Carey James W.
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Autore: Carlo Gagliardi
Docente di giornalismo, studioso di mass media e teoria delle comunicazioni, esponente dei cultural studies americani, nato a Providence (Rhode Island) il 7 settembre 1934. Consegue la licenza in quella Università, quindi la laurea (1959) e il dottorato in comunicazioni (1963, tesi Communication systems and social systems: two economic postulates applied to a theory of communication systems) presso l’University of Illinois. Qui insegna giornalismo per tredici anni ed è Direttore dell’Institute of Communications Research. Dopo aver tenuto (1976-1979) la cattedra George H. Gallup nell’University of Iowa, dal 1979 al 1992 è Preside del College of Communications nell’University of Illinois, Urbana-Champaign. Nel frattempo diventa professore di scienza, tecnologia e valori umani per il National Endowment for the Humanities, membro del Center for Advanced Study (Illinois), presidente nazionale dell’Association for Education in Journalism (1977-1978) e presidente dell’American Association of Schools and Departments of Journalism (1982-1983). È stato visiting professor alla Pennsylvania State University e all’University of Georgia, distinguished senior fellow al Gannett Center for Media Studies della Columbia University e al Freedom Forum Media Studies Center, titolare di cattedra alla Columbia’s Graduate School of Journalism, direttore della rivista Communication.
Muore all’età di 71 anni nella sua casa di Wakefield (Rhode Island) il 23 maggio 2006.
Opere principali: Mass communication research and cultural studies: an American view, in J. Curran, M. Gurevitch, J. Woollacott (eds.), Mass communication and society, Sage, Beverly Hills (CA) 1979; The mass media and critical theory: an American view, in M. Burgoon (ed.), Communication Yearbook 6, Sage, Beverly Hills (CA)1982; Overcoming resistance to cultural studies, in M. Gurevitch - M. R. Levy (eds.), Mass Communication Yearbook 5, Sage, Beverly Hills (CA)1985; Media, myths and narratives: television and the press, Sage, Beverly Hills (CA) 1988; Communication as culture. Essays on media and society, Unwin Hyman, Boston (MA) 1989. Bibliografia completa in Munson-Warren 1997.
Già nel 1970 McLuhan aveva rimarcato l’ambizione di C. nel mettere in discussione i miti della ‘comunicazione’, dei ‘mass media’ e della ‘rivoluzione tecnologica’. Egli si distingue infatti, tra gli studiosi contemporanei, per la resistenza al linguaggio di potere e alla priorità degli aspetti ideologici su quelli rituali o antropologici nell’indagare i modelli culturali. Le questioni dei media sono da lui affrontate con pluralismo, nella consapevolezza che la cultura non è processo a una direzione. La comunicazione moderna ha mutato radicalmente i termini dell’esperienza e della conoscenza, le strutture del senso e del porsi in relazione sociale. Ma quantunque il computer e il satellite abbiano ridotto il ‘tempo’ a un "presente istantaneo" e il ‘mondo’ a un "punto dove ognuno è nello stesso posto", la storia si ripete: la rivoluzione tecnologica, con speranze e timori per i nuovi media, ricalca percorsi interpretativi già battuti nei precedenti stadi di progresso. Facendo ricorso all’etnocentrismo quasi si scusa C. osserviamo come lo sviluppo delle comunicazioni coincida con la storia degli Stati Uniti, società d’immigrati, imponendosi quale fenomeno tipicamente americano. La concezione, con riscontro nella Costituzione federale, poggia sull’affermarsi dei mezzi di trasporto e di trasmissione, tendente a superare le grandi distanze del territorio e a configurare un modello di democrazia che saldasse le tradizioni orali con la nuova civiltà della scrittura. Essa ha tenuto a battesimo l’idea della ‘stampa obiettiva’ e si è rafforzata attraverso il comportamentismo, il funzionalismo, le teorie degli effetti mediali e degli uses and gratifications. Con riferimento a Innis, C. dimostra come questa concezione della comunicazione, sostanzialmente geografica, soffra di un "pregiudizio spaziale" che privilegia il trattamento e la circolazione dei segnali per assicurare il "controllo" di territori e popolazioni locali ma a scapito del "significato". Per elaborare quest’ultimo segue gli antropologi americani, da Mead a Geertz, che indagano i riti popolari, mentre come approccio storico-culturale si rifà a Hoggart e a S. Hall, come pure alla teoria critica della Scuola di Francoforte, a Bourdieu e Foucault.
"L’originalità di C. scrive Gerbner sta nel collegare questioni nodali e nel ridefinirle, forzando a pensare in modo nuovo e proficuo, nello studio della comunicazione, dicotomie come trasmissione vs. rito, ricerca amministrativa vs. critica, positivista vs. marxista, dominante vs. culturale".
Opere principali: Mass communication research and cultural studies: an American view, in J. Curran, M. Gurevitch, J. Woollacott (eds.), Mass communication and society, Sage, Beverly Hills (CA) 1979; The mass media and critical theory: an American view, in M. Burgoon (ed.), Communication Yearbook 6, Sage, Beverly Hills (CA)1982; Overcoming resistance to cultural studies, in M. Gurevitch - M. R. Levy (eds.), Mass Communication Yearbook 5, Sage, Beverly Hills (CA)1985; Media, myths and narratives: television and the press, Sage, Beverly Hills (CA) 1988; Communication as culture. Essays on media and society, Unwin Hyman, Boston (MA) 1989. Bibliografia completa in Munson-Warren 1997.
Già nel 1970 McLuhan aveva rimarcato l’ambizione di C. nel mettere in discussione i miti della ‘comunicazione’, dei ‘mass media’ e della ‘rivoluzione tecnologica’. Egli si distingue infatti, tra gli studiosi contemporanei, per la resistenza al linguaggio di potere e alla priorità degli aspetti ideologici su quelli rituali o antropologici nell’indagare i modelli culturali. Le questioni dei media sono da lui affrontate con pluralismo, nella consapevolezza che la cultura non è processo a una direzione. La comunicazione moderna ha mutato radicalmente i termini dell’esperienza e della conoscenza, le strutture del senso e del porsi in relazione sociale. Ma quantunque il computer e il satellite abbiano ridotto il ‘tempo’ a un "presente istantaneo" e il ‘mondo’ a un "punto dove ognuno è nello stesso posto", la storia si ripete: la rivoluzione tecnologica, con speranze e timori per i nuovi media, ricalca percorsi interpretativi già battuti nei precedenti stadi di progresso. Facendo ricorso all’etnocentrismo quasi si scusa C. osserviamo come lo sviluppo delle comunicazioni coincida con la storia degli Stati Uniti, società d’immigrati, imponendosi quale fenomeno tipicamente americano. La concezione, con riscontro nella Costituzione federale, poggia sull’affermarsi dei mezzi di trasporto e di trasmissione, tendente a superare le grandi distanze del territorio e a configurare un modello di democrazia che saldasse le tradizioni orali con la nuova civiltà della scrittura. Essa ha tenuto a battesimo l’idea della ‘stampa obiettiva’ e si è rafforzata attraverso il comportamentismo, il funzionalismo, le teorie degli effetti mediali e degli uses and gratifications. Con riferimento a Innis, C. dimostra come questa concezione della comunicazione, sostanzialmente geografica, soffra di un "pregiudizio spaziale" che privilegia il trattamento e la circolazione dei segnali per assicurare il "controllo" di territori e popolazioni locali ma a scapito del "significato". Per elaborare quest’ultimo segue gli antropologi americani, da Mead a Geertz, che indagano i riti popolari, mentre come approccio storico-culturale si rifà a Hoggart e a S. Hall, come pure alla teoria critica della Scuola di Francoforte, a Bourdieu e Foucault.
"L’originalità di C. scrive Gerbner sta nel collegare questioni nodali e nel ridefinirle, forzando a pensare in modo nuovo e proficuo, nello studio della comunicazione, dicotomie come trasmissione vs. rito, ricerca amministrativa vs. critica, positivista vs. marxista, dominante vs. culturale".
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Bibliografia
- CAREY James W., Mass communication research and cultural studies in CURRAN J. - GUREVITCH M. - WOLLACOTT J. (eds.), Mass communication and society, Edward Arnold, London 1979.
- CAREY Daniel, A bibliography of James W. Carey in «Cultural Studies», 23 (2009) 2, pp.304-320 (Numero monografico dedicato a J. CAREY ).
- CAREY Daniel, Life's Work in «Cultural Studies», 23 (2009) 2, pp.167-176 (Numero monografico dedicato a J. CAREY ).
- CAREY James W., Communication as culture. Essays on media and society, Routledge, New York 2009 (ed. orig.1989 - prefazione di ADAM G. Stuart).
- CAREY James W. (ed.), Media, myths and narratives. Television and the press, Sage, London 1988.
- GRAVES Lucas, The affordances of blogging. A case study in culture and technological effects in «Journal of Communication Inquiry», 31 (2007) 4, pp.331-346 (Numero monografico in ricordo di J.Carey).
- MUNSON STRYKER Eve - WARREN Catherine A. (eds.), James Carey. A critical reader, University of Minnesota Press, Minneapolis (MN) 1997.
- PACKER Jeremy - ROBERTSON Craig (eds.), Thinking with James Carey. Essays on communications, transportation, history, Peter Lang, New York [ecc.] 2006.
- RAVAULT René Jean, James Carey in SFEZ Lucien, Dictionnaire critique de la communication, PUF, Paris 1993.
- THOURBURN David, Series editor's introduction in CAREY James, Communication as culture. Essays on media and society, Unwin Hyman, Boston (MA) 1989.
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Note
Come citare questa voce
Gagliardi Carlo , Carey James W., in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (19/12/2024).
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