alla iscrizione nell’albo dei professionisti, e sempre con riferimento agli organi di partiti o movimenti politici (ma la disposizione si interpreta estensivamente), è la legge professionale dei giornalisti a prevedere il requisito e a regolare in via di eccezione la direzione di un non giornalista (art. 47 l. 3 febbraio 1963, n. 69): anche in questo caso, il direttore viene affiancato da un vicedirettore professionista o pubblicista, a seconda delle dimensioni dell’organo di informazione.
Tali ultime disposizioni, tuttavia, hanno perso in parte l’incisività originaria, per le vicende sociopolitiche che hanno prodotto per un verso il riconoscimento normativo della riduzione normativa dell’ambito dell’immunità parlamentare all’esercizio dell’attività parlamentare e alle opinioni espresse in tale sede, e, per altro verso, la sempre minore rilevanza della stampa di partito, che peraltro ha comunque mostrato di preferire l’attribuzione anche formale del ruolo di direttore a personalità che fossero in grado di aggiungere, alle doti di fedeltà alla linea del partito o del movimento, la garanzia dello spessore professionale piuttosto che del carisma politico.
G. Votano
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Come citare questa voce
Votano Giulio , Direttore responsabile, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (03/12/2024).
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