Teatro e educazione
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Autore: Tadeusz Lewicki
INDICE
1. Le diverse interpretazioni del rapporto
1.1. A partire dal teatro 1.2. A partire dall’educazione2. Excursus storico
2.1. Nell’antichità greca 2.2. Nel Medioevo 2.3. A partire dal Rinascimento 2.4. Nel XIX secolo 2.5. Nell’ultimo secolo3. Un approfondimento: in Inghilterra e in Italia 4. T.e.e. nel contesto educativo attuale 5. Al cuore del rapporto: linguaggio e comunicazione
Tra teatro ed educazione c’è un rapporto antico quanto i protagonisti di questa interdipendenza, spesso nemmeno discussa perché nella comprensione comune ritenuta ovvia. La valutazione però di questo legame oggi come anche nel passato è caratterizzata da una forte dialettica che va dall’approvazione al rifiuto: da una parte l’aggettivo ‘educativo’ è attribuito spesso al teatro; dall’altra, varie sue manifestazioni vengono criticate per la loro scarsa valenza educativa o giudicate non formative e persino immorali. Tutto ciò rappresenta un primo ‘problema’ per la trattazione del nostro tema. Non è l’unico.
Il modo più diffuso di considerare questo rapporto tende a vedere il teatro in funzione educativa, subordinandolo quindi all’opera formativa. Da questa impostazione ci si deve distanziare, perché incapace di dare ragione di un rapporto che è assai più ricco e profondo. Infatti nella storia è stato spesso il teatro a prendere l’iniziativa, diventando uno stimolo per il mondo dell’educazione in genere e della scuola in particolare. Sarà così opportuno presentare anche quest’altro modo di intendere la relazione tra il teatro e il mondo educativo, dove il teatro è assunto per ciò che esso è, più che per i servizi che può rendere.
Un altro genere di difficoltà dipende dalle diverse ‘filosofie’ che nei vari contesti culturali stanno alla base dei sistemi scolastici. Laddove prevale l’educazione al sapere, il teatro viene visto e studiato come arte (nelle sue valenze letterarie ed estetiche) e come possibile fonte di conoscenza a riguardo del comportamento umano. Quando invece il sistema scolastico privilegia la praxis ed è orientato a formare capacità concrete di azione, il teatro viene utilizzato prevalentemente come strumento funzionale alla comprensione e alla sperimentazione delle varie situazioni personali e sociali.
Una terza fonte di difficoltà è rappresentata dai programmi scolastici ufficiali, per il modo in cui impostano lo studio delle materie connesse alle arti in genere, l’arte drammatica inclusa.
Tenendo conto dei diversi fattori in gioco e delle difficoltà sopra accennate, vogliamo prima documentare l’evoluzione storica della relazione teatro-educazione, per passare poi alla presentazione degli approcci attualmente più diffusi.
1.1. A partire dal teatro.
Se il legame viene interpretato privilegiando la posizione del teatro, si puntualizza l’interesse del teatro stesso, inteso come istituzione culturale-economica, parte del patrimonio culturale dell’umanità, oppure strumento di intervento socio-politico e culturale nella società. L’incontro con il mondo dell’educazione dipende dunque dalla realtà teatrale, che manifesta il suo interesse educativo ed elabora oggi come nel passato varie strategie educative, senza abbandonare le sue caratteristiche principali (in quanto azione che si colloca nella dimensione estetica, arte creativa e insieme imitativo-provocatoria nei confronti della realtà).
Tutte queste strategie e preoccupazioni possono assumere almeno tre modalità diverse:
a) costruire il pubblico. Quando c’è un nuovo teatro (un edificio appena costruito o rinnovato, oppure un nuovo gruppo teatrale sorto nel territorio o all’interno della comunità), esso ha bisogno di attirare l’attenzione della gente e dunque si impegna a formare, a costruire il suo pubblico. È un’azione di promozione e di divulgazione che si rivolge soprattutto a gruppi sociali già organizzati; nella maggioranza dei casi si organizzano incontri all’interno degli ambienti dei destinatari (per es. nelle scuole, nei gruppi giovanili, presso i circoli di anziani o le associazioni femminili ecc.), mettendo in piedi degli uffici che curano le relazioni e l’organizzazione del pubblico. Strategie simili sono state adottate durante le operazioni di decentramento teatrale (p. es. il decentramento in Francia o quello più conosciuto in Italia realizzato dal Teatro Stabile di Torino nel 1969), coinvolgendo direttamente gli artisti che durante questi incontri presentano brani dei loro spettacoli e svelano i segreti del mestiere;
b) formare il pubblico a una comprensione più vera del teatro. Questa strategia è collegata alle operazioni descritte sopra. Non ci si accontenta di avere un pubblico qualsiasi; lo si vuole competente e critico nei confronti degli spettacoli presentati. Le forme in cui più comunemente si concretizzano questi tipi di intervento sono i vari corsi di storia di teatro e di critica teatrale, organizzati per gruppi specifici: ad esempio, per gli insegnanti di letteratura, come nel caso del Teatro di Roma (Argentina) oppure per i giovani delle scuole superiori (i ‘giovani critici’), sempre a Roma, grazie all’iniziativa dei t. dell’Ente Teatrale Italiano, il Quirino e il Valle. La metodologia si basa su una stretta collaborazione tra il teatro e le scuole, grazie a particolari programmi di iniziazione teatrale dei giovani, sia sotto forma di lezioni teatrali all’interno del curricolo di letteratura (vedi l’educazione teatrale a Danzica), sia come attività di singoli club teatrali (si possono ricordare The Belgrade Theatre a Coventry o il Teatr Polski a Breslavia);
c) preparare direttamente al lavoro teatrale. In questo caso l’intervento è un vero avvio al lavoro teatrale tramite corsi di recitazione, stage e laboratori realizzati da teatri professionali per gruppi filodrammatici. Questo tipo di intervento vivacizza la cultura teatrale popolare e diventa forma di orientamento per i giovani verso un’eventuale professione teatrale. Numerosi sono gli esempi a questo riguardo e tutti si presentano come percorsi di formazione all’attività teatrale vera e propria.
1.2. A partire dall’educazione.
Se nel considerare il rapporto teatro/educazione si privilegia il punto di vista dell’educazione, il teatro diventa anzitutto una fonte di conoscenza, un arricchimento del sapere trasmesso nel sistema tradizionale della scuola, in particolare dai corsi di letteratura. Questa posizione è caratteristica nei Paesi dell’Europa continentale. Nel mondo di lingua inglese, oltre a vedere nel teatro un alleato nello studio della letteratura, la scuola attinge al ricco strumentario teatrale per migliorare la metodologia e la didattica nel processo dell’insegnamento/apprendimento.
I modi di vedere nel teatro una risorsa per la scuola possono essere dunque raggruppati attorno a due orientamenti fondamentali:
a) il teatro come testo letterario. Spesso, purtroppo, l’opera teatrale è presa in considerazione come opera letteraria e l’andare a teatro viene inteso e proposto (da entrambi le parti, sia dall’insegnante che dallo studente) come sostituzione della lettura di un testo drammatico. Tale lettura, proprio per il carattere dell’opera, esige una previa preparazione degli studenti alla forma dialogica e sollecita un lavoro di immaginazione, necessario per comprendere il fenomeno teatrale di cui il testo è solo una componente. Ad esempio, nei casi in cui il curricolo scolastico prevede lo studio della storia del teatro, un determinato spettacolo diventa funzionale alla presentazione della drammaturgia di un’epoca. A volte nelle scuole superiori si accosta anche il teatro contemporaneo; in questi casi l’andare a teatro (e di conseguenza una collaborazione più stretta con la gente di teatro) serve a far conoscere sia il processo creativo dello spettacolo, che lo spettacolo stesso;
b) il teatro come forma privilegiata di comunicazione. All’interno della preoccupazione educativa (mi riferisco agli incontri di tipo più esplicitamente educativo, le cosiddette ore di pastoral care nei sistemi anglosassoni), l’assistere a uno spettacolo teatrale può diventare fonte di ispirazione grazie ai contenuti proposti. Il teatro da questo punto di vista è realmente ‘specchio del mondo’, come afferma un detto popolare; offre un’enorme quantità di situazioni socio-etico-morali vissute dagli eroi del palcoscenico, che diventano o fonte di ispirazione per l’educatore o materia di studio e di riflessione per gli allievi. L’area etico-religiosa rappresenta l’ambito educativo più vicino e più sensibile al dialogo tra educazione e teatro. L’intero processo educativo, anche nei momenti più esplicitamente didattici, grazie al teatro può disporre di un grande numero di tecniche che agevolano sia il lavoro dell’insegnante sia le attività dello studente. L’esempio più noto a questo riguardo è dato da quell’insieme di contenuti e di didattiche chiamato in Inghilterra drama in education; mentre per l’Italia va ricordato il patrimonio oramai storico dell’animazione teatrale. Le tecniche teatrali servono soprattutto come metodi attivanti il lavoro e lo studio. Drama in education usa il termine ‘convenzioni’ per indicare le singole tecniche, che possono essere raggruppate principalmente in due grandi categorie: le convenzioni per costruire e sviluppare il ruolo e le convenzioni per la costruzione e lo sviluppo delle situazioni drammatiche.
L’excursus che segue documenta per rapidi cenni il permanere attraverso i secoli del carattere educativo del teatro.
2.1. Nell’antichità greca.
I grandi drammi dell’antichità greca possedevano una efficacia educativa sia in ambito religioso sia in quello politico-sociale. È anche grazie alle sue opere teatrali che la civiltà classica greca è diventata scuola ed esempio di democrazia. Oltre a questo carattere ‘educativo’ in senso ampio del teatro greco, conviene ricordare la forma dialogica usata nell’insegnamento e nell’educazione dei singoli, della quale i Dialoghi di Platone costituiscono l’esempio più noto. Socrate con il suo metodo maieutico, basato sul continuo dialogo con il discepolo, è un modello concreto per tutti gli educatori che oggi adoperano gli elementi del teatro nel processo didattico.
2.2. Nel Medioevo.
Nel Medioevo il teatro non solo ha conservato la sua caratteristica educativa, ma l’ha ulteriormente sviluppata, soprattutto nell’ambito dell’istruzione della fede cristiana. Le drammatizzazioni a sfondo biblico o agiografico, oltre alla loro funzione cultuale, servivano come veicoli di trasmissione del sapere (ad es., i Miracle plays, le Sacre rappresentazioni, le Laudi) ed erano, nel caso delle storie di tipo morale (ad es. Everyman), veri strumenti di formazione morale.
Le università luoghi deputati all’educazione per eccellenza fin dall’inizio sono centri attivi nella produzione teatrale e formano tanti attori, di cui non conosciamo i nomi propri, ma soltanto i nomi comuni loro attribuiti in quanto performers: vagantes, troubadours, girovaghi, minstrels ecc.).
2.3. A partire dal Rinascimento.
Durante l’epoca rinascimentale, con lo sviluppo di varie forme di studio e di insegnamento e la riscoperta del ricco patrimonio tramandato dalle antichità greco-romane, si incontrano evidenti testimonianze della vitalità del legame tra il teatro e l’educazione. D’altra parte ricordiamo che gli autori antichi venivano studiati e rappresentati soprattutto a scopo di istruzione (nel caso dei t. di corte era evidente la partecipazione dei più giovani, spesso allievi di scuole private). In particolare è in questo periodo che nascono due esempi, tra loro differenti ma entrambi significativi: il teatro nei collegi dei Gesuiti e l’oratorio di Filippo Neri.
Già nei loro primi collegi i Gesuiti adottarono il teatro come valido strumento di istruzione e di educazione. Purtroppo negli studi di storia del teatro questa esperienza viene spesso etichettata con l’aggettivo ‘moralista’. In realtà, secondo la prassi e le regole per il teatro della scuola (si veda la Ratio studiorum del 1599), il teatro oltre all’educazione morale degli studenti era finalizzato allo studio delle opere letterarie classiche; attraverso le sue tecniche preparava all’arte oratoria; nello stesso tempo favoriva l’introduzione delle lingue nazionali nell’ambito della scuola e della letteratura teatrale.
Filippo Neri invece crea l’oratorio, dà largo spazio alle attività artistiche a scopo educativo (canto e musica in particolare), adatta le forme musicali tradizionali a laudi e sacre rappresentazioni su misura della sensibilità e capacità espressiva dei suoi oratoriani, attori e insieme pubblico delle rappresentazioni, opera in spazi di tipo ludico.
Queste due tradizioni rimangono vive nella tradizione delle scuole cristiane (non solo in quelle delle corrispettive congregazioni religiose, i Gesuiti e gli Oratoriani).
2.4. Nel XIX secolo.
Nel secolo diciannovesimo troviamo un altro eccellente esempio di teatro educativo: quello nelle opere di Giovanni Bosco. Già agli inizi della sua attività educativa egli scopre il valore pedagogico del gioco, della musica e del teatro. L’educazione etico-morale rappresentava lo scopo educativo primario di ogni sua attività con i giovani e quindi anche il suo interesse per il teatro seguiva questa logica; ciò non impediva a Giovanni Bosco (come poi alla congregazione religiosa da lui fondata) di sottolineare in modo altrettanto convinto il ruolo ludico e didattico delle attività teatrali. Esse rappresentavano già nel suo primo oratorio un’alternativa serena alla vita difficile dei ragazzi, immigrati dalla campagna in città, apprendisti operai, figli degli strati più popolari della società di allora. Dal punto di vista dei contenuti il teatro dell’oratorio e della scuola salesiana rappresentava una realtà molto diversificata: dalle storie basate sulla Bibbia e sulle biografie dei santi, agli adattamenti di opere letterarie di varie epoche, a lavori scritti appositamente per questo tipo di teatro. Esistono anche degli esempi (abbozzati dallo stesso Giovanni Bosco) che avevano lo scopo di istruire il giovane pubblico, come le commedie in cui i protagonisti affrontavano i problemi connessi all’adozione delle nuove unità di misura, il sistema metrico decimale, introdotto proprio allora nel Piemonte. La formazione teatrale artistica dei ragazzi attori e tecnici includeva anche finalità pratiche come il saper parlare bene e presentarsi correttamente in pubblico, il saper cooperare nel gruppo. Infine, l’originalità del teatro salesiano sta nell’essere parte di un’attività più vasta, oratoriana, intesa come festa popolare (Bongioanni, 1990). (Educomunicazione)
2.5. Nell’ultimo secolo.
Le radici del già nominato drama in education in Gran Bretagna affondano nell’attività educativa di due pionieri dell’inizio del sec. XX: Harriett Finlay-Johnson e Henry Caldwell Cook. La Finlay-Johnson adoperava il gioco drammatico con il preciso intento didattico di agevolare l’apprendimento delle materie scolastiche di base (leggere, scrivere, fare di conto) e di aiutare la crescita personale del bambino all’interno del gruppo classe (risolvere i piccoli problemi, prendere le decisioni, organizzare il gioco con gli altri bambini). Invece Caldwell Cook, insegnante di un noto collegio a Cambridge, introdusse il metodo attivo nello studio delle opere di letteratura drammatica: l’improvvisazione e di seguito la recitazione in classe, se aiutava ad approfondire la conoscenza delle opere, apportava anche elementi di novità: la drammaturgia aiutava lo sviluppo emotivo e sociale del ragazzo.
L’attività dello psicologo Jakob Levy Moreno, pur essendosi svolta all’interno dei confini della terapia, nei decenni successivi ha influito sullo sviluppo della drama-terapia e dell’utilizzo degli elementi teatrali nelle varie forme della socioterapia.
Gli anni Trenta vedono in Europa lo sviluppo dell’istituzione scolastica, i cui programmi registrano il crescente interesse per l’arte considerata importante fattore educativo. In concreto i sistemi educativi nazionali, malgrado il loro forte condizionamento ideologico (come nel caso dei Paesi fascisti o del socialismo reale), prestano attenzione al ruolo dell’arte teatrale inserita nei curricoli scolastici nazionali a servizio della formazione del cittadino. Ci sono anche tentativi, soprattutto da parte dei pedagogisti delle Scuole Nuove, che impiegano il teatro come fattore positivo per la crescita del bambino e per la sua formazione di soggetto responsabile e creativo nella società. Ricordiamo soprattutto il pedagogo francese Celestin Freinet, i cui strumenti didattici attivanti il lavoro scolastico del bambino/ragazzo verranno poi ampiamente valorizzati (come, per esempio, in Italia da parte del Movimento Cooperazione Educativa). Nel mondo teatrale francese in quegli anni operava anche Leon Chancerel, grande propagatore del gioco drammatico nell’educazione. In Polonia, invece, ricordiamo il dottor Janusz Korczak (Henryk Goldberg) e il suo modo di servirsi del teatro nell’educazione morale del bambino.
Tra le due guerre mondiali in Italia continuava a operare la vasta rete del teatro oratoriano, sia quello salesiano sia quello promosso da altre istituzioni educative della Chiesa romano-cattolica. Il suo scopo primario era l’educazione morale; nello stesso tempo era però espressione autentica della cultura popolare.
Una particolare attenzione merita lo sviluppo del drama in education in Gran Bretagna negli anni Trenta e Quaranta. Questo periodo è dominato dall’attività educativa e teorica di Peter Slade, il grande difensore e propagatore dell’arte teatrale del bambino/ragazzo. Partendo dal gioco creativo, egli lasciava l’iniziativa al bambino-protagonista, senza avere come scopo la recitazione sul palcoscenico della scuola. Il drama doveva aiutare la crescita del bambino nella sua creatività, nella spontaneità dell’espressione, nello sperimentare la libertà di azione e nella conquista del linguaggio libero dalle limitazioni dell’adulto. Il movimento inglese è stato anche arricchito dalla presenza del coreografo e pedagogo tedesco Rudolf Laban, le cui sperimentazioni con la danza creativa e libera sono evolute fino a dare vita alla corrente della danzaterapia.
Nella scuola del dopoguerra il teatro vive, parlando in modo schematico, tre grandi periodi. Il primo è quello dall’immediato dopoguerra fino agli inizi degli anni Sessanta, quando in vari Paesi europei vengono introdotte le riforme scolastiche. Il secondo periodo è rappresentato dagli anni Settanta e Ottanta, quando da una parte il teatro trova un suo posto nella didattica e nel lavoro scolastico quotidiano e, dall’altra, nascono e si sviluppano gruppi teatrali di attori professionisti che si dedicano a una stretta collaborazione con il mondo della scuola. Il terzo periodo, gli anni Novanta, vede un ulteriore consolidamento del ruolo del teatro in ambito educativo in quanto rivolto allo sviluppo della persona del ragazzo; nello stesso tempo però, per certi aspetti, il teatro cede il posto ai media e di conseguenza all’educazione ai media. (Educomunicazione; Media Education)
L’Inghilterra degli anni post-bellici e Cinquanta vede ancora Peter Slade e la sua scuola come protagonisti del drama in education. I corsi di formazione, sia a livello universitario sia durante le cosiddette summer school, formano un notevole numero di insegnanti inglesi che adoperano gli elementi del teatro nel loro lavoro educativo quotidiano, con una particolare attenzione rivolta verso la creatività del ragazzo. Slade ha anche un grande influsso internazionale, sia nei Paesi di lingua inglese sia nei Paesi scandinavi e nei Paesi Bassi. La sua opera principale, Child drama, pubblicata nel 1954, è stata tradotta in varie lingue.
Tra i continuatori di Slade emerge Brian Way, che unisce le idee paidocentriche di Slade alla metodologia del lavoro teatrale di Stanislavskij. Il suo libro Development through drama (1967) divulga l’utilizzo dei percorsi teatrali nella classe insieme a una particolare attenzione allo sviluppo emotivo ed espressivo del ragazzo. L’apprendimento attraverso l’esperienza (living through) entra nel linguaggio quotidiano della scuola inglese.
Questa particolare conquista del teatro quale mezzo educativo per eccellenza viene rafforzata dall’attività di Richard Courtney, un educatore inglese immigrato in Canada nella prima metà degli anni Sessanta. Nel mondo relativamente giovane della formazione universitaria degli insegnanti in Canada, il teatro (sempre drama in education) secondo Courtney diventa una proposta molto seguita. I suoi libri (in modo particolare Play, drama and thought: the intellectual background to drama in education, 1968), la sua attività accademica, in Canada come in ambito internazionale (è membro dell’Istituto Internazionale del Teatro) allargano la presenza del drama nel mondo di lingua inglese.
Nel frattempo in Inghilterra, partendo dal clima di rinnovamento della scuola dopo il Rapporto Plowden (1962), la proposta Slade-Way trova nuovi riformatori nelle personalità di Dorothy Heathcote e, in seguito, di Gavin Bolton. La Heathcote, attrice professionale impiegata nella formazione didattica alla facoltà di magistero all’Università di Newcastle, riscopre le intuizioni della Finlay-Johnson di utilizzare lo strumento teatrale (drammatizzazione) nel lavoro quotidiano della scuola, nel processo di insegnamento/apprendimento. Gli elementi teatrali, i giochi drammatici, il ruolo (role-playing) diventano parti indispensabili nei progetti didattici che promuovono la interdisciplinarietà e la collaborazione tra gli insegnanti dello stesso gruppo classe. Gavin Bolton, già collaboratore di Slade, insieme con la Heathcote, danno l’inizio a una vera scuola di drama in education nelle Università di Durham e di Newcastle. Negli anni Settanta la School of Education a Durham diventa centro di formazione per gli accademici e gli insegnanti non solo della Gran Bretagna ma di tutto il mondo di lingua inglese. Il boom del drama diventa tale che solo nel Regno Unito negli anni Sessanta esistono più di trenta facoltà di educazione con il curricolo formativo per gli insegnanti di drama.
Negli stessi anni in Inghilterra la presenza educativa del teatro si sviluppa in un’altra direzione: nel 1964-65 nascono i primi gruppi teatrali, prima presso i teatri stabili, poi come compagnie indipendenti, dedicati esclusivamente all’educazione. Questi gruppi, comunemente chiamati Theatre in Education - TIE, basano il loro lavoro su una collaborazione molto stretta con gli insegnanti; sin dall’inizio il progetto teatrale prevede l’inserimento dei ragazzi nella creazione dello spettacolo e un processo di carattere interdisciplinare.
In Italia, alla fine degli anni Sessanta, nasce il fenomeno dell’animazione teatrale, prima nell’ambito della scuola, poi nel sociale, per diventare, negli anni Ottanta e fino a oggi, una vera galassia di gruppi di teatro per i ragazzi, per l’infanzia e gruppi di ricerca. Dal punto di vista storico l’animazione teatrale incomincia con l’attività di due insegnanti della scuola di Beinasco (To) nel 1967; Sergio Liberovici e Remo Rostagno con una classe realizzano un percorso, esteso nel tempo, di varie attività didattiche concluse poi con una presentazione pubblica sia dei materiali elaborati dai ragazzi sia delle scene recitate, create nel corso dell’attività. La loro opera è radicata nella oramai decennale attività del Movimento Cooperazione Educativa ispirato dall’opera educativa del pedagogo francese Celestin Freinet. Nello stesso periodo (1968-69) il Teatro Stabile di Torino inizia e poi conduce l’operazione di decentramento (seguendo l’esempio francese) con lo scopo di avvicinare il teatro alla popolazione multiculturale di una città industriale come Torino, dove evidenti sono i segni del grande boom economico italiano. Il dinamico sviluppo dell’animazione teatrale e del decentramento teatrale sono presenti soprattutto nel nord d’Italia e nel centro (piuttosto limitato invece a Roma). Le caratteristiche principali ricordano quelle dei movimenti inglesi: l’idea di fare dell’arte (quella teatrale in modo particolare) uno strumento di sviluppo e di crescita del ragazzo; la volontà politica di creare una nuova cultura popolare partendo dalla scuola; l’esplorazione di nuovi linguaggi di comunicazione per aiutare uno sviluppo libero, espressivo e socialmente responsabile (coinvolto) del ragazzo. Nasce anche una nuova professione sociale e culturale, quella di animatore. Accanto ai teatri stabili e alle compagnie teatrali professionali, nascono anche i primi gruppi teatrali radicati nell’animazione e orientati verso la cultura teatrale della scuola.
Negli altri Paesi dell’Europa (specialmente in Francia e in Belgio) il rapporto tra il teatro e la scuola possedeva caratteristiche simili, anche se la presenza del teatro nella scuola si sviluppava all’interno dei curricoli con modalità differenti, dovute anzitutto alle diversità filosofico-politico dell’impostazione della scuola.
Nella seconda metà degli anni Ottanta in vari Paesi d’Europa vengono introdotti i nuovi curricoli scolastici come, per esempio, il National Curriculum in Inghilterra nel 1989 o in Italia, nel 1979, i programmi per la scuola media, nel 1985 i programmi per la scuola primaria, e infine quelli per la scuola materna nel 1990. La prima constatazione è che al teatro sia come componente del sapere generale da acquisire sia come aiuto didattico viene riconosciuto uno spazio all’interno dei curricoli. Nel caso delle scuole superiori esso è visto come parte di uno studio della letteratura più aperto, così come avviene nella maggior parte dei Paesi dell’Europa centrale. In Italia le attività ludico-espressive (eredità dell’animazione teatrale) fanno parte dell’educazione psicomotoria e dell’educazione ai nuovi linguaggi (nella scuola materna e primaria). Le attività teatrali (il teatro nella scuola) vengono consigliate come attività extracurricolari. Viene anche consigliata la partecipazione a spettacoli teatrali, ma piuttosto in connessione allo studio della letteratura drammatica. In Francia la conoscenza dell’arte drammatica ottiene perfino lo status di una delle materie alternative dell’esame finale delle scuole superiori, il baccalauréat.
In Gran Bretagna il teatro ha avuto un trattamento diverso: nonostante la gloriosa storia precedente e la proposta presentata da molti educatori, nel National Curriculum, il drama in education non è diventato una materia scolastica a se stante, ma è rimasto attività in connessione con le materie principali (cosiddetti core subjects), in continuità con la sua prevalente tradizione didattica. Tutta una serie di convegni di protesta e di pubblicazioni nel mondo del drama anglosassone hanno provocato la costituzione di una commissione ministeriale che ha preparato, e quindi pubblicato nella forma di ‘manifesto’, il quadro del collocamento del teatro e del drama nel National Curriculum (1991). Brevemente, la presenza del teatro/drama nel National Curriculum degli anni Novanta nel sistema educativo britannico potrebbe essere definita ‘trasversale’: pur appartenendo essenzialmente all’area degli studi della lingua e della letteratura inglese, il teatro, attraverso progetti interdisciplinari (cross-curricolari), trova un suo posto anche nelle altre materie, soprattutto come contesto e metodo di studio. Il National Curriculum rivisto e corretto, pubblicato nel 1996 e ri-pubblicato nel 2000, conferma l’importanza del teatro per l’educazione britannica.
L’arrivo di una nuova disciplina, l’educazione ai media sembrerebbe spostare la funzione educativa del teatro in secondo piano, ma in realtà non è così. Gli interventi legislativi (come il già citato National Curriculum in Inghilterra o, in Italia, il Protocollo d’intesa relativo all’educazione al teatro del 1995 e il Protocollo d’intesa per l’educazione alle discipline dello spettacolo del 1997) riconoscono una forte presenza del teatro nell’istituzione educativa e assicurano un ulteriore sviluppo del legame tra il teatro e un’educazione sempre più attenta alla formazione della persona umana, soggetto responsabile che vive in una società caratterizzata da una intensificata comunicazione mediale.
Il mondo della scuola, specialmente il settore letterario-storico, confrontandosi con l’offerta teatrale (intesa sia come testi drammatici sia come eventi teatrali e spettacoli), si domanda quali siano i vantaggi per l’attività didattica stessa e per l’incremento del sapere degli studenti; invece l’educatore in generale si interessa alla valenza del teatro nell’educazione per lo sviluppo personale dei ragazzi (sviluppo creativo, artistico, etico-morale, linguistico, fisico) e per il loro sviluppo sociale (conoscenza della società, lavoro di gruppo, patrimonio culturale).
La grande maggioranza delle esperienze attuali, descritte nelle ricerche, può essere raggruppata attorno a quattro poli: 1) l’educazione al teatro, 2) l’educazione dal teatro, 3) l’educazione in teatro, 4) l’educazione attraverso il teatro. In questo modo le preposizioni possono servirci per individuare meglio, studiare e caratterizzare il rapporto possibile tra il teatro, con i suoi elementi, e l’educazione o, più specificamente, la scuola. La distinzione attraverso le preposizioni può aiutarci anche a individuare gli scopi educativi che emergono dal rapporto tra teatro ed educazione e a precisare chi vogliamo educare grazie a quel rapporto:
1) il cultore, il conoscitore, l’amante, il frequentatore dell’arte e della letteratura teatrale-drammatica;
2) l’animatore della vita culturale-teatrale comunitaria;
3) l’attore filodrammatico, il buon comunicatore o, infine,
4) l’uomo capace di comunicare nella vita quotidiana, responsabile delle proprie azioni e della propria convivenza nella comunità.
Le preposizioni ‘al’ teatro e ‘dal’ teatro: queste due modalità partono dal rapporto che ha il giovane fruitore con il prodotto, con lo spettacolo offertogli dal teatro professionale. La distinzione, invece, consiste nella diversità degli scopi educativi: nel primo caso si vuole formare un cultore, un conoscitore dell’arte teatrale; nel secondo, attraverso lo studio dei contenuti delle opere drammaturgiche rivissute durante lo spettacolo, si vuole formare la personalità del ragazzo.
Soprattutto all’interno dei curricoli di studio delle lingue e della letteratura si dedicano spazi alla conoscenza e allo studio delle opere drammatiche; i testi degli autori classici e moderni vengono studiati dal punto di vista del contenuto (in quanto specchio della società, attraverso le caratteristiche dei personaggi) e anche dal punto di vista linguistico-strutturale (lo sviluppo della lingua, la ricchezza dei vocabolari, le diversità dialettali e le strutture discorsivo-narrative). L’estensione di questo interesse per i testi varia secondo le impostazioni dei curricoli nazionali. Generalmente i curricoli includono le opere del teatro classico greco, in misura minore quelle del teatro romano e poi le opere degli autori riconosciuti come classici della letteratura mondiale: Shakespeare, Molière, Calderon de la Barca, Goethe, Ibsen, Cechov, Brecht, Beckett, per ricordare i nomi più comuni. La visione dello spettacolo può essere preceduta, dunque, da uno studio preparatorio che a seconda dei casi include sia il testo dell’opera con tutte le implicazioni possibili, sia la persona dell’autore o il contesto in cui si colloca il dramma. A quanto risulta, le lezioni più frequenti sono quelle successive allo spettacolo che si concentrano sull’analisi e sul ricordo dello spettacolo. Vi sono sistemi educativi che prevedono lo studio di un vasto spettro della letteratura teatrale di Paesi diversi (ad esempio, il curricolo della lingua e letteratura italiana) e vi sono curricoli più concentrati sulla letteratura del proprio cerchio linguistico (si vedano i programmi della scuola inglese dove domina lo studio di Shakespeare e degli altri autori di lingua inglese, anche nel caso della letteratura contemporanea).
L’altra area di interesse da parte dell’educazione guarda allo spettacolo inteso come produzione artistica e come fenomeno culturale. Si può dire che questo interesse è nato con le riforme dei sistemi scolastici degli anni Sessanta. Lo spettacolo teatrale è stato valorizzato non solo come realizzazione di un testo letterario, ma anche come dimostrazione artistica di forme differenti in cui si attua la comunicazione umana (sottolineando la dimensione non-verbale, espressiva). Proprio in questo periodo è nata una più stretta collaborazione tra il teatro e la scuola (gli spettacoli offerti per la scuola, le matinée dedicate alle opere studiate a scuola). Sempre allora vennero introdotti gli studi sul teatro come istituzione e sullo spettacolo come opera di varie professioni artistiche. Tutto ciò comunque faceva ancora parte dei curricoli di lingua e di letteratura.
L’educazione ‘in’ teatro raggruppa tutte le esperienze che si basano sull’attività teatrale, intesa specialmente come teatro della scuola o teatro comunitario. Si aiutano i ragazzi a conoscere il mestiere teatrale, a crescere culturalmente per poter diventare animatori della vita sociale, culturale, teatrale nelle proprie comunità di appartenenza. Una volta questo modo di convivere con il teatro veniva chiamato filodrammatica o il teatro amatoriale. Qui ricordiamo l’enorme esperienza del teatro oratoriano, dell’animazione teatrale, del teatro dei ragazzi. La fine del Millennio ha visto fiorire nelle scuole italiane questo tipo di attività, che si manifesta attraverso molti spettacoli offerti al pubblico della scuola e del territorio. Un fenomeno in espansione sono anche le rassegne del teatro dei ragazzi di vario tipo: a carattere generale, tematiche, limitate allo stretto territorio della scuola o del distretto scolastico, regionali e nazionali. Tutto questo teatro della scuola spesso viene realizzato in collaborazione con professionisti di vari gruppi teatrali di ricerca e per l’infanzia. Importante è la metodologia di partenariato tra la scuola e il gruppo del teatro professionale.
E, infine, l’educazione ‘attraverso’ il teatro. Di questo si è già discusso parlando delle forme più orientate alla conoscenza dei linguaggi espressivi all’interno dell’animazione teatrale e in tutta l’esperienza del drama in education di provenienza anglosassone. Le metodologie qui raggruppate presentano un notevole interesse per il lavoro teatrale inteso come veicolo di approfondimento e di ricerca, oltre che come fattore di sviluppo personale e sociale. Questo orientamento nasce grazie all’attenzione paidocentrica manifestata dalle istituzioni educative negli anni Sessanta, quando il lavoro teatrale del bambino-ragazzo-adolescente è stato accolto e apprezzato dalla scuola. Si sono aperti nuovi spazi negli orari scolastici, soprattutto nei progetti di scuola a tempo pieno. Il teatro, o il gioco teatrale nella classe, non finalizzato a uno spettacolo pubblico, è diventato un fattore educativo funzionale alla creatività, all’immaginazione e all’estetica. Si sottolinea l’efficacia socializzante del lavoro teatrale in équipe e la sua metodologia di ricerca, che unisce la dimensione del sapere con quella del fare (dal teatro dell’avanguardia viene adottata la parola ‘laboratorio’ o workshop per caratterizzare questo tipo di approccio al teatro in quanto strumento didattico).
La prima caratteristica è la significativa preoccupazione linguistica che sta alla base delle attività teatrali nella classe, nella scuola. Gli educatori, superando il modo tradizionale di vedere nel teatro solo un aiuto per lo studio della letteratura, si sono impegnati di più a far scoprire, conoscere ed esplorare la ricchezza dei linguaggi teatrali: da quello più tradizionale, il linguaggio verbale, attraverso tutta la gamma di linguaggi espressivi, corporei, fino ai linguaggi complementari, ma altrettanto importanti per il teatro, cioè quello della messa in scena e del sonoro. Nella maggior parte delle esperienze odierne ‘fare’ teatro nella classe significa imparare modi nuovi di comunicare con gli altri, scoprendo così quanto sia vasta la gamma delle comunicazioni verbali e non verbali.
La seconda grande caratteristica riguarda la volontà sociale e politica di costruire la cultura del proprio ambiente, del proprio territorio, della comunità e fare di questa attività culturale un antidoto contro la cultura della comunicazione di massa, omogeneizzante, che passa attraverso i canali delle comunicazione industriali e commerciali.
Le varie forme di educazione teatrale hanno sottolineato l’importanza di due relazioni fondamentali nel processo educativo: quella tra l’insegnante e il ragazzo, e quella tra il ragazzo e un altro ragazzo del gruppo classe. La comunicazione teatrale non ha bisogno del pubblico inteso in termini tradizionali; per un ragazzo che gioca teatralmente sono proprio l’insegnante o l’altro ragazzo a costituire quel pubblico nucleare necessario per l’esistenza del processo comunicativo. L’attività teatrale è vista come un’occasione straordinaria per agevolare la comunicazione e arricchirla con nuovi linguaggi.
L’ultima caratteristica della valenza comunicativa del teatro nell’educazione è la sua crescente presenza nei curricoli scolastici, intesa come grande aiuto didattico, interdisciplinare e cross-curricolare. Non si tratta di creare un’altra disciplina scolastica, ma piuttosto di promuovere un nuovo ambiente di studio, favorevole alla natura creativa, curiosa e spontanea del ragazzo, che lo aiuti a manifestare la sua natura e a crescere umanamente.
Infine vanno menzionate le associazioni internazionali che promuovono le ricerche e gli scambi internazionali nel mondo del teatro nell’educazione.
La prima è l’ormai storica Assitej - Association Internationale du Théaˆtre pour l’Enfance et la Jeunesse, nata a Parigi nel 1965 per iniziativa del pedagogo teatrale francese, Leon Chancerel. Essa lavora in stretta collaborazione con l’Unesco ed è presente in circa settanta paesi con le Assitej nazionali; la sezione italiana si chiama ATIG - Associazione Teatro Infanzia e Gioventù e ha sede a Lecco. La più nota tra le sue attività sono i congressi internazionali triennali collegati a un festival internazionale del teatro per i ragazzi e la gioventù.
Nel 1992, a Oporto, è nata l’IDEA - International Drama in Education Association, che nel nuovo clima politico degli anni Novanta ha radunato gli educatori teatrali di quasi cento Paesi; in particolare in Italia, nel 1994, è nata l’AGITA - Associazione per la Promozione e la Ricerca della Cultura Teatrale nella Scuola e nel Sociale. L’IDEA organizza congressi internazionali biennali portando avanti soprattutto ricerche interdisciplinari orientate più verso la presenza del teatro nell’educazione che verso la produzione teatrale per i ragazzi. L’attività di ricerca ha dato vita a incontri regolari biennali a carattere internazionale (uno negli USA, presso l’Ohio State University, l’altro all’Università di Exeter in Inghilterra).
Il modo più diffuso di considerare questo rapporto tende a vedere il teatro in funzione educativa, subordinandolo quindi all’opera formativa. Da questa impostazione ci si deve distanziare, perché incapace di dare ragione di un rapporto che è assai più ricco e profondo. Infatti nella storia è stato spesso il teatro a prendere l’iniziativa, diventando uno stimolo per il mondo dell’educazione in genere e della scuola in particolare. Sarà così opportuno presentare anche quest’altro modo di intendere la relazione tra il teatro e il mondo educativo, dove il teatro è assunto per ciò che esso è, più che per i servizi che può rendere.
Un altro genere di difficoltà dipende dalle diverse ‘filosofie’ che nei vari contesti culturali stanno alla base dei sistemi scolastici. Laddove prevale l’educazione al sapere, il teatro viene visto e studiato come arte (nelle sue valenze letterarie ed estetiche) e come possibile fonte di conoscenza a riguardo del comportamento umano. Quando invece il sistema scolastico privilegia la praxis ed è orientato a formare capacità concrete di azione, il teatro viene utilizzato prevalentemente come strumento funzionale alla comprensione e alla sperimentazione delle varie situazioni personali e sociali.
Una terza fonte di difficoltà è rappresentata dai programmi scolastici ufficiali, per il modo in cui impostano lo studio delle materie connesse alle arti in genere, l’arte drammatica inclusa.
Tenendo conto dei diversi fattori in gioco e delle difficoltà sopra accennate, vogliamo prima documentare l’evoluzione storica della relazione teatro-educazione, per passare poi alla presentazione degli approcci attualmente più diffusi.
1. Le diverse interpretazioni del rapporto
L’interpretazione del rapporto cambia a seconda che si privilegi come punto di riferimento il teatro o la scuola.1.1. A partire dal teatro.
Se il legame viene interpretato privilegiando la posizione del teatro, si puntualizza l’interesse del teatro stesso, inteso come istituzione culturale-economica, parte del patrimonio culturale dell’umanità, oppure strumento di intervento socio-politico e culturale nella società. L’incontro con il mondo dell’educazione dipende dunque dalla realtà teatrale, che manifesta il suo interesse educativo ed elabora oggi come nel passato varie strategie educative, senza abbandonare le sue caratteristiche principali (in quanto azione che si colloca nella dimensione estetica, arte creativa e insieme imitativo-provocatoria nei confronti della realtà).
Tutte queste strategie e preoccupazioni possono assumere almeno tre modalità diverse:
a) costruire il pubblico. Quando c’è un nuovo teatro (un edificio appena costruito o rinnovato, oppure un nuovo gruppo teatrale sorto nel territorio o all’interno della comunità), esso ha bisogno di attirare l’attenzione della gente e dunque si impegna a formare, a costruire il suo pubblico. È un’azione di promozione e di divulgazione che si rivolge soprattutto a gruppi sociali già organizzati; nella maggioranza dei casi si organizzano incontri all’interno degli ambienti dei destinatari (per es. nelle scuole, nei gruppi giovanili, presso i circoli di anziani o le associazioni femminili ecc.), mettendo in piedi degli uffici che curano le relazioni e l’organizzazione del pubblico. Strategie simili sono state adottate durante le operazioni di decentramento teatrale (p. es. il decentramento in Francia o quello più conosciuto in Italia realizzato dal Teatro Stabile di Torino nel 1969), coinvolgendo direttamente gli artisti che durante questi incontri presentano brani dei loro spettacoli e svelano i segreti del mestiere;
b) formare il pubblico a una comprensione più vera del teatro. Questa strategia è collegata alle operazioni descritte sopra. Non ci si accontenta di avere un pubblico qualsiasi; lo si vuole competente e critico nei confronti degli spettacoli presentati. Le forme in cui più comunemente si concretizzano questi tipi di intervento sono i vari corsi di storia di teatro e di critica teatrale, organizzati per gruppi specifici: ad esempio, per gli insegnanti di letteratura, come nel caso del Teatro di Roma (Argentina) oppure per i giovani delle scuole superiori (i ‘giovani critici’), sempre a Roma, grazie all’iniziativa dei t. dell’Ente Teatrale Italiano, il Quirino e il Valle. La metodologia si basa su una stretta collaborazione tra il teatro e le scuole, grazie a particolari programmi di iniziazione teatrale dei giovani, sia sotto forma di lezioni teatrali all’interno del curricolo di letteratura (vedi l’educazione teatrale a Danzica), sia come attività di singoli club teatrali (si possono ricordare The Belgrade Theatre a Coventry o il Teatr Polski a Breslavia);
c) preparare direttamente al lavoro teatrale. In questo caso l’intervento è un vero avvio al lavoro teatrale tramite corsi di recitazione, stage e laboratori realizzati da teatri professionali per gruppi filodrammatici. Questo tipo di intervento vivacizza la cultura teatrale popolare e diventa forma di orientamento per i giovani verso un’eventuale professione teatrale. Numerosi sono gli esempi a questo riguardo e tutti si presentano come percorsi di formazione all’attività teatrale vera e propria.
1.2. A partire dall’educazione.
Se nel considerare il rapporto teatro/educazione si privilegia il punto di vista dell’educazione, il teatro diventa anzitutto una fonte di conoscenza, un arricchimento del sapere trasmesso nel sistema tradizionale della scuola, in particolare dai corsi di letteratura. Questa posizione è caratteristica nei Paesi dell’Europa continentale. Nel mondo di lingua inglese, oltre a vedere nel teatro un alleato nello studio della letteratura, la scuola attinge al ricco strumentario teatrale per migliorare la metodologia e la didattica nel processo dell’insegnamento/apprendimento.
I modi di vedere nel teatro una risorsa per la scuola possono essere dunque raggruppati attorno a due orientamenti fondamentali:
a) il teatro come testo letterario. Spesso, purtroppo, l’opera teatrale è presa in considerazione come opera letteraria e l’andare a teatro viene inteso e proposto (da entrambi le parti, sia dall’insegnante che dallo studente) come sostituzione della lettura di un testo drammatico. Tale lettura, proprio per il carattere dell’opera, esige una previa preparazione degli studenti alla forma dialogica e sollecita un lavoro di immaginazione, necessario per comprendere il fenomeno teatrale di cui il testo è solo una componente. Ad esempio, nei casi in cui il curricolo scolastico prevede lo studio della storia del teatro, un determinato spettacolo diventa funzionale alla presentazione della drammaturgia di un’epoca. A volte nelle scuole superiori si accosta anche il teatro contemporaneo; in questi casi l’andare a teatro (e di conseguenza una collaborazione più stretta con la gente di teatro) serve a far conoscere sia il processo creativo dello spettacolo, che lo spettacolo stesso;
b) il teatro come forma privilegiata di comunicazione. All’interno della preoccupazione educativa (mi riferisco agli incontri di tipo più esplicitamente educativo, le cosiddette ore di pastoral care nei sistemi anglosassoni), l’assistere a uno spettacolo teatrale può diventare fonte di ispirazione grazie ai contenuti proposti. Il teatro da questo punto di vista è realmente ‘specchio del mondo’, come afferma un detto popolare; offre un’enorme quantità di situazioni socio-etico-morali vissute dagli eroi del palcoscenico, che diventano o fonte di ispirazione per l’educatore o materia di studio e di riflessione per gli allievi. L’area etico-religiosa rappresenta l’ambito educativo più vicino e più sensibile al dialogo tra educazione e teatro. L’intero processo educativo, anche nei momenti più esplicitamente didattici, grazie al teatro può disporre di un grande numero di tecniche che agevolano sia il lavoro dell’insegnante sia le attività dello studente. L’esempio più noto a questo riguardo è dato da quell’insieme di contenuti e di didattiche chiamato in Inghilterra drama in education; mentre per l’Italia va ricordato il patrimonio oramai storico dell’animazione teatrale. Le tecniche teatrali servono soprattutto come metodi attivanti il lavoro e lo studio. Drama in education usa il termine ‘convenzioni’ per indicare le singole tecniche, che possono essere raggruppate principalmente in due grandi categorie: le convenzioni per costruire e sviluppare il ruolo e le convenzioni per la costruzione e lo sviluppo delle situazioni drammatiche.
2. Excursus storico
Le ricerche più recenti sull’origine del teatro sottolineano l’evidente carattere educativo delle sue forme primordiali (si vedano le ricerche condotte nell’ambito dell’antropologia teatrale da Richard Schechner, oppure quelle di Victor Turner o l’opinione di John Brown Russell). La performance primitiva, oltre ad avere una valenza rituale-religiosa, trasmetteva delle credenze, narrava delle storie e, soprattutto nel caso delle iniziazioni, forniva elementi fondamentali per la formazione personale e sociale. Lo sviluppo delle performance attraverso le vicende dell’umanità (si vedano le teorie della performance secondo Marvin Carlson) non ha prodotto solo il teatro artistico e i riti sociali; seguendo questa lunga evoluzione si constata la fondatezza dell’opinione comune menzionata all’inizio, che il teatro cioè, per sua natura, è educativo. Nel nostro secolo, ad esempio, i grandi riformatori del teatro (K. S. Stanislavskij, V. Meyerhol’d, B. Brecht, J. Grotowski, P. Brook, per fare solo alcuni nomi) hanno mostrato e mostrano una grande attenzione verso il carattere educativo-formativo delle loro proposte teatrali.L’excursus che segue documenta per rapidi cenni il permanere attraverso i secoli del carattere educativo del teatro.
2.1. Nell’antichità greca.
I grandi drammi dell’antichità greca possedevano una efficacia educativa sia in ambito religioso sia in quello politico-sociale. È anche grazie alle sue opere teatrali che la civiltà classica greca è diventata scuola ed esempio di democrazia. Oltre a questo carattere ‘educativo’ in senso ampio del teatro greco, conviene ricordare la forma dialogica usata nell’insegnamento e nell’educazione dei singoli, della quale i Dialoghi di Platone costituiscono l’esempio più noto. Socrate con il suo metodo maieutico, basato sul continuo dialogo con il discepolo, è un modello concreto per tutti gli educatori che oggi adoperano gli elementi del teatro nel processo didattico.
2.2. Nel Medioevo.
Nel Medioevo il teatro non solo ha conservato la sua caratteristica educativa, ma l’ha ulteriormente sviluppata, soprattutto nell’ambito dell’istruzione della fede cristiana. Le drammatizzazioni a sfondo biblico o agiografico, oltre alla loro funzione cultuale, servivano come veicoli di trasmissione del sapere (ad es., i Miracle plays, le Sacre rappresentazioni, le Laudi) ed erano, nel caso delle storie di tipo morale (ad es. Everyman), veri strumenti di formazione morale.
Le università luoghi deputati all’educazione per eccellenza fin dall’inizio sono centri attivi nella produzione teatrale e formano tanti attori, di cui non conosciamo i nomi propri, ma soltanto i nomi comuni loro attribuiti in quanto performers: vagantes, troubadours, girovaghi, minstrels ecc.).
2.3. A partire dal Rinascimento.
Durante l’epoca rinascimentale, con lo sviluppo di varie forme di studio e di insegnamento e la riscoperta del ricco patrimonio tramandato dalle antichità greco-romane, si incontrano evidenti testimonianze della vitalità del legame tra il teatro e l’educazione. D’altra parte ricordiamo che gli autori antichi venivano studiati e rappresentati soprattutto a scopo di istruzione (nel caso dei t. di corte era evidente la partecipazione dei più giovani, spesso allievi di scuole private). In particolare è in questo periodo che nascono due esempi, tra loro differenti ma entrambi significativi: il teatro nei collegi dei Gesuiti e l’oratorio di Filippo Neri.
Già nei loro primi collegi i Gesuiti adottarono il teatro come valido strumento di istruzione e di educazione. Purtroppo negli studi di storia del teatro questa esperienza viene spesso etichettata con l’aggettivo ‘moralista’. In realtà, secondo la prassi e le regole per il teatro della scuola (si veda la Ratio studiorum del 1599), il teatro oltre all’educazione morale degli studenti era finalizzato allo studio delle opere letterarie classiche; attraverso le sue tecniche preparava all’arte oratoria; nello stesso tempo favoriva l’introduzione delle lingue nazionali nell’ambito della scuola e della letteratura teatrale.
Filippo Neri invece crea l’oratorio, dà largo spazio alle attività artistiche a scopo educativo (canto e musica in particolare), adatta le forme musicali tradizionali a laudi e sacre rappresentazioni su misura della sensibilità e capacità espressiva dei suoi oratoriani, attori e insieme pubblico delle rappresentazioni, opera in spazi di tipo ludico.
Queste due tradizioni rimangono vive nella tradizione delle scuole cristiane (non solo in quelle delle corrispettive congregazioni religiose, i Gesuiti e gli Oratoriani).
2.4. Nel XIX secolo.
Nel secolo diciannovesimo troviamo un altro eccellente esempio di teatro educativo: quello nelle opere di Giovanni Bosco. Già agli inizi della sua attività educativa egli scopre il valore pedagogico del gioco, della musica e del teatro. L’educazione etico-morale rappresentava lo scopo educativo primario di ogni sua attività con i giovani e quindi anche il suo interesse per il teatro seguiva questa logica; ciò non impediva a Giovanni Bosco (come poi alla congregazione religiosa da lui fondata) di sottolineare in modo altrettanto convinto il ruolo ludico e didattico delle attività teatrali. Esse rappresentavano già nel suo primo oratorio un’alternativa serena alla vita difficile dei ragazzi, immigrati dalla campagna in città, apprendisti operai, figli degli strati più popolari della società di allora. Dal punto di vista dei contenuti il teatro dell’oratorio e della scuola salesiana rappresentava una realtà molto diversificata: dalle storie basate sulla Bibbia e sulle biografie dei santi, agli adattamenti di opere letterarie di varie epoche, a lavori scritti appositamente per questo tipo di teatro. Esistono anche degli esempi (abbozzati dallo stesso Giovanni Bosco) che avevano lo scopo di istruire il giovane pubblico, come le commedie in cui i protagonisti affrontavano i problemi connessi all’adozione delle nuove unità di misura, il sistema metrico decimale, introdotto proprio allora nel Piemonte. La formazione teatrale artistica dei ragazzi attori e tecnici includeva anche finalità pratiche come il saper parlare bene e presentarsi correttamente in pubblico, il saper cooperare nel gruppo. Infine, l’originalità del teatro salesiano sta nell’essere parte di un’attività più vasta, oratoriana, intesa come festa popolare (Bongioanni, 1990). (Educomunicazione)
2.5. Nell’ultimo secolo.
Le radici del già nominato drama in education in Gran Bretagna affondano nell’attività educativa di due pionieri dell’inizio del sec. XX: Harriett Finlay-Johnson e Henry Caldwell Cook. La Finlay-Johnson adoperava il gioco drammatico con il preciso intento didattico di agevolare l’apprendimento delle materie scolastiche di base (leggere, scrivere, fare di conto) e di aiutare la crescita personale del bambino all’interno del gruppo classe (risolvere i piccoli problemi, prendere le decisioni, organizzare il gioco con gli altri bambini). Invece Caldwell Cook, insegnante di un noto collegio a Cambridge, introdusse il metodo attivo nello studio delle opere di letteratura drammatica: l’improvvisazione e di seguito la recitazione in classe, se aiutava ad approfondire la conoscenza delle opere, apportava anche elementi di novità: la drammaturgia aiutava lo sviluppo emotivo e sociale del ragazzo.
L’attività dello psicologo Jakob Levy Moreno, pur essendosi svolta all’interno dei confini della terapia, nei decenni successivi ha influito sullo sviluppo della drama-terapia e dell’utilizzo degli elementi teatrali nelle varie forme della socioterapia.
Gli anni Trenta vedono in Europa lo sviluppo dell’istituzione scolastica, i cui programmi registrano il crescente interesse per l’arte considerata importante fattore educativo. In concreto i sistemi educativi nazionali, malgrado il loro forte condizionamento ideologico (come nel caso dei Paesi fascisti o del socialismo reale), prestano attenzione al ruolo dell’arte teatrale inserita nei curricoli scolastici nazionali a servizio della formazione del cittadino. Ci sono anche tentativi, soprattutto da parte dei pedagogisti delle Scuole Nuove, che impiegano il teatro come fattore positivo per la crescita del bambino e per la sua formazione di soggetto responsabile e creativo nella società. Ricordiamo soprattutto il pedagogo francese Celestin Freinet, i cui strumenti didattici attivanti il lavoro scolastico del bambino/ragazzo verranno poi ampiamente valorizzati (come, per esempio, in Italia da parte del Movimento Cooperazione Educativa). Nel mondo teatrale francese in quegli anni operava anche Leon Chancerel, grande propagatore del gioco drammatico nell’educazione. In Polonia, invece, ricordiamo il dottor Janusz Korczak (Henryk Goldberg) e il suo modo di servirsi del teatro nell’educazione morale del bambino.
Tra le due guerre mondiali in Italia continuava a operare la vasta rete del teatro oratoriano, sia quello salesiano sia quello promosso da altre istituzioni educative della Chiesa romano-cattolica. Il suo scopo primario era l’educazione morale; nello stesso tempo era però espressione autentica della cultura popolare.
Una particolare attenzione merita lo sviluppo del drama in education in Gran Bretagna negli anni Trenta e Quaranta. Questo periodo è dominato dall’attività educativa e teorica di Peter Slade, il grande difensore e propagatore dell’arte teatrale del bambino/ragazzo. Partendo dal gioco creativo, egli lasciava l’iniziativa al bambino-protagonista, senza avere come scopo la recitazione sul palcoscenico della scuola. Il drama doveva aiutare la crescita del bambino nella sua creatività, nella spontaneità dell’espressione, nello sperimentare la libertà di azione e nella conquista del linguaggio libero dalle limitazioni dell’adulto. Il movimento inglese è stato anche arricchito dalla presenza del coreografo e pedagogo tedesco Rudolf Laban, le cui sperimentazioni con la danza creativa e libera sono evolute fino a dare vita alla corrente della danzaterapia.
Nella scuola del dopoguerra il teatro vive, parlando in modo schematico, tre grandi periodi. Il primo è quello dall’immediato dopoguerra fino agli inizi degli anni Sessanta, quando in vari Paesi europei vengono introdotte le riforme scolastiche. Il secondo periodo è rappresentato dagli anni Settanta e Ottanta, quando da una parte il teatro trova un suo posto nella didattica e nel lavoro scolastico quotidiano e, dall’altra, nascono e si sviluppano gruppi teatrali di attori professionisti che si dedicano a una stretta collaborazione con il mondo della scuola. Il terzo periodo, gli anni Novanta, vede un ulteriore consolidamento del ruolo del teatro in ambito educativo in quanto rivolto allo sviluppo della persona del ragazzo; nello stesso tempo però, per certi aspetti, il teatro cede il posto ai media e di conseguenza all’educazione ai media. (Educomunicazione; Media Education)
3. Un approfondimento: in Inghilterra e in Italia
Per ragioni di spazio ci soffermiamo ora soltanto sullo sviluppo del drama in education anglosassone e nelle varie forme di educazione teatrale in Italia, limitandoci a qualche accenno sulla situazione internazionale.L’Inghilterra degli anni post-bellici e Cinquanta vede ancora Peter Slade e la sua scuola come protagonisti del drama in education. I corsi di formazione, sia a livello universitario sia durante le cosiddette summer school, formano un notevole numero di insegnanti inglesi che adoperano gli elementi del teatro nel loro lavoro educativo quotidiano, con una particolare attenzione rivolta verso la creatività del ragazzo. Slade ha anche un grande influsso internazionale, sia nei Paesi di lingua inglese sia nei Paesi scandinavi e nei Paesi Bassi. La sua opera principale, Child drama, pubblicata nel 1954, è stata tradotta in varie lingue.
Tra i continuatori di Slade emerge Brian Way, che unisce le idee paidocentriche di Slade alla metodologia del lavoro teatrale di Stanislavskij. Il suo libro Development through drama (1967) divulga l’utilizzo dei percorsi teatrali nella classe insieme a una particolare attenzione allo sviluppo emotivo ed espressivo del ragazzo. L’apprendimento attraverso l’esperienza (living through) entra nel linguaggio quotidiano della scuola inglese.
Questa particolare conquista del teatro quale mezzo educativo per eccellenza viene rafforzata dall’attività di Richard Courtney, un educatore inglese immigrato in Canada nella prima metà degli anni Sessanta. Nel mondo relativamente giovane della formazione universitaria degli insegnanti in Canada, il teatro (sempre drama in education) secondo Courtney diventa una proposta molto seguita. I suoi libri (in modo particolare Play, drama and thought: the intellectual background to drama in education, 1968), la sua attività accademica, in Canada come in ambito internazionale (è membro dell’Istituto Internazionale del Teatro) allargano la presenza del drama nel mondo di lingua inglese.
Nel frattempo in Inghilterra, partendo dal clima di rinnovamento della scuola dopo il Rapporto Plowden (1962), la proposta Slade-Way trova nuovi riformatori nelle personalità di Dorothy Heathcote e, in seguito, di Gavin Bolton. La Heathcote, attrice professionale impiegata nella formazione didattica alla facoltà di magistero all’Università di Newcastle, riscopre le intuizioni della Finlay-Johnson di utilizzare lo strumento teatrale (drammatizzazione) nel lavoro quotidiano della scuola, nel processo di insegnamento/apprendimento. Gli elementi teatrali, i giochi drammatici, il ruolo (role-playing) diventano parti indispensabili nei progetti didattici che promuovono la interdisciplinarietà e la collaborazione tra gli insegnanti dello stesso gruppo classe. Gavin Bolton, già collaboratore di Slade, insieme con la Heathcote, danno l’inizio a una vera scuola di drama in education nelle Università di Durham e di Newcastle. Negli anni Settanta la School of Education a Durham diventa centro di formazione per gli accademici e gli insegnanti non solo della Gran Bretagna ma di tutto il mondo di lingua inglese. Il boom del drama diventa tale che solo nel Regno Unito negli anni Sessanta esistono più di trenta facoltà di educazione con il curricolo formativo per gli insegnanti di drama.
Negli stessi anni in Inghilterra la presenza educativa del teatro si sviluppa in un’altra direzione: nel 1964-65 nascono i primi gruppi teatrali, prima presso i teatri stabili, poi come compagnie indipendenti, dedicati esclusivamente all’educazione. Questi gruppi, comunemente chiamati Theatre in Education - TIE, basano il loro lavoro su una collaborazione molto stretta con gli insegnanti; sin dall’inizio il progetto teatrale prevede l’inserimento dei ragazzi nella creazione dello spettacolo e un processo di carattere interdisciplinare.
In Italia, alla fine degli anni Sessanta, nasce il fenomeno dell’animazione teatrale, prima nell’ambito della scuola, poi nel sociale, per diventare, negli anni Ottanta e fino a oggi, una vera galassia di gruppi di teatro per i ragazzi, per l’infanzia e gruppi di ricerca. Dal punto di vista storico l’animazione teatrale incomincia con l’attività di due insegnanti della scuola di Beinasco (To) nel 1967; Sergio Liberovici e Remo Rostagno con una classe realizzano un percorso, esteso nel tempo, di varie attività didattiche concluse poi con una presentazione pubblica sia dei materiali elaborati dai ragazzi sia delle scene recitate, create nel corso dell’attività. La loro opera è radicata nella oramai decennale attività del Movimento Cooperazione Educativa ispirato dall’opera educativa del pedagogo francese Celestin Freinet. Nello stesso periodo (1968-69) il Teatro Stabile di Torino inizia e poi conduce l’operazione di decentramento (seguendo l’esempio francese) con lo scopo di avvicinare il teatro alla popolazione multiculturale di una città industriale come Torino, dove evidenti sono i segni del grande boom economico italiano. Il dinamico sviluppo dell’animazione teatrale e del decentramento teatrale sono presenti soprattutto nel nord d’Italia e nel centro (piuttosto limitato invece a Roma). Le caratteristiche principali ricordano quelle dei movimenti inglesi: l’idea di fare dell’arte (quella teatrale in modo particolare) uno strumento di sviluppo e di crescita del ragazzo; la volontà politica di creare una nuova cultura popolare partendo dalla scuola; l’esplorazione di nuovi linguaggi di comunicazione per aiutare uno sviluppo libero, espressivo e socialmente responsabile (coinvolto) del ragazzo. Nasce anche una nuova professione sociale e culturale, quella di animatore. Accanto ai teatri stabili e alle compagnie teatrali professionali, nascono anche i primi gruppi teatrali radicati nell’animazione e orientati verso la cultura teatrale della scuola.
Negli altri Paesi dell’Europa (specialmente in Francia e in Belgio) il rapporto tra il teatro e la scuola possedeva caratteristiche simili, anche se la presenza del teatro nella scuola si sviluppava all’interno dei curricoli con modalità differenti, dovute anzitutto alle diversità filosofico-politico dell’impostazione della scuola.
Nella seconda metà degli anni Ottanta in vari Paesi d’Europa vengono introdotti i nuovi curricoli scolastici come, per esempio, il National Curriculum in Inghilterra nel 1989 o in Italia, nel 1979, i programmi per la scuola media, nel 1985 i programmi per la scuola primaria, e infine quelli per la scuola materna nel 1990. La prima constatazione è che al teatro sia come componente del sapere generale da acquisire sia come aiuto didattico viene riconosciuto uno spazio all’interno dei curricoli. Nel caso delle scuole superiori esso è visto come parte di uno studio della letteratura più aperto, così come avviene nella maggior parte dei Paesi dell’Europa centrale. In Italia le attività ludico-espressive (eredità dell’animazione teatrale) fanno parte dell’educazione psicomotoria e dell’educazione ai nuovi linguaggi (nella scuola materna e primaria). Le attività teatrali (il teatro nella scuola) vengono consigliate come attività extracurricolari. Viene anche consigliata la partecipazione a spettacoli teatrali, ma piuttosto in connessione allo studio della letteratura drammatica. In Francia la conoscenza dell’arte drammatica ottiene perfino lo status di una delle materie alternative dell’esame finale delle scuole superiori, il baccalauréat.
In Gran Bretagna il teatro ha avuto un trattamento diverso: nonostante la gloriosa storia precedente e la proposta presentata da molti educatori, nel National Curriculum, il drama in education non è diventato una materia scolastica a se stante, ma è rimasto attività in connessione con le materie principali (cosiddetti core subjects), in continuità con la sua prevalente tradizione didattica. Tutta una serie di convegni di protesta e di pubblicazioni nel mondo del drama anglosassone hanno provocato la costituzione di una commissione ministeriale che ha preparato, e quindi pubblicato nella forma di ‘manifesto’, il quadro del collocamento del teatro e del drama nel National Curriculum (1991). Brevemente, la presenza del teatro/drama nel National Curriculum degli anni Novanta nel sistema educativo britannico potrebbe essere definita ‘trasversale’: pur appartenendo essenzialmente all’area degli studi della lingua e della letteratura inglese, il teatro, attraverso progetti interdisciplinari (cross-curricolari), trova un suo posto anche nelle altre materie, soprattutto come contesto e metodo di studio. Il National Curriculum rivisto e corretto, pubblicato nel 1996 e ri-pubblicato nel 2000, conferma l’importanza del teatro per l’educazione britannica.
4. T.e.e. nel contesto educativo attuale
Il ventaglio delle modalità del legame tra il teatro e l’educazione alla fine del Ventesimo secolo si presentava ricco di esperienze e particolarmente interessante dal punto di vista del coinvolgimento emotivo ed estetico (si veda l’International guide to children’s theatre and educational theatre. A historical and geographical source book, presentazione di una ricerca sul teatro dei ragazzi nei vari Paesi del mondo, condotta da Lowell Swortzell, in parte per l’Assitej Unesco).L’arrivo di una nuova disciplina, l’educazione ai media sembrerebbe spostare la funzione educativa del teatro in secondo piano, ma in realtà non è così. Gli interventi legislativi (come il già citato National Curriculum in Inghilterra o, in Italia, il Protocollo d’intesa relativo all’educazione al teatro del 1995 e il Protocollo d’intesa per l’educazione alle discipline dello spettacolo del 1997) riconoscono una forte presenza del teatro nell’istituzione educativa e assicurano un ulteriore sviluppo del legame tra il teatro e un’educazione sempre più attenta alla formazione della persona umana, soggetto responsabile che vive in una società caratterizzata da una intensificata comunicazione mediale.
Il mondo della scuola, specialmente il settore letterario-storico, confrontandosi con l’offerta teatrale (intesa sia come testi drammatici sia come eventi teatrali e spettacoli), si domanda quali siano i vantaggi per l’attività didattica stessa e per l’incremento del sapere degli studenti; invece l’educatore in generale si interessa alla valenza del teatro nell’educazione per lo sviluppo personale dei ragazzi (sviluppo creativo, artistico, etico-morale, linguistico, fisico) e per il loro sviluppo sociale (conoscenza della società, lavoro di gruppo, patrimonio culturale).
La grande maggioranza delle esperienze attuali, descritte nelle ricerche, può essere raggruppata attorno a quattro poli: 1) l’educazione al teatro, 2) l’educazione dal teatro, 3) l’educazione in teatro, 4) l’educazione attraverso il teatro. In questo modo le preposizioni possono servirci per individuare meglio, studiare e caratterizzare il rapporto possibile tra il teatro, con i suoi elementi, e l’educazione o, più specificamente, la scuola. La distinzione attraverso le preposizioni può aiutarci anche a individuare gli scopi educativi che emergono dal rapporto tra teatro ed educazione e a precisare chi vogliamo educare grazie a quel rapporto:
1) il cultore, il conoscitore, l’amante, il frequentatore dell’arte e della letteratura teatrale-drammatica;
2) l’animatore della vita culturale-teatrale comunitaria;
3) l’attore filodrammatico, il buon comunicatore o, infine,
4) l’uomo capace di comunicare nella vita quotidiana, responsabile delle proprie azioni e della propria convivenza nella comunità.
Le preposizioni ‘al’ teatro e ‘dal’ teatro: queste due modalità partono dal rapporto che ha il giovane fruitore con il prodotto, con lo spettacolo offertogli dal teatro professionale. La distinzione, invece, consiste nella diversità degli scopi educativi: nel primo caso si vuole formare un cultore, un conoscitore dell’arte teatrale; nel secondo, attraverso lo studio dei contenuti delle opere drammaturgiche rivissute durante lo spettacolo, si vuole formare la personalità del ragazzo.
Soprattutto all’interno dei curricoli di studio delle lingue e della letteratura si dedicano spazi alla conoscenza e allo studio delle opere drammatiche; i testi degli autori classici e moderni vengono studiati dal punto di vista del contenuto (in quanto specchio della società, attraverso le caratteristiche dei personaggi) e anche dal punto di vista linguistico-strutturale (lo sviluppo della lingua, la ricchezza dei vocabolari, le diversità dialettali e le strutture discorsivo-narrative). L’estensione di questo interesse per i testi varia secondo le impostazioni dei curricoli nazionali. Generalmente i curricoli includono le opere del teatro classico greco, in misura minore quelle del teatro romano e poi le opere degli autori riconosciuti come classici della letteratura mondiale: Shakespeare, Molière, Calderon de la Barca, Goethe, Ibsen, Cechov, Brecht, Beckett, per ricordare i nomi più comuni. La visione dello spettacolo può essere preceduta, dunque, da uno studio preparatorio che a seconda dei casi include sia il testo dell’opera con tutte le implicazioni possibili, sia la persona dell’autore o il contesto in cui si colloca il dramma. A quanto risulta, le lezioni più frequenti sono quelle successive allo spettacolo che si concentrano sull’analisi e sul ricordo dello spettacolo. Vi sono sistemi educativi che prevedono lo studio di un vasto spettro della letteratura teatrale di Paesi diversi (ad esempio, il curricolo della lingua e letteratura italiana) e vi sono curricoli più concentrati sulla letteratura del proprio cerchio linguistico (si vedano i programmi della scuola inglese dove domina lo studio di Shakespeare e degli altri autori di lingua inglese, anche nel caso della letteratura contemporanea).
L’altra area di interesse da parte dell’educazione guarda allo spettacolo inteso come produzione artistica e come fenomeno culturale. Si può dire che questo interesse è nato con le riforme dei sistemi scolastici degli anni Sessanta. Lo spettacolo teatrale è stato valorizzato non solo come realizzazione di un testo letterario, ma anche come dimostrazione artistica di forme differenti in cui si attua la comunicazione umana (sottolineando la dimensione non-verbale, espressiva). Proprio in questo periodo è nata una più stretta collaborazione tra il teatro e la scuola (gli spettacoli offerti per la scuola, le matinée dedicate alle opere studiate a scuola). Sempre allora vennero introdotti gli studi sul teatro come istituzione e sullo spettacolo come opera di varie professioni artistiche. Tutto ciò comunque faceva ancora parte dei curricoli di lingua e di letteratura.
L’educazione ‘in’ teatro raggruppa tutte le esperienze che si basano sull’attività teatrale, intesa specialmente come teatro della scuola o teatro comunitario. Si aiutano i ragazzi a conoscere il mestiere teatrale, a crescere culturalmente per poter diventare animatori della vita sociale, culturale, teatrale nelle proprie comunità di appartenenza. Una volta questo modo di convivere con il teatro veniva chiamato filodrammatica o il teatro amatoriale. Qui ricordiamo l’enorme esperienza del teatro oratoriano, dell’animazione teatrale, del teatro dei ragazzi. La fine del Millennio ha visto fiorire nelle scuole italiane questo tipo di attività, che si manifesta attraverso molti spettacoli offerti al pubblico della scuola e del territorio. Un fenomeno in espansione sono anche le rassegne del teatro dei ragazzi di vario tipo: a carattere generale, tematiche, limitate allo stretto territorio della scuola o del distretto scolastico, regionali e nazionali. Tutto questo teatro della scuola spesso viene realizzato in collaborazione con professionisti di vari gruppi teatrali di ricerca e per l’infanzia. Importante è la metodologia di partenariato tra la scuola e il gruppo del teatro professionale.
E, infine, l’educazione ‘attraverso’ il teatro. Di questo si è già discusso parlando delle forme più orientate alla conoscenza dei linguaggi espressivi all’interno dell’animazione teatrale e in tutta l’esperienza del drama in education di provenienza anglosassone. Le metodologie qui raggruppate presentano un notevole interesse per il lavoro teatrale inteso come veicolo di approfondimento e di ricerca, oltre che come fattore di sviluppo personale e sociale. Questo orientamento nasce grazie all’attenzione paidocentrica manifestata dalle istituzioni educative negli anni Sessanta, quando il lavoro teatrale del bambino-ragazzo-adolescente è stato accolto e apprezzato dalla scuola. Si sono aperti nuovi spazi negli orari scolastici, soprattutto nei progetti di scuola a tempo pieno. Il teatro, o il gioco teatrale nella classe, non finalizzato a uno spettacolo pubblico, è diventato un fattore educativo funzionale alla creatività, all’immaginazione e all’estetica. Si sottolinea l’efficacia socializzante del lavoro teatrale in équipe e la sua metodologia di ricerca, che unisce la dimensione del sapere con quella del fare (dal teatro dell’avanguardia viene adottata la parola ‘laboratorio’ o workshop per caratterizzare questo tipo di approccio al teatro in quanto strumento didattico).
5. Al cuore del rapporto: linguaggio e comunicazione
Riassumendo tutto ciò che si è detto a proposito della storia, dello sviluppo e delle varie modalità assunte dal legame tra il teatro e l’educazione, si possono sottolineare alcune caratteristiche fondamentali per la dimensione comunicativa della vita umana. La prima caratteristica è la significativa preoccupazione linguistica che sta alla base delle attività teatrali nella classe, nella scuola. Gli educatori, superando il modo tradizionale di vedere nel teatro solo un aiuto per lo studio della letteratura, si sono impegnati di più a far scoprire, conoscere ed esplorare la ricchezza dei linguaggi teatrali: da quello più tradizionale, il linguaggio verbale, attraverso tutta la gamma di linguaggi espressivi, corporei, fino ai linguaggi complementari, ma altrettanto importanti per il teatro, cioè quello della messa in scena e del sonoro. Nella maggior parte delle esperienze odierne ‘fare’ teatro nella classe significa imparare modi nuovi di comunicare con gli altri, scoprendo così quanto sia vasta la gamma delle comunicazioni verbali e non verbali.
La seconda grande caratteristica riguarda la volontà sociale e politica di costruire la cultura del proprio ambiente, del proprio territorio, della comunità e fare di questa attività culturale un antidoto contro la cultura della comunicazione di massa, omogeneizzante, che passa attraverso i canali delle comunicazione industriali e commerciali.
Le varie forme di educazione teatrale hanno sottolineato l’importanza di due relazioni fondamentali nel processo educativo: quella tra l’insegnante e il ragazzo, e quella tra il ragazzo e un altro ragazzo del gruppo classe. La comunicazione teatrale non ha bisogno del pubblico inteso in termini tradizionali; per un ragazzo che gioca teatralmente sono proprio l’insegnante o l’altro ragazzo a costituire quel pubblico nucleare necessario per l’esistenza del processo comunicativo. L’attività teatrale è vista come un’occasione straordinaria per agevolare la comunicazione e arricchirla con nuovi linguaggi.
L’ultima caratteristica della valenza comunicativa del teatro nell’educazione è la sua crescente presenza nei curricoli scolastici, intesa come grande aiuto didattico, interdisciplinare e cross-curricolare. Non si tratta di creare un’altra disciplina scolastica, ma piuttosto di promuovere un nuovo ambiente di studio, favorevole alla natura creativa, curiosa e spontanea del ragazzo, che lo aiuti a manifestare la sua natura e a crescere umanamente.
Infine vanno menzionate le associazioni internazionali che promuovono le ricerche e gli scambi internazionali nel mondo del teatro nell’educazione.
La prima è l’ormai storica Assitej - Association Internationale du Théaˆtre pour l’Enfance et la Jeunesse, nata a Parigi nel 1965 per iniziativa del pedagogo teatrale francese, Leon Chancerel. Essa lavora in stretta collaborazione con l’Unesco ed è presente in circa settanta paesi con le Assitej nazionali; la sezione italiana si chiama ATIG - Associazione Teatro Infanzia e Gioventù e ha sede a Lecco. La più nota tra le sue attività sono i congressi internazionali triennali collegati a un festival internazionale del teatro per i ragazzi e la gioventù.
Nel 1992, a Oporto, è nata l’IDEA - International Drama in Education Association, che nel nuovo clima politico degli anni Novanta ha radunato gli educatori teatrali di quasi cento Paesi; in particolare in Italia, nel 1994, è nata l’AGITA - Associazione per la Promozione e la Ricerca della Cultura Teatrale nella Scuola e nel Sociale. L’IDEA organizza congressi internazionali biennali portando avanti soprattutto ricerche interdisciplinari orientate più verso la presenza del teatro nell’educazione che verso la produzione teatrale per i ragazzi. L’attività di ricerca ha dato vita a incontri regolari biennali a carattere internazionale (uno negli USA, presso l’Ohio State University, l’altro all’Università di Exeter in Inghilterra).
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Lewicki Tadeusz , Teatro e educazione, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (24/11/2024).
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