Newsmaking
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Autore: Piero Trupia
Nella società industriale, e ancor più in quella post-industriale nella quale oggi viviamo, anche la notizia (news) è un bene di consumo ed è pertanto un prodotto. In questo senso si parla di n. La produzione delle notizie non è lasciata al caso; ne è una prova la lotta politica per appropriarsi o controllare i mezzi di comunicazione di massa.
Secondo la Scuola di Francoforte, nella società capitalistica esisterebbero delle centrali, più o meno occulte, per orientare l’ opinione pubblica attraverso la produzione mirata di notizie. Si tratta di un’evidente semplificazione, ma non è infondata l’idea che il n. sia in qualche modo e in una certa misura organizzato. Si è più vicini alla verità se si afferma che l’organizzazione del n. risieda più nella professionalità degli operatori dell’informazione, giornalisti in primo luogo, che non in centri, istituzioni o agenzie appositamente attrezzate. Secondo questo orientamento il n. sarebbe influenzato non da una strategia di produzione ma da una di marketing, nel senso che il confezionatore-produttore della notizia si farebbe guidare da un criterio di accettabilità della stessa, secondo il principio del cosiddetto valore-notizia: contenuto informativo e novità, disponibilità di fonti e materiali documentari e illustrativi, concorrenza, formato, attese del pubblico. Quest’ultimo ‘valore’, le attese del pubblico, ha oggi il maggior peso nel marketing della notizia e quindi nel n. Il produttore, più che orientare il pubblico, si farebbe orientare da esso e così farebbe in una certa misura il politico, al quale, talvolta, il mediaman risulta organicamente collegato. Si ha una prova di tale stato di cose nel lavoro delle agenzie di informazioni, le quali ‘lanciano’ quotidianamente un numero di notizie esuberante rispetto al bisogno dei media e le notizie sistematicamente scartate mediamente due su tre sono più o meno le stesse per tutti i media.
Uno dei paradossi del marketing dei media è la tendenza all’uniformità, piuttosto che alla differenziazione, nella composizione del pacchetto informativo rispetto alla concorrenza (Newsmanagement).
Il marketing della notizia è, a sua volta, dominato dal criterio-obiettivo dell’ agenda-setting. È illuminante la battuta di Woody Allen: "Mi piace il cinema, perché imita la realtà, la quale imita la televisione". La televisione, come prototipo e sintesi dell’informazione di massa, configura l’ immaginario e il panorama cognitivo del pubblico, a meno che questo non disponga di altre fonti informative che gli consentano la libertà di scegliere e quindi di pensare: libero di ‘farsi’ la propria agenda. Ciò può essere possibile, entro certi limiti, per le idee; più difficilmente per le notizie che stimolano la produzione delle idee. In altri termini il lettore di libri e il frequentatore di altre fonti informative al di fuori della stretta attualità, può plausibilmente costruirsi una propria agenda di idee; molto più arduo un tale compito risulta per chi frequenta esclusivamente i media.
L’ agenda-setting assolve anche una funzione di socializzazione, rispondendo all’esigenza di ‘essere informati sull’attualità’ e pertanto di saper parlare con competenza di ciò... di cui tutti parlano. Da questo punto di vista essa assolve una funzione di stabilizzazione sociale, in quanto entro la sua logica si rifugge dal rischio di affrontare nuove tematiche, così come dall’approfondimento delle notizie, fornendo sui fatti presentati, o ‘notiziati’ tutte le informazioni rilevanti (Tematizzazione).
Ugualmente fuori dalla logica dell’agenda-setting, resta la produzione e la messa in circolazione di tutte quelle notizie che possano alimentare la diversità delle opinioni, se non su particolari irrilevanti, a meno che, s’intende, non si voglia alimentare lo scontro ideologico o politico o, più in generale, non si operi nell’arena del conflitto sociale.
Secondo la Scuola di Francoforte, nella società capitalistica esisterebbero delle centrali, più o meno occulte, per orientare l’ opinione pubblica attraverso la produzione mirata di notizie. Si tratta di un’evidente semplificazione, ma non è infondata l’idea che il n. sia in qualche modo e in una certa misura organizzato. Si è più vicini alla verità se si afferma che l’organizzazione del n. risieda più nella professionalità degli operatori dell’informazione, giornalisti in primo luogo, che non in centri, istituzioni o agenzie appositamente attrezzate. Secondo questo orientamento il n. sarebbe influenzato non da una strategia di produzione ma da una di marketing, nel senso che il confezionatore-produttore della notizia si farebbe guidare da un criterio di accettabilità della stessa, secondo il principio del cosiddetto valore-notizia: contenuto informativo e novità, disponibilità di fonti e materiali documentari e illustrativi, concorrenza, formato, attese del pubblico. Quest’ultimo ‘valore’, le attese del pubblico, ha oggi il maggior peso nel marketing della notizia e quindi nel n. Il produttore, più che orientare il pubblico, si farebbe orientare da esso e così farebbe in una certa misura il politico, al quale, talvolta, il mediaman risulta organicamente collegato. Si ha una prova di tale stato di cose nel lavoro delle agenzie di informazioni, le quali ‘lanciano’ quotidianamente un numero di notizie esuberante rispetto al bisogno dei media e le notizie sistematicamente scartate mediamente due su tre sono più o meno le stesse per tutti i media.
Uno dei paradossi del marketing dei media è la tendenza all’uniformità, piuttosto che alla differenziazione, nella composizione del pacchetto informativo rispetto alla concorrenza (Newsmanagement).
Il marketing della notizia è, a sua volta, dominato dal criterio-obiettivo dell’ agenda-setting. È illuminante la battuta di Woody Allen: "Mi piace il cinema, perché imita la realtà, la quale imita la televisione". La televisione, come prototipo e sintesi dell’informazione di massa, configura l’ immaginario e il panorama cognitivo del pubblico, a meno che questo non disponga di altre fonti informative che gli consentano la libertà di scegliere e quindi di pensare: libero di ‘farsi’ la propria agenda. Ciò può essere possibile, entro certi limiti, per le idee; più difficilmente per le notizie che stimolano la produzione delle idee. In altri termini il lettore di libri e il frequentatore di altre fonti informative al di fuori della stretta attualità, può plausibilmente costruirsi una propria agenda di idee; molto più arduo un tale compito risulta per chi frequenta esclusivamente i media.
L’ agenda-setting assolve anche una funzione di socializzazione, rispondendo all’esigenza di ‘essere informati sull’attualità’ e pertanto di saper parlare con competenza di ciò... di cui tutti parlano. Da questo punto di vista essa assolve una funzione di stabilizzazione sociale, in quanto entro la sua logica si rifugge dal rischio di affrontare nuove tematiche, così come dall’approfondimento delle notizie, fornendo sui fatti presentati, o ‘notiziati’ tutte le informazioni rilevanti (Tematizzazione).
Ugualmente fuori dalla logica dell’agenda-setting, resta la produzione e la messa in circolazione di tutte quelle notizie che possano alimentare la diversità delle opinioni, se non su particolari irrilevanti, a meno che, s’intende, non si voglia alimentare lo scontro ideologico o politico o, più in generale, non si operi nell’arena del conflitto sociale.
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Bibliografia
- BOYD Andrew STEWART Peter ALEXANDER Ray, Broadcast journalism. Techniques of radio and television news, Focal Press, Oxford 2008.
- DE VINCENTIIS Mauro, La fabbrica delle notizie. Comunicazione d’impresa e potere di persuasione, Capone Editore, Lecce 1993.
- SANTUCCI Umberto, La comunicazione multimediale. Media e linguaggi per l’impresa del 2000: dal singolo messaggio alla strategia di comunicazione, Il Sole 24 Ore, Milano 1993.
- SIRIGU Renato, Il comunicatore pubblico. Manuale per addetti stampa delle pubbliche amministrazioni, Franco Angeli, Milano 2010.
- VOLLI Ugo, Il libro della comunicazione. Che cosa significa comunicare: idee, strumenti, modelli, Il Saggiatore, Milano 1994.
- VOLLI Ugo, Il nuovo libro della comunicazione. Che cosa significa comunicare: idee, tecnologie, strumenti, modelli, Il Saggiatore, Milano 2007 (1.a ed. 1994).
- WOLF Mauro, Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani, Milano 1998 (or.1985).
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Come citare questa voce
Trupia Piero , Newsmaking, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (23/11/2024).
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