Videoregistratore
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Autore: Franco Lever
È lo strumento elettromeccanico che consente di registrare e riprodurre il segnale televisivo, si tratti delle immagini e del suono provenienti da un banco di regia o da una telecamera oppure del programma diffuso da un’emittente televisiva. In questo secondo caso situazione tipica del mondo amatoriale ciò che viene chiamato v. è un apparecchio del genere ‘due-in-uno’: al v. infatti viene associato un sintonizzatore, lo strumento in grado di ricevere il segnale di alta frequenza proveniente dall’antenna e di convertirlo nel segnale a bassa frequenza che viene registrato. È per questo che si può seguire un programma in Tv, mentre il v. ne registra un altro: il televisore e il v. sono infatti indipendenti l’uno dall’altro nel decodificare il segnale captato dall’antenna.
Le difficoltà tecniche per realizzare un v. erano però notevolissime (negli USA c’era già il colore). Il segnale video infatti non solo è molto più complesso di quello audio (comprende i segnali di sincronismo di quadro e di riga, il segnale relativo alla definizione dell’immagine in bianco e nero la luminanza e quello con le informazioni per il colore la crominanza), ma esige anche una precisione dell’ordine del milionesimo di secondo (una minima variazione di ritmo e l’immagine è persa).
In teoria si sarebbe potuto utilizzare la macchina messa a punto per il suono, soltanto che per registrare la complessità del segnale video il nastro avrebbe dovuto scorrere davanti alla testina alla velocità di oltre 50 metri al secondo. Quasi 200 km di nastro per un’ora di registrazione: impossibile.
L’idea giusta nacque in casa Ampex (Registratore audio): impiegare un nastro magnetico di 2 pollici (5 cm) di larghezza, utilizzando contemporaneamente quattro testine montate su un tamburo rotante in senso ortogonale allo scorrere del nastro (9 cm/s). Il primo v. venne presentato nell’aprile del 1956 e portava il nome VR 1000 (immagini in bianco e nero); l’anno successivo comparve la versione a colori (VR 1000 C). Il successo fu immediato su scala mondiale, a tal punto che nell’ambiente professionale per qualche decennio per indicare un v. si è usato il termine Ampex (indipendentemente dal nome della casa produttrice). In Italia la versione PAL arrivò nel 1959.
Il v. ha cambiato la storia della televisione. Il suo impiego infatti ha determinato in tutti i settori una profonda modifica di procedure e comportamenti: la produzione si è liberata dall’obbligo della diretta (oggi, ad esempio, in diretta sono rimasti soltanto i grandi eventi, alcuni programmi sportivi e, non dappertutto, la trasmissione della Messa); con la postproduzione (l’editing elettronico diventa possibile nel 1961) la Tv ha adottato, semplificandole, le procedure di montaggio del cinema con notevole risparmio e nuovi spazi per la creatività; è possibile tenere copia delle trasmissioni fatte in videoteca, in modo che la televisione possa parlare di se stessa (lo farà sempre più spesso, riducendo la sua attenzione all’attualità); la fase di trasmissione ha potuto essere automatizzata. Anche la ricezione è progressivamente e radicalmente mutata, a mano a mano che il v. è entrato nelle case dei telespettatori. Il ricevente si è visto restituire un po’ di libertà: non è più vincolato all’orario, può organizzare un suo palinsesto, utilizzando materiale registrato in precedenza o noleggiato sul nuovo mercato del video (al noleggio dei film in 16 e in 8 mm, nel breve giro di alcuni anni, non è rimasto alcun spazio).
Anche il problema dei differenti standard televisivi ha avuto, con l’avvento del v., un’utile soluzione (non totale, ma effettiva). Verso gli anni Ottanta sono comparsi dei v. denominati multistandard, in grado di leggere programmi realizzati in NTSC o SECAM o PAL. Inizialmente anche il televisore doveva essere multistandard, fatto ora non più indispensabile perché alcuni v. possono far vedere un programma NTSC su televisori PAL. La conversione tra standard diversi resta un problema risolvibile solo con macchine specifiche di tipo professionale, oggi più accessibili grazie alla codifica digitale, ma pur sempre dal prezzo molto elevato.
2.1. La moltiplicazione dei modelli.
Ci si trova quindi di fronte a un vero e proprio moltiplicarsi di modelli, soprattutto dopo l’introduzione della codifica digitale del segnale video. Proviamo a farne un semplice elenco, rinviando per quanto possibile alle voci corrispondenti.
Modelli per i professionisti. Dopo il ‘quadruplex’ sono venute due serie di macchine contrassegnate con le lettere B e C (scansione elicoidale, nastro a bobine aperte di 1"). Tra i v. a cassetta possiamo ricordare: i v. U-matic, decisamente migliorati con la serie BVU (Broadcasting Version U-matic); la serie Betacam della Sony (macchina diffusissima) e MII della Matsushita (scarso successo). I professionisti sono stati i primi ad avere a disposizioni macchine di tipo digitale, i cui successivi modelli vennero contrassegnati con la lettera D (si è arrivati alla D-9). Alla domanda di macchine portatili di grande qualità, la Sony ha risposto con i modelli Digital Betacam e Betacam Sx. Di qualità inferiore, sempre però molto alta, il formato DV nelle versioni DVCAM e DVPRO.
Modelli per i dilettanti (mercato chiamato anche home-video). Dopo qualche tentativo con macchine a bobine aperte (primissimi anni Settanta: Philips, con nastri di mezzo pollice; AKAI con nastri di 1/4 di pollice), il primo v. a cassette a imporsi realmente sul mercato fu il Betamax, surclassato poi dal VHS. La Philips, assieme alla Grundig, nel 1980 tentò di resistere allo strapotere giapponese proponendo il Video 2000, ma senza successo. Poi sono venute le minicassette del Video 8 e del VHS-c; un deciso miglioramento qualitativo con il S-VHS e il Video 8 Hi.
Con l’avvento del digitale si sta affermando decisamente il DV (cassetta standard o mini); vengono proposti anche il Digital 8 (della Sony), che legge anche le vecchie cassette Video 8 e il D-VHS, la versione digitale del VHS.
2.2. Quale compatibilità?
Di fronte a tante macchine, nastri e cassette diversi non può non sorgere la domanda relativa alla compatibilità tra una macchina e l’altra. Il problema è meno complesso di quanto possa sembrare.
Vera incompatibilità c’è solo a livello di standard (NTSC; PAL;SECAM), per la semplice ragione che il segnale televisivo è profondamente diverso nei tre casi e quindi può essere registrato e letto soltanto da macchine dello stesso standard (se però ci si accontenta dell’immagine in b/n, tra PAL e SECAM c’è compatibilità).
Tutti i v. di uno stesso standard senza eccezione sono abilitati a usare il segnale video composito (molte macchine recenti anche il segnale per componenti Y/C): in questo modo è sempre possibile collegare due v. per fare copia di un nastro.
Se invece si prendono in considerazione i formati del nastro e delle cassette, allora la babele è notevole. In generale si può dire che ogni cassetta vuole la macchina corrispondente, salvo la versione minor o mini di alcune cassette, leggibili con o senza adattatore anche sulla macchina normale. Ad esempio, hanno il doppio tipo di cassetta l’U-matic, il VHS, il Betacam, il DV.
Si nota comunque che le case produttrici cercano di garantire un minimo di attenzione ai loro clienti, quando presentano un modello che migliora (anche di molto) il v. già presente sul mercato; infatti fanno in modo che la macchina nuova legga le cassette vecchie: così il v. S-VHS legge le cassette VHS; quello Hi8 legge il Video8; il nuovo Digital 8 legge sia le Hi8 che le Video8.
Un problema già esistente si è notevolmente aggravato con l’introduzione dei v. digitali. Con queste macchine si possono fare copie perfette di un programma originale, fino alla centesima generazione (dalla prima alla seconda, dalla seconda alla terza e così via). Questa ‘compatibilità’ è giudicata eccessiva da parte di tutti coloro che producono e distribuiscono programmi video, perché determina lo stravolgimento del mercato, con la violazione del diritto di autore e l’imperversare della pirateria. Una soluzione che sta prendendo piede è l’adozione di sistemi intelligenti di collegamento, capaci di riconoscere se il programma da copiare è libero da copyright; nel caso non lo sia, la macchina lascia fare una sola copia non più ulteriormente riproducibile.
2.3. Le principali innovazioni.
Elenchiamo brevemente quali sono le innovazioni che in meno di 50 anni (il primo v. è del 1956) hanno reso così accessibile il linguaggio video, non solo a livello di lettura, ma anche a livello di produzione originale.
a) La scansione elicoidale. Le testine video sono collocate su un cilindro che ruota su un asse leggermente obliquo rispetto alla linea ortogonale allo scorrimento del nastro; il segnale video viene così registrato sul nastro per tracce diagonali, facendo un uso ottimale del nastro. L’idea venne proposta dall’ingegnere tedesco E. Schüller nel 1953, ma fu adottata dall’industria americana (i v. professionali Ampex della serie ‘C’) e dai giapponesi.
b) La registrazione per componenti. I primi registratori elaboravano il segnale video composito, un unico segnale che conteneva tutti i dati necessari alla ricostruzione dell’immagine (i vari sincronismi di quadro e di riga, la luminanza, la crominanza). Il fatto che i dati relativi alla luminanza e quelli di crominanza viaggiassero insieme comportava però delle interferenze tra loro, con un deterioramento della qualità dell’immagine. All’inizio degli anni Ottanta compaiono le prime macchine in grado di fornire risultati eccellenti proprio registrando la luminanza e la crominanza su tracce separate: per questo camcorder e v. di tipo Betacam a livello professionale e S-VHS e Hi8 a livello amatoriale, accanto al solito attacco BNC (per il segnale composito), presentano due prese di modello nuovo dette s-video o anche Y/C, sigla che evidenzia la separazione tra la luminanza (Y) e la crominanza (C). In ambito professionale, proprio per ottenere una qualità sempre maggiore, la crominanza è stata poi ulteriormente scomposta in due segnali detti differenze colore (in sigla: R-Y e B-Y).
c) L’adozione del linguaggio digitale. Il passo in assoluto più rivoluzionario è l’adozione del linguaggio digitale. In questo modo tutta la tecnologia messa a punto per i computer è diventata d’un tratto disponibile anche per il linguaggio video, garantendo da subito livelli altissimi di qualità. Dal momento poi che immagini e suoni diventano dei file, si possono trattare con le stesse strategie già usate in altre situazioni. Uno sforzo grandioso è stato fatto per mettere a punto processi di compressione sempre più potenti, capaci di garantire la qualità dell’immagine nonostante la drastica riduzione dei byte necessari a esprimerla. I risultati non si sono fatti attendere: si usano soprattutto l’MJPEG (JPEG) e l’MPEG. La compressione può arrivare a rapporti 10:1 come nel formato Betacam Sx, senza che la qualità ne soffra in modo sensibile. Questo significa che i supporti necessari per memorizzare un programma possono essere proporzionalmente ridotti.
d) Il nuovo sistema di registrazione ottico/magnetico. È un nuovo sistema di registrazione, non più basato sulla sola induzione elettromagnetica, ma su un processo che sfrutta al tempo stesso l’elettromagnetismo e la diversa polarizzazione del raggio laser riflesso dalla superficie di un nuovo tipo di CD: la tecnologia è chiamata magneto-ottica. I vantaggi sono notevoli: accesso a un punto qualsiasi della registrazione in modo istantaneo (la cassetta invece bisogna avvolgerla e riavvolgerla); economia del supporto (un CD ha un costo assai più contenuto di una cassetta di qualità); semplificazione meccanica della macchina, che a questo punto non è diversa dal player montato su un computer; adozione di uno stesso supporto, il CD o il DVD. È questione di tempo (probabilmente assai poco): per il v. non c’è più posto, basta il computer con i molti gigabyte di memoria di cui è dotato soprattutto ora che sono disponibili i DVD riscrivibili. Già oggi alcune emittenti televisive fanno a meno dei supporti magnetici tradizionali. E così, con meno di 50 anni, il v. finisce in museo.
La scansione elicoidale ha consentito la riduzione del nastro a dimensioni sempre minori, sia in termini di lunghezza sia in termini di larghezza (dai cinque centimetri iniziali fino agli attuali 8 mm del Video 8). Il continuo miglioramento qualitativo del nastro e la microelettronica hanno favorito il passaggio dalle bobine aperte alle cassette, prima piuttosto grandi poi sempre più piccole: in proporzione si sono ridotte anche le dimensioni delle telecamere e sono nati i camcorder, alcuni ora di dimensioni palmari. La tecnologia digitale anche con l’introduzione delle unità di montaggio non lineare (in sostanza, un computer potente con software dedicato) ha ridotto di molto la distanza tra i risultati del lavoro di un professionista e la qualità accessibile al dilettante esigente, all’insegnante e agli studenti nella scuola, all’animatore sociale. Preparare un programma televisivo sta diventando facile dal punto di vista tecnico come era un tempo lavorare con un ciclostile. Ciò favorisce la nascita di un linguaggio televisivo dinamico, alla portata di molti, sempre a ridosso degli avvenimenti e dei personaggi.
1. Le origini
La rivoluzione provocata alla fine degli anni Quaranta dall’introduzione del registratore audio nelle emittenti radio e nei centri di produzione musicale fu così radicale e, nello stesso tempo, così proficua, da far sentire indispensabile una macchina simile anche per il segnale televisivo. Ciò era vero soprattutto negli USA dove le emissioni televisive, iniziate nell’anteguerra, coprivano ormai tutto il territorio nazionale. Il fatto che tra New York e Los Angeles ci fosse la differenza di quattro fusi orari obbligava a replicare lo stesso programma varie volte, se lo si voleva fare arrivare a tutti i cittadini; in alternativa si dovevano riprendere le immagini di un monitor su pellicola cinematografica (lo strumento usato venne chiamato vidigrafo) e spedire le bobine alle diverse emittenti: con costi enormi e ritardi evidenti.Le difficoltà tecniche per realizzare un v. erano però notevolissime (negli USA c’era già il colore). Il segnale video infatti non solo è molto più complesso di quello audio (comprende i segnali di sincronismo di quadro e di riga, il segnale relativo alla definizione dell’immagine in bianco e nero la luminanza e quello con le informazioni per il colore la crominanza), ma esige anche una precisione dell’ordine del milionesimo di secondo (una minima variazione di ritmo e l’immagine è persa).
In teoria si sarebbe potuto utilizzare la macchina messa a punto per il suono, soltanto che per registrare la complessità del segnale video il nastro avrebbe dovuto scorrere davanti alla testina alla velocità di oltre 50 metri al secondo. Quasi 200 km di nastro per un’ora di registrazione: impossibile.
L’idea giusta nacque in casa Ampex (Registratore audio): impiegare un nastro magnetico di 2 pollici (5 cm) di larghezza, utilizzando contemporaneamente quattro testine montate su un tamburo rotante in senso ortogonale allo scorrere del nastro (9 cm/s). Il primo v. venne presentato nell’aprile del 1956 e portava il nome VR 1000 (immagini in bianco e nero); l’anno successivo comparve la versione a colori (VR 1000 C). Il successo fu immediato su scala mondiale, a tal punto che nell’ambiente professionale per qualche decennio per indicare un v. si è usato il termine Ampex (indipendentemente dal nome della casa produttrice). In Italia la versione PAL arrivò nel 1959.
Il v. ha cambiato la storia della televisione. Il suo impiego infatti ha determinato in tutti i settori una profonda modifica di procedure e comportamenti: la produzione si è liberata dall’obbligo della diretta (oggi, ad esempio, in diretta sono rimasti soltanto i grandi eventi, alcuni programmi sportivi e, non dappertutto, la trasmissione della Messa); con la postproduzione (l’editing elettronico diventa possibile nel 1961) la Tv ha adottato, semplificandole, le procedure di montaggio del cinema con notevole risparmio e nuovi spazi per la creatività; è possibile tenere copia delle trasmissioni fatte in videoteca, in modo che la televisione possa parlare di se stessa (lo farà sempre più spesso, riducendo la sua attenzione all’attualità); la fase di trasmissione ha potuto essere automatizzata. Anche la ricezione è progressivamente e radicalmente mutata, a mano a mano che il v. è entrato nelle case dei telespettatori. Il ricevente si è visto restituire un po’ di libertà: non è più vincolato all’orario, può organizzare un suo palinsesto, utilizzando materiale registrato in precedenza o noleggiato sul nuovo mercato del video (al noleggio dei film in 16 e in 8 mm, nel breve giro di alcuni anni, non è rimasto alcun spazio).
Anche il problema dei differenti standard televisivi ha avuto, con l’avvento del v., un’utile soluzione (non totale, ma effettiva). Verso gli anni Ottanta sono comparsi dei v. denominati multistandard, in grado di leggere programmi realizzati in NTSC o SECAM o PAL. Inizialmente anche il televisore doveva essere multistandard, fatto ora non più indispensabile perché alcuni v. possono far vedere un programma NTSC su televisori PAL. La conversione tra standard diversi resta un problema risolvibile solo con macchine specifiche di tipo professionale, oggi più accessibili grazie alla codifica digitale, ma pur sempre dal prezzo molto elevato.
2. Evoluzione del v.
Dal momento della sua comparsa, l’evoluzione tecnica e qualitativa del v. è stata incessante. Del resto il mercato potenziale dello strumento era tanto vasto e ricco da sostenere senza problemi gli enormi investimenti necessari. Due le categorie in cui si distinguono gli utilizzatori: i professionisti e i dilettanti. Tre invece i livelli di qualità delle macchine: livello broadcast (macchine impiegate negli studi delle grandi emittenti e relativi centri di produzione: nessun compromesso sulla qualità e dunque costi elevatissimi), livello industriale/professionale (macchine per piccole emittenti o per centri di produzione di materiale video educativo, per la formazione professionale: equilibrio tra buona qualità e costi), livello amatoriale (uso domestico, scolastico: qualità accettabile, costi contenuti). Le prime macchine corrispondenti ai tre livelli indicati sono comparse in tempi successivi con una certa lentezza (Ampex 1956, U-matic a partire dal 1969, Betamax, 1975 e VHS, 1976). A partire dal 1980 invece lo sviluppo è stato incalzante e le innovazioni sono state introdotte immediatamente a tutti e tre i livelli.2.1. La moltiplicazione dei modelli.
Ci si trova quindi di fronte a un vero e proprio moltiplicarsi di modelli, soprattutto dopo l’introduzione della codifica digitale del segnale video. Proviamo a farne un semplice elenco, rinviando per quanto possibile alle voci corrispondenti.
Modelli per i professionisti. Dopo il ‘quadruplex’ sono venute due serie di macchine contrassegnate con le lettere B e C (scansione elicoidale, nastro a bobine aperte di 1"). Tra i v. a cassetta possiamo ricordare: i v. U-matic, decisamente migliorati con la serie BVU (Broadcasting Version U-matic); la serie Betacam della Sony (macchina diffusissima) e MII della Matsushita (scarso successo). I professionisti sono stati i primi ad avere a disposizioni macchine di tipo digitale, i cui successivi modelli vennero contrassegnati con la lettera D (si è arrivati alla D-9). Alla domanda di macchine portatili di grande qualità, la Sony ha risposto con i modelli Digital Betacam e Betacam Sx. Di qualità inferiore, sempre però molto alta, il formato DV nelle versioni DVCAM e DVPRO.
Modelli per i dilettanti (mercato chiamato anche home-video). Dopo qualche tentativo con macchine a bobine aperte (primissimi anni Settanta: Philips, con nastri di mezzo pollice; AKAI con nastri di 1/4 di pollice), il primo v. a cassette a imporsi realmente sul mercato fu il Betamax, surclassato poi dal VHS. La Philips, assieme alla Grundig, nel 1980 tentò di resistere allo strapotere giapponese proponendo il Video 2000, ma senza successo. Poi sono venute le minicassette del Video 8 e del VHS-c; un deciso miglioramento qualitativo con il S-VHS e il Video 8 Hi.
Con l’avvento del digitale si sta affermando decisamente il DV (cassetta standard o mini); vengono proposti anche il Digital 8 (della Sony), che legge anche le vecchie cassette Video 8 e il D-VHS, la versione digitale del VHS.
2.2. Quale compatibilità?
Di fronte a tante macchine, nastri e cassette diversi non può non sorgere la domanda relativa alla compatibilità tra una macchina e l’altra. Il problema è meno complesso di quanto possa sembrare.
Vera incompatibilità c’è solo a livello di standard (NTSC; PAL;SECAM), per la semplice ragione che il segnale televisivo è profondamente diverso nei tre casi e quindi può essere registrato e letto soltanto da macchine dello stesso standard (se però ci si accontenta dell’immagine in b/n, tra PAL e SECAM c’è compatibilità).
Tutti i v. di uno stesso standard senza eccezione sono abilitati a usare il segnale video composito (molte macchine recenti anche il segnale per componenti Y/C): in questo modo è sempre possibile collegare due v. per fare copia di un nastro.
Se invece si prendono in considerazione i formati del nastro e delle cassette, allora la babele è notevole. In generale si può dire che ogni cassetta vuole la macchina corrispondente, salvo la versione minor o mini di alcune cassette, leggibili con o senza adattatore anche sulla macchina normale. Ad esempio, hanno il doppio tipo di cassetta l’U-matic, il VHS, il Betacam, il DV.
Si nota comunque che le case produttrici cercano di garantire un minimo di attenzione ai loro clienti, quando presentano un modello che migliora (anche di molto) il v. già presente sul mercato; infatti fanno in modo che la macchina nuova legga le cassette vecchie: così il v. S-VHS legge le cassette VHS; quello Hi8 legge il Video8; il nuovo Digital 8 legge sia le Hi8 che le Video8.
Un problema già esistente si è notevolmente aggravato con l’introduzione dei v. digitali. Con queste macchine si possono fare copie perfette di un programma originale, fino alla centesima generazione (dalla prima alla seconda, dalla seconda alla terza e così via). Questa ‘compatibilità’ è giudicata eccessiva da parte di tutti coloro che producono e distribuiscono programmi video, perché determina lo stravolgimento del mercato, con la violazione del diritto di autore e l’imperversare della pirateria. Una soluzione che sta prendendo piede è l’adozione di sistemi intelligenti di collegamento, capaci di riconoscere se il programma da copiare è libero da copyright; nel caso non lo sia, la macchina lascia fare una sola copia non più ulteriormente riproducibile.
2.3. Le principali innovazioni.
Elenchiamo brevemente quali sono le innovazioni che in meno di 50 anni (il primo v. è del 1956) hanno reso così accessibile il linguaggio video, non solo a livello di lettura, ma anche a livello di produzione originale.
a) La scansione elicoidale. Le testine video sono collocate su un cilindro che ruota su un asse leggermente obliquo rispetto alla linea ortogonale allo scorrimento del nastro; il segnale video viene così registrato sul nastro per tracce diagonali, facendo un uso ottimale del nastro. L’idea venne proposta dall’ingegnere tedesco E. Schüller nel 1953, ma fu adottata dall’industria americana (i v. professionali Ampex della serie ‘C’) e dai giapponesi.
b) La registrazione per componenti. I primi registratori elaboravano il segnale video composito, un unico segnale che conteneva tutti i dati necessari alla ricostruzione dell’immagine (i vari sincronismi di quadro e di riga, la luminanza, la crominanza). Il fatto che i dati relativi alla luminanza e quelli di crominanza viaggiassero insieme comportava però delle interferenze tra loro, con un deterioramento della qualità dell’immagine. All’inizio degli anni Ottanta compaiono le prime macchine in grado di fornire risultati eccellenti proprio registrando la luminanza e la crominanza su tracce separate: per questo camcorder e v. di tipo Betacam a livello professionale e S-VHS e Hi8 a livello amatoriale, accanto al solito attacco BNC (per il segnale composito), presentano due prese di modello nuovo dette s-video o anche Y/C, sigla che evidenzia la separazione tra la luminanza (Y) e la crominanza (C). In ambito professionale, proprio per ottenere una qualità sempre maggiore, la crominanza è stata poi ulteriormente scomposta in due segnali detti differenze colore (in sigla: R-Y e B-Y).
c) L’adozione del linguaggio digitale. Il passo in assoluto più rivoluzionario è l’adozione del linguaggio digitale. In questo modo tutta la tecnologia messa a punto per i computer è diventata d’un tratto disponibile anche per il linguaggio video, garantendo da subito livelli altissimi di qualità. Dal momento poi che immagini e suoni diventano dei file, si possono trattare con le stesse strategie già usate in altre situazioni. Uno sforzo grandioso è stato fatto per mettere a punto processi di compressione sempre più potenti, capaci di garantire la qualità dell’immagine nonostante la drastica riduzione dei byte necessari a esprimerla. I risultati non si sono fatti attendere: si usano soprattutto l’MJPEG (JPEG) e l’MPEG. La compressione può arrivare a rapporti 10:1 come nel formato Betacam Sx, senza che la qualità ne soffra in modo sensibile. Questo significa che i supporti necessari per memorizzare un programma possono essere proporzionalmente ridotti.
d) Il nuovo sistema di registrazione ottico/magnetico. È un nuovo sistema di registrazione, non più basato sulla sola induzione elettromagnetica, ma su un processo che sfrutta al tempo stesso l’elettromagnetismo e la diversa polarizzazione del raggio laser riflesso dalla superficie di un nuovo tipo di CD: la tecnologia è chiamata magneto-ottica. I vantaggi sono notevoli: accesso a un punto qualsiasi della registrazione in modo istantaneo (la cassetta invece bisogna avvolgerla e riavvolgerla); economia del supporto (un CD ha un costo assai più contenuto di una cassetta di qualità); semplificazione meccanica della macchina, che a questo punto non è diversa dal player montato su un computer; adozione di uno stesso supporto, il CD o il DVD. È questione di tempo (probabilmente assai poco): per il v. non c’è più posto, basta il computer con i molti gigabyte di memoria di cui è dotato soprattutto ora che sono disponibili i DVD riscrivibili. Già oggi alcune emittenti televisive fanno a meno dei supporti magnetici tradizionali. E così, con meno di 50 anni, il v. finisce in museo.
3. Un nuovo scenario
L’excursus fatto non è motivato soltanto da un interesse per la storia della tecnologia. Contemporaneamente alla macchina sono cambiate anche molte altre cose, cosicché la stessa televisione non è più il ‘mass medium’ di venti o trent’anni fa.La scansione elicoidale ha consentito la riduzione del nastro a dimensioni sempre minori, sia in termini di lunghezza sia in termini di larghezza (dai cinque centimetri iniziali fino agli attuali 8 mm del Video 8). Il continuo miglioramento qualitativo del nastro e la microelettronica hanno favorito il passaggio dalle bobine aperte alle cassette, prima piuttosto grandi poi sempre più piccole: in proporzione si sono ridotte anche le dimensioni delle telecamere e sono nati i camcorder, alcuni ora di dimensioni palmari. La tecnologia digitale anche con l’introduzione delle unità di montaggio non lineare (in sostanza, un computer potente con software dedicato) ha ridotto di molto la distanza tra i risultati del lavoro di un professionista e la qualità accessibile al dilettante esigente, all’insegnante e agli studenti nella scuola, all’animatore sociale. Preparare un programma televisivo sta diventando facile dal punto di vista tecnico come era un tempo lavorare con un ciclostile. Ciò favorisce la nascita di un linguaggio televisivo dinamico, alla portata di molti, sempre a ridosso degli avvenimenti e dei personaggi.
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Bibliografia
- BENOIT Herve, Digital television. MPEG-1, MPEG-2 and principles of the DVB system, J. Wiley and Sons, New York 1997.
- BURROWS Thomas D. - GROSS Lynne S. - WOOD Donald N., Fare la televisione oggi. Tecniche e produzione, Lupetti, Milano 1998.
- COASSIN Gabriele, Video digitale. La ripresa, Apogeo, Milano 2007.
- CORAZZA Gian M. - ZENATTI Sergio, Dentro la televisione. Strumenti, tecniche e segreti della TV, Gremese, Roma 1999.
- SOLARINO Carlo, Video produzione digitale. Il segnale, le apparecchiature, gli studi, Vertical Editrice, Milano 1999.
- STERLING Christopher I., Focal encyclopedia of electronic media: video, audio, lighting, multimedia, Internet, Butterworth-Heinemann, Oxford 1998.
- WATKINSON John, MPEG 2, Focal Press, Boston (MA) 1999.
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Note
Come citare questa voce
Lever Franco , Videoregistratore, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (19/12/2024).
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