Cineforum
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- Bibliografia1
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Autore: Carlo Tagliabue
Attività di mediazione culturale volta all’educazione e alla formazione di una coscienza critica nel pubblico cinematografico. Al domenicano Felix Morlion si devono sia l’invenzione del termine che l’elaborazione del metodo, che consiste nella presentazione di un’opera cinematografica, seguita dalla sua visione e da una "discussione costruttiva", come si diceva. Avviata agli inizi degli anni Cinquanta presso l’Università Pro Deo di Roma, la pratica del c. ha avuto immediatamente un notevole sviluppo e una rapida diffusione, soprattutto nell’ambito del mondo cattolico. E questo per una serie di ragioni ideali e strutturali al tempo stesso. In primo luogo, perché testimoniava concretamente quella sensibilità verso il fenomeno cinematografico, che, da sempre, aveva caratterizzato l’impegno della Chiesa nel considerare estremamente importante il complesso universo della comunicazione sociale (Chiesa e comunicazione. A. Documenti 1. 6 il cinema); in secondo luogo, perché le varie associazioni e istituti cattolici, più degli altri, potevano disporre di una sala da proiezione la sala parrocchiale, in genere , dove poter svolgere una simile attività.
Nel corso degli anni, il c. ha costituito un innegabile e importante momento di aggregazione culturale, di sensibilizzazione nei confronti del cinema, di educazione degli spettatori e anche di stimolo per la individuazione di differenti metodologie critiche volte all’ analisi del film, per coglierne e valorizzarne tutte le sue componenti: estetiche, contenutistiche, culturali, sociologiche, antropologiche, ecc.
I due strumenti di cui l’attività del c. si serve per promuovere l’analisi sono la scheda filmica e il dibattito in sala.
La prima contiene solitamente i dati tecnici del film, una sintesi del suo contenuto narrativo, spunti per la lettura, completati da una breve rassegna della critica. Distribuita prima della proiezione, essa svolge la duplice funzione di fornire allo spettatore un orizzonte di precomprensione ai fini della corretta visione del film e uno strumento attraverso il quale, dopo la proiezione, essere guidato alla lettura critica del film stesso.
Quest’ultima funzione viene svolta, però, soprattutto, dal dibattito in sala. Condotto da un animatore socioculturale, esso muove solitamente dal rilievo delle impressioni ‘a caldo’ degli spettatori, per poi dirigersi progressivamente verso gli aspetti rilevanti del film. Andato in crisi, insieme alla formula stessa del c., lungo gli anni Ottanta, il dibattito ha sempre catalizzato su di sé pareri contrapposti: da una parte, il giudizio favorevole di chi lo ritiene una valida forma di educazione dei gusti e del senso critico del pubblico; dall’altra, le critiche di chi, invece, sottolinea il ruolo troppo direttivo (e quindi poco educativo) che l’animatore esercita, condizionando i partecipanti a leggere il film non secondo il loro senso critico ma in linea con la lettura da lui suggerita.
Nonostante siano ormai passati diversi decenni dalla sua nascita, tale pratica culturale non sembra aver perso la sua validità, riproposta negli ultimi anni alla luce anche della sempre più rilevante importanza che l’immagine ha assunto nei processi educativi delle giovani generazioni. In questo contesto si pensi, ad esempio, alla riattivazione delle sale della comunità in area cattolica il c. ha contribuito a generare analoghe pratiche di analisi applicate sia alla televisione (Teleforum) che alla musica (Discoforum).
I due strumenti di cui l’attività del c. si serve per promuovere l’analisi sono la scheda filmica e il dibattito in sala.
La prima contiene solitamente i dati tecnici del film, una sintesi del suo contenuto narrativo, spunti per la lettura, completati da una breve rassegna della critica. Distribuita prima della proiezione, essa svolge la duplice funzione di fornire allo spettatore un orizzonte di precomprensione ai fini della corretta visione del film e uno strumento attraverso il quale, dopo la proiezione, essere guidato alla lettura critica del film stesso.
Quest’ultima funzione viene svolta, però, soprattutto, dal dibattito in sala. Condotto da un animatore socioculturale, esso muove solitamente dal rilievo delle impressioni ‘a caldo’ degli spettatori, per poi dirigersi progressivamente verso gli aspetti rilevanti del film. Andato in crisi, insieme alla formula stessa del c., lungo gli anni Ottanta, il dibattito ha sempre catalizzato su di sé pareri contrapposti: da una parte, il giudizio favorevole di chi lo ritiene una valida forma di educazione dei gusti e del senso critico del pubblico; dall’altra, le critiche di chi, invece, sottolinea il ruolo troppo direttivo (e quindi poco educativo) che l’animatore esercita, condizionando i partecipanti a leggere il film non secondo il loro senso critico ma in linea con la lettura da lui suggerita.
Nonostante siano ormai passati diversi decenni dalla sua nascita, tale pratica culturale non sembra aver perso la sua validità, riproposta negli ultimi anni alla luce anche della sempre più rilevante importanza che l’immagine ha assunto nei processi educativi delle giovani generazioni. In questo contesto si pensi, ad esempio, alla riattivazione delle sale della comunità in area cattolica il c. ha contribuito a generare analoghe pratiche di analisi applicate sia alla televisione (Teleforum) che alla musica (Discoforum).
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Bibliografia
- RIVOLTELLA Pier Cesare, Quale metodologia per il cineforum in Chiesa e cinema. Una storia che continua, Centro Ambrosiano, Milano 1995.
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Note
Come citare questa voce
Tagliabue Carlo , Cineforum, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/12/2024).
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