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Autore: Antonio Preziosi
È il giornalista di una testata incaricato di recarsi sul luogo in cui si svolge un avvenimento per raccontarlo e inviare il resoconto dei suoi sviluppi ed esiti. Le qualità professionali dell’i. sono la capacità di indagine, di ricerca e di approfondimento, la curiosità, l’intuizione, l’attitudine a creare e gestire relazioni e rapporti di collaborazione in posti e circostanze nuove. Dal punto di vista tecnico l’i. deve possedere padronanza del linguaggio, sintesi, facilità di scrittura, capacità di improvvisare anche all’ultimo momento, che per gli i. radio-televisivi significa poco prima di collegarsi ‘in diretta’ e nel corso del collegamento stesso.
Al termine i. si accosta spesso l’aggettivo ‘speciale’. Ciò serve per sottolineare che il giornalista è destinato a seguire proprio quel determinato fatto, affiancandosi all’eventuale corrispondente o sostituendosi a lui. L’i. speciale lavora in stretta collaborazione con la redazione di appartenenza alla quale deve trasmettere il suo pezzo giornalistico. La trasmissione avviene oggi in maniera molto più rapida che in passato, grazie all’impiego di telescriventi, telefax, videoterminali portatili, telefoni,cellulari e telefoni satellitari. Gli i. radio-televisivi trasmettono via etere i loro pezzi, solitamente già montati, oppure si collegano in diretta nel corso dei giornali radio o dei telegiornali.
Per quanto riguarda l’aspetto contrattuale, l’i. speciale è equiparato alla figura del caposervizio. Le sue mansioni prevedono la reperibilità in qualsiasi momento e la mancanza di orari redazionali rigidi. Se non è utilizzato in servizio esterno, l’i. è tenuto al lavoro redazionale in mansioni che richiedono le sue specifiche competenze professionali. Per il suo lavoro, infine, il contratto prevede la corresponsione di una particolare indennità compensativa.
Una figura in crisi? Forse non esiste più l’i. speciale di una volta. Pensiamo all’idea romantica di i. che fu incarnata da Luigi Barzini (1874-1947: celebre il suo racconto del raid Parigi-Pechino nel 1907), ai contributi di grandi scrittori come Corrado Alvaro (1895-1956), Alberto Moravia (1907-1990), Goffredo Parise (1929-1986) e Guido Piovene (1907-1974), alle grandi corrispondenze dal Vietnam di Egisto Corradi (1914-1990) e Oriana Fallaci. Questa figura di i. è forse stata, come si dice, messa in crisi dall’avvento della televisione e delle grandi agenzie di informazioni, dal flusso continuo di immagini in presa diretta e di aggiornamenti telematici. Tutto ciò ha certamente abbattuto lo stereotipo del giornalista avventuroso e con la valigia sempre pronta, che, armato soltanto del suo taccuino, raccontava di popoli, usanze e costumi sconosciuti. Tuttavia non è forse esatto parlare di ‘crisi dell’i.’. È vero che oggi l’i. è spesso un redattore distaccato al seguito di avvenimenti di competenza della redazione a cui appartiene (politica, cronaca, cultura, sport, ecc. ). Ed è altrettanto vero che gli avvenimenti da seguire sono spesso preconfezionati o addirittura costruiti a uso e consumo dei media e in particolare della televisione (un esempio ormai classico è quanto è accaduto per la cosiddetta Guerra del Golfo). È vero infine che la televisione precede i giornali nel racconto dei fatti e che sovente li trasforma in giornalismo-spettacolo. Tuttavia la figura dell’i. non è per questo destinata a morire. Anzi, dalla denunciata crisi può uscire rafforzata attraverso una adeguata riconversione professionale. Per Alberto Papuzzi (2000) il giornalismo-spettacolo ha provocato nel giornalista una "spaccatura schizofrenica tra la funzione descrittiva e quella analitica, tra la capacità di far vedere e quella di far capire". Il nuovo i. è chiamato a risolvere questa schizofrenia. Sia quelli che lavorano per la carta stampata, sia gli i. radio-televisivi possono oggi operare in modo da salvaguardare la propria ‘completezza professionale’, conservando il gusto di ‘andare oltre’ il già visto o il già detto, al di là delle lusinghe del ‘giornalismo spettacolo’ e della nostalgia del ‘giornalismo che fu’. Materia di lavoro è sempre la notizia. Scrive ancora Papuzzi: "Lo spazio e il significato giornalistico della notizia è molto più ampio e articolato e si dilata come i classici cerchi nell’acqua dello stagno. Dietro ogni notizia c’è un mondo da scoprire: un mondo occulto di persone, storie, idee, conflitti, fatti economici e problemi sociali". In questa materia così vasta è chiamato a lavorare il nuovo giornalista-inviato. Per non naufragare necessita del continuo appoggio pratico e organizzativo della redazione di appartenenza. Sarà questa ad aggiornarlo con agenzie, testimonianze e novità. Sarà la sua redazione a fare il punto sul lavoro degli ‘altri’, anche in una logica di sano spirito di competizione con altre testate nel racconto dei fatti e nel disvelamento della verità. Senza questo appoggio, l’i. rischia di essere un ‘acrobata senza rete’.
Questa rinnovata concezione del lavoro dell’i., lungi dall’essere un limite, può diventare una qualità in più per la professione di testimone, destinata a rimanere fondamentale e centrale anche nel giornalismo del terzo millennio.
Al termine i. si accosta spesso l’aggettivo ‘speciale’. Ciò serve per sottolineare che il giornalista è destinato a seguire proprio quel determinato fatto, affiancandosi all’eventuale corrispondente o sostituendosi a lui. L’i. speciale lavora in stretta collaborazione con la redazione di appartenenza alla quale deve trasmettere il suo pezzo giornalistico. La trasmissione avviene oggi in maniera molto più rapida che in passato, grazie all’impiego di telescriventi, telefax, videoterminali portatili, telefoni,cellulari e telefoni satellitari. Gli i. radio-televisivi trasmettono via etere i loro pezzi, solitamente già montati, oppure si collegano in diretta nel corso dei giornali radio o dei telegiornali.
Per quanto riguarda l’aspetto contrattuale, l’i. speciale è equiparato alla figura del caposervizio. Le sue mansioni prevedono la reperibilità in qualsiasi momento e la mancanza di orari redazionali rigidi. Se non è utilizzato in servizio esterno, l’i. è tenuto al lavoro redazionale in mansioni che richiedono le sue specifiche competenze professionali. Per il suo lavoro, infine, il contratto prevede la corresponsione di una particolare indennità compensativa.
Una figura in crisi? Forse non esiste più l’i. speciale di una volta. Pensiamo all’idea romantica di i. che fu incarnata da Luigi Barzini (1874-1947: celebre il suo racconto del raid Parigi-Pechino nel 1907), ai contributi di grandi scrittori come Corrado Alvaro (1895-1956), Alberto Moravia (1907-1990), Goffredo Parise (1929-1986) e Guido Piovene (1907-1974), alle grandi corrispondenze dal Vietnam di Egisto Corradi (1914-1990) e Oriana Fallaci. Questa figura di i. è forse stata, come si dice, messa in crisi dall’avvento della televisione e delle grandi agenzie di informazioni, dal flusso continuo di immagini in presa diretta e di aggiornamenti telematici. Tutto ciò ha certamente abbattuto lo stereotipo del giornalista avventuroso e con la valigia sempre pronta, che, armato soltanto del suo taccuino, raccontava di popoli, usanze e costumi sconosciuti. Tuttavia non è forse esatto parlare di ‘crisi dell’i.’. È vero che oggi l’i. è spesso un redattore distaccato al seguito di avvenimenti di competenza della redazione a cui appartiene (politica, cronaca, cultura, sport, ecc. ). Ed è altrettanto vero che gli avvenimenti da seguire sono spesso preconfezionati o addirittura costruiti a uso e consumo dei media e in particolare della televisione (un esempio ormai classico è quanto è accaduto per la cosiddetta Guerra del Golfo). È vero infine che la televisione precede i giornali nel racconto dei fatti e che sovente li trasforma in giornalismo-spettacolo. Tuttavia la figura dell’i. non è per questo destinata a morire. Anzi, dalla denunciata crisi può uscire rafforzata attraverso una adeguata riconversione professionale. Per Alberto Papuzzi (2000) il giornalismo-spettacolo ha provocato nel giornalista una "spaccatura schizofrenica tra la funzione descrittiva e quella analitica, tra la capacità di far vedere e quella di far capire". Il nuovo i. è chiamato a risolvere questa schizofrenia. Sia quelli che lavorano per la carta stampata, sia gli i. radio-televisivi possono oggi operare in modo da salvaguardare la propria ‘completezza professionale’, conservando il gusto di ‘andare oltre’ il già visto o il già detto, al di là delle lusinghe del ‘giornalismo spettacolo’ e della nostalgia del ‘giornalismo che fu’. Materia di lavoro è sempre la notizia. Scrive ancora Papuzzi: "Lo spazio e il significato giornalistico della notizia è molto più ampio e articolato e si dilata come i classici cerchi nell’acqua dello stagno. Dietro ogni notizia c’è un mondo da scoprire: un mondo occulto di persone, storie, idee, conflitti, fatti economici e problemi sociali". In questa materia così vasta è chiamato a lavorare il nuovo giornalista-inviato. Per non naufragare necessita del continuo appoggio pratico e organizzativo della redazione di appartenenza. Sarà questa ad aggiornarlo con agenzie, testimonianze e novità. Sarà la sua redazione a fare il punto sul lavoro degli ‘altri’, anche in una logica di sano spirito di competizione con altre testate nel racconto dei fatti e nel disvelamento della verità. Senza questo appoggio, l’i. rischia di essere un ‘acrobata senza rete’.
Questa rinnovata concezione del lavoro dell’i., lungi dall’essere un limite, può diventare una qualità in più per la professione di testimone, destinata a rimanere fondamentale e centrale anche nel giornalismo del terzo millennio.
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Bibliografia
- AFFAITATI Antonio, L’ombra del mondo, Ponte alle Grazie, Milano 2000.
- DE MARTINO Carlo - BONIFACCI Fabio, Dizionario pratico di giornalismo, Mursia, Milano 1990.
- FRACASSI Claudio, Sotto la notizia niente. Saggio sull’informazione planetaria, Editori Riuniti, Roma 2007.
- PAPUZZI Alberto, Professione giornalista. Le tecniche, i media, le regole, Donzelli, Roma 2010 (5.a ed) Disponibile come e-book.
- VIALI Antonio - FAUSTINI Gianni, La professione del giornalista e il suo ordinamento, Ordine dei giornalisti. Consiglio Nazionale, Roma 1992.
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Come citare questa voce
Preziosi Antonio , Inviato, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (03/12/2024).
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