Gramsci Antonio
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Autore: Antonello Cattide
Per il suo pensiero politico, è ritenuto dopo Lenin il più grande marxista: Lenin ha ‘tradotto’ il marxismo in russo, imponendolo poi con metodo coercitivo/dittatoriale; G. lo ha tradotto in termini occidentali, modificandolo secondo le esigenze di società economicamente e democraticamente sviluppate.
Nato ad Ales (Cagliari) nel 1891 da famiglia povera, poté iscriversi nel 1911 alla facoltà di lettere dell’Università di Torino grazie a una borsa di studio. Sul finire del 1914 lascia l’università per dedicarsi esclusivamente allo studio del marxismo e all’attività politica all’interno del Partito Socialista, nei confronti del quale matura però un atteggiamento sempre più critico. Nel 1921 è tra i fondatori del nuovo partito operaio, il Partito Comunista d’Italia. Eletto deputato nel 1924, nel novembre 1926 è arrestato dalla polizia fascista, malgrado l’immunità parlamentare. Dopo due anni di confino, viene condannato a più di 24 anni di carcere. Muore il 27 aprile 1937 in una clinica romana, una settimana dopo aver ottenuto la libertà condizionale.
La fama di G. è dovuta alla pubblicazione postuma delle sue opere, a cominciare dal 1947: Lettere dal carcere, Einaudi, Torino (ed. ampliata 1965). Altre opere significative: La costruzione del partito comunista, 1923-1926, Einaudi, Torino 1978; Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura, Einaudi, Torino 1949 (Editori Riuniti, Roma 1991); Il Risorgimento, Editori Riuniti, Roma 1977; Letteratura e vita nazionale, Editori Riuniti, Roma 1977; Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno, Editori Riuniti, Roma 1977; Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 1977 (I quaderni, Editori Riuniti, Roma 1996); Lettere dal carcere. 1926-1937, Sellerio, Palermo 1996.
Proponendosi di innestare il marxismo in una società democratica, nella quale non è prospettabile una rivoluzione armata, G. elabora la "strategia del consenso", che mira a formare prima un "blocco storico", inteso non come una semplice alleanza di classi, ma come una unità di forze sociali e politiche differenti, tenute però insieme attraverso la concezione del mondo che l’egemonia della classe dirigente ha tracciato e diffuso nelle classi subalterne. Pertanto la classe egemone (marxista) deve essere prima dirigente a livello culturale e solo dopo dominante in ambito politico: "Un gruppo sociale può ed anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante ma deve continuare a essere anche dirigente" (Il Risorgimento, 1977).
Conseguentemente, il Partito si fa interprete degli interessi e delle aspirazioni dei suoi membri e procura che al suo interno essi trovino tutte le soddisfazioni che prima trovavano in una molteplicità di organizzazioni. Il Partito, inoltre, è il termine ultimo cui riferirsi per distinguere il bene dal male: "Il moderno Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni atto viene concepito come utile o dannoso, come virtuoso o scellerato, solo in quanto ha come punto di riferimento il moderno Principe stesso e serve a incrementare il suo potere o a contrastarlo. Il Principe prende il posto, nelle coscienze, della divinità o dell’imperativo categorico, diventa la base di un laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume" (Note sul Machiavelli, 1977).
Per G. il marxismo non è un "sistema", ma è una "consapevolezza critica" del presente; è una "filosofia della prassi" per la quale non esiste nulla al di fuori o al di sopra dell’operare degli uomini; non esistono verità o valori metastorici; non esiste natura umana o essenza dell’uomo che preceda il suo concreto operare. Quindi, tutto è politica, anche la filosofia; e la sola filosofia è la storia.
Nei confronti della religione e della Chiesa cattolica, la filosofia della prassi implica un ateismo e un laicismo assoluti, ma ciò non significa secondo G. che si debbano combattere direttamente i cristiani: si deve piuttosto operare per sostituire a una mentalità ispirata al cristianesimo, quale è quella ancora dominante all’interno della società italiana, un nuovo senso comune, una nuova religione radicalmente laica, di cui la filosofia della prassi costituirebbe appunto l’espressione sistematica e critica (Botto E., 1980). Nell’ambito degli studi sulla comunicazione è stato lo studioso Stuart Hall (negli anni Settanta) a proporre una rilettura compiuta di G., determinando così soprattutto in ambiente anglosassone un vero recupero del suo pensiero, in particolare dei concetti di egemonia e di cultura popolare. Attraverso l’egemonia i gruppi e le formazioni sociali dominanti guidano la società attraverso l’esercizio di una leadership intellettuale e morale, bilanciando forza e persuasione. La cultura popolare non è imposta come affermano i teorici della cultura di massa; non è neppure una cultura di opposizione, che emerge dal basso, spontaneamente: è piuttosto un terreno di scambio delle due forze; un terreno marcato dalla resistenza e dall’azione di inglobamento operata dai media. I mass media non sono l’espressione di un consenso già presente a livello sociale, sono invece parte integrante del processo dialettico che genera questo consenso.
Il recupero del pensiero di G. da parte dei Cultural studies ha dato il via a successivi utilizzi in altri campi, dove il conflitto sociale viene letto, di volta in volta, non tanto come conflitto tra classe egemone e classi subordinate, ma come conflitto incentrato su altre variabili quali il genere, le preferenze sessuali, l’età o la razza.
Nato ad Ales (Cagliari) nel 1891 da famiglia povera, poté iscriversi nel 1911 alla facoltà di lettere dell’Università di Torino grazie a una borsa di studio. Sul finire del 1914 lascia l’università per dedicarsi esclusivamente allo studio del marxismo e all’attività politica all’interno del Partito Socialista, nei confronti del quale matura però un atteggiamento sempre più critico. Nel 1921 è tra i fondatori del nuovo partito operaio, il Partito Comunista d’Italia. Eletto deputato nel 1924, nel novembre 1926 è arrestato dalla polizia fascista, malgrado l’immunità parlamentare. Dopo due anni di confino, viene condannato a più di 24 anni di carcere. Muore il 27 aprile 1937 in una clinica romana, una settimana dopo aver ottenuto la libertà condizionale.
La fama di G. è dovuta alla pubblicazione postuma delle sue opere, a cominciare dal 1947: Lettere dal carcere, Einaudi, Torino (ed. ampliata 1965). Altre opere significative: La costruzione del partito comunista, 1923-1926, Einaudi, Torino 1978; Gli intellettuali e l’organizzazione della cultura, Einaudi, Torino 1949 (Editori Riuniti, Roma 1991); Il Risorgimento, Editori Riuniti, Roma 1977; Letteratura e vita nazionale, Editori Riuniti, Roma 1977; Note sul Machiavelli, sulla politica e sullo stato moderno, Editori Riuniti, Roma 1977; Quaderni del carcere, Einaudi, Torino 1977 (I quaderni, Editori Riuniti, Roma 1996); Lettere dal carcere. 1926-1937, Sellerio, Palermo 1996.
Proponendosi di innestare il marxismo in una società democratica, nella quale non è prospettabile una rivoluzione armata, G. elabora la "strategia del consenso", che mira a formare prima un "blocco storico", inteso non come una semplice alleanza di classi, ma come una unità di forze sociali e politiche differenti, tenute però insieme attraverso la concezione del mondo che l’egemonia della classe dirigente ha tracciato e diffuso nelle classi subalterne. Pertanto la classe egemone (marxista) deve essere prima dirigente a livello culturale e solo dopo dominante in ambito politico: "Un gruppo sociale può ed anzi deve essere dirigente già prima di conquistare il potere governativo (è questa una delle condizioni principali per la stessa conquista del potere); dopo, quando esercita il potere e anche se lo tiene fortemente in pugno, diventa dominante ma deve continuare a essere anche dirigente" (Il Risorgimento, 1977).
Conseguentemente, il Partito si fa interprete degli interessi e delle aspirazioni dei suoi membri e procura che al suo interno essi trovino tutte le soddisfazioni che prima trovavano in una molteplicità di organizzazioni. Il Partito, inoltre, è il termine ultimo cui riferirsi per distinguere il bene dal male: "Il moderno Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni atto viene concepito come utile o dannoso, come virtuoso o scellerato, solo in quanto ha come punto di riferimento il moderno Principe stesso e serve a incrementare il suo potere o a contrastarlo. Il Principe prende il posto, nelle coscienze, della divinità o dell’imperativo categorico, diventa la base di un laicismo moderno e di una completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume" (Note sul Machiavelli, 1977).
Per G. il marxismo non è un "sistema", ma è una "consapevolezza critica" del presente; è una "filosofia della prassi" per la quale non esiste nulla al di fuori o al di sopra dell’operare degli uomini; non esistono verità o valori metastorici; non esiste natura umana o essenza dell’uomo che preceda il suo concreto operare. Quindi, tutto è politica, anche la filosofia; e la sola filosofia è la storia.
Nei confronti della religione e della Chiesa cattolica, la filosofia della prassi implica un ateismo e un laicismo assoluti, ma ciò non significa secondo G. che si debbano combattere direttamente i cristiani: si deve piuttosto operare per sostituire a una mentalità ispirata al cristianesimo, quale è quella ancora dominante all’interno della società italiana, un nuovo senso comune, una nuova religione radicalmente laica, di cui la filosofia della prassi costituirebbe appunto l’espressione sistematica e critica (Botto E., 1980). Nell’ambito degli studi sulla comunicazione è stato lo studioso Stuart Hall (negli anni Settanta) a proporre una rilettura compiuta di G., determinando così soprattutto in ambiente anglosassone un vero recupero del suo pensiero, in particolare dei concetti di egemonia e di cultura popolare. Attraverso l’egemonia i gruppi e le formazioni sociali dominanti guidano la società attraverso l’esercizio di una leadership intellettuale e morale, bilanciando forza e persuasione. La cultura popolare non è imposta come affermano i teorici della cultura di massa; non è neppure una cultura di opposizione, che emerge dal basso, spontaneamente: è piuttosto un terreno di scambio delle due forze; un terreno marcato dalla resistenza e dall’azione di inglobamento operata dai media. I mass media non sono l’espressione di un consenso già presente a livello sociale, sono invece parte integrante del processo dialettico che genera questo consenso.
Il recupero del pensiero di G. da parte dei Cultural studies ha dato il via a successivi utilizzi in altri campi, dove il conflitto sociale viene letto, di volta in volta, non tanto come conflitto tra classe egemone e classi subordinate, ma come conflitto incentrato su altre variabili quali il genere, le preferenze sessuali, l’età o la razza.
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Bibliografia
- ADAMSON Walter L., Hegemony and revolution. A study of Antonio Gramsci's political and cultural theory, University of California Press, Berkeley (CA) 1980.
- BOTTO E., Il marxismo dalla fine dell'Ottocento ad oggi in VANNI ROVIGHI Sofia, Storia della filosofia contemporanea. Dall'Ottocento ai nostri giorni, La Scuola, Brescia 1980.
- CAMMET John M., Bibliografia gramsciana, Ed. Riuniti, Roma 1991.
- GIORDANO Alberto, Gramsci. La vita, il pensiero, le opere, Accademia, Milano 1978.
- HALL Stuart, On postmodernism and articulation. An interview with Stuart Hall in «Journal of Communication Inquiry», 10 (1994) 2, pp.125-129.
- HARRIS David, From class struggle to the politics of pleasure. The effects of gramscianism on cultural studies, Routledge, London 1992.
- LEPRE Aurelio, Il prigioniero. Vita di Antonio Gramsci, Laterza, Bari 1998.
- LIGUORI Guido, Gramsci conteso. Storia di un dibattito, 1922-1996, Ed. Riuniti, Roma 1996.
- SATITUCCI A (ed.), Gramsci in Europa e in America, Laterza, Roma 1995.
- SPRIANO Paolo, Gramsci e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Einaudi, Torino 1977.
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Note
Come citare questa voce
Cattide Antonello , Gramsci Antonio, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (21/11/2024).
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