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Autore: Pier Cesare Rivoltella
Con questo termine si designa, tradizionalmente, l’artefice e garante a tutti gli effetti di una qualsiasi comunicazione.
Proprio per questa duplice caratteristica il fatto, cioè, di riferirsi a qualcuno che è materialmente e ideologicamente responsabile di un certo messaggio esso ha finito per indicare nella storia delle diverse arti, e poi nella cultura di massa, l’auctoritas, cioè un individuo che, in virtù delle proprie competenze e del prestigio culturale che da esse consegue, ha il diritto di attribuirsi la paternità di una certa opera. È in questo senso che di un romanzo possiamo dire che esso è di Silone o Pirandello, riconosciamo in Pasolini l’a. di Porcile o Accattone, attribuiamo un editoriale a Montanelli o uno spot pubblicitario a Oliviero Toscani. In tutti questi casi, opere diversissime tra loro per forma e scelte espressive vengono ricondotte alla persona che le ha materialmente ideate e prodotte, e si riconosce in esse non soltanto la paternità, ma anche la originalità di alcune precise scelte di stile che rendono ciascuna di queste opere irriducibile all’autoralità di nessun altro se non del suo legittimo artefice.
A partire dagli anni Settanta, questo concetto di a. va in crisi insieme al suo correlato, quello di opera. Responsabili di questa crisi sono le cosiddette teorie del lettore implicito (Semiotica), cioè le prospettive di studiosi come Iser, Booth e Chatman, che iniziano a mettere in discussione il fatto che si possa pensare all’a. e al lettore semplicisticamente come a due individui in carne e ossa. Alla luce della svolta impressa alla ricerca da queste teorie, le semiotiche testualiste iniziano a distinguere l’a. empirico di un testo, cioè il suo esecutore materiale, dal suo a. implicito (Eco Umberto): quest’ultimo è un’istanza simbolica, presente all’interno del testo, che si può ritenere causa di qualsiasi significato rintracciabile nel testo stesso. Evidente la funzionalità di questa nuova categoria: essa consente di spiegare, meglio di quanto non facesse il vecchio concetto di a., la natura che il testo ha di essere una vera e propria macchina che produce significato, una macchina che l’a. (con i suoi desideri, le sue idee, i suoi progetti) mette in moto, ma della quale non riesce a essere assolutamente padrone. Il significato che un testo produce, infatti, è straordinariamente più ampio di quanto il suo a. empirico non possa immaginare: l’a. implicito è proprio l’istanza enunciativa, soggiacente al testo, cui si deve ricondurre la responsabilità di questo surplus di significato.
Proprio per questa duplice caratteristica il fatto, cioè, di riferirsi a qualcuno che è materialmente e ideologicamente responsabile di un certo messaggio esso ha finito per indicare nella storia delle diverse arti, e poi nella cultura di massa, l’auctoritas, cioè un individuo che, in virtù delle proprie competenze e del prestigio culturale che da esse consegue, ha il diritto di attribuirsi la paternità di una certa opera. È in questo senso che di un romanzo possiamo dire che esso è di Silone o Pirandello, riconosciamo in Pasolini l’a. di Porcile o Accattone, attribuiamo un editoriale a Montanelli o uno spot pubblicitario a Oliviero Toscani. In tutti questi casi, opere diversissime tra loro per forma e scelte espressive vengono ricondotte alla persona che le ha materialmente ideate e prodotte, e si riconosce in esse non soltanto la paternità, ma anche la originalità di alcune precise scelte di stile che rendono ciascuna di queste opere irriducibile all’autoralità di nessun altro se non del suo legittimo artefice.
A partire dagli anni Settanta, questo concetto di a. va in crisi insieme al suo correlato, quello di opera. Responsabili di questa crisi sono le cosiddette teorie del lettore implicito (Semiotica), cioè le prospettive di studiosi come Iser, Booth e Chatman, che iniziano a mettere in discussione il fatto che si possa pensare all’a. e al lettore semplicisticamente come a due individui in carne e ossa. Alla luce della svolta impressa alla ricerca da queste teorie, le semiotiche testualiste iniziano a distinguere l’a. empirico di un testo, cioè il suo esecutore materiale, dal suo a. implicito (Eco Umberto): quest’ultimo è un’istanza simbolica, presente all’interno del testo, che si può ritenere causa di qualsiasi significato rintracciabile nel testo stesso. Evidente la funzionalità di questa nuova categoria: essa consente di spiegare, meglio di quanto non facesse il vecchio concetto di a., la natura che il testo ha di essere una vera e propria macchina che produce significato, una macchina che l’a. (con i suoi desideri, le sue idee, i suoi progetti) mette in moto, ma della quale non riesce a essere assolutamente padrone. Il significato che un testo produce, infatti, è straordinariamente più ampio di quanto il suo a. empirico non possa immaginare: l’a. implicito è proprio l’istanza enunciativa, soggiacente al testo, cui si deve ricondurre la responsabilità di questo surplus di significato.
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Bibliografia
- BETTETINI Gianfranco, La conversazione audiovisiva, Bompiani, Milano 1984.
- ECO Umberto, Lector in fabula, Bompiani, Milano 1979.
- SEGRE Cesare, Avviamento all’analisi del testo letterario, Einaudi, Torino 1985.
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Come citare questa voce
Rivoltella Pier Cesare , Autore, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (22/12/2024).
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