Sperimentalismo cinematografico
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Autore: Guido Michelone
Una famosa immagine del film sperimentalista Un Chien Andalou, prodotto diretto ed interpretato da Luis Buñuel e Salvador Dalí
A livello di massa, oggi il termine è sempre meno adoperato nel parlare d’arte, per due importanti motivi: il primo è che, dagli anni Sessanta in poi, nella cultura umanistica è arduo isolare esperienze che pratichino, in completa autonomia, con coerenza e continuità, un’autentica ricerca sui mezzi e sugli scopi del ‘fare’ artistico, con l’eccezione di settori molto specifici dall’alto sostegno tecnologico (videoarte o computergrafica). Oggigiorno si vive in un’epoca dove tutto si muove in ‘avanti’ e nella quale artisti e comunicatori lavorano più sull’ermeneutica dell’arte stessa che non sui suoi elementi costitutivi. Per questo critici e studiosi sostituiscono alle parole avanguardia o sperimentalismo termini, più o meno azzeccati, come postmoderno, neobarocco, trans-avanguardia, postindustriale, per meglio delineare posizioni eccentriche o radicali.
Il secondo motivo è che lo sperimentalismo richiama, per associazione culturalmente acquisita, la stagione artistica chiamata avanguardia storica del primo trentennio di questo secolo, per la precisione dal 1905 al 1929-30: riferimento dunque molto diretto e fuorviante se accostato a situazioni recenti. Ma da quegli anni che hanno cambiato il modo di intendere e praticare le arti (letteratura, pittura, scultura, architettura, teatro, danza, cinema, moda, design, grafica, arredamento) occorre partire per un’analisi dei rapporti che gli allora nascenti mass media hanno intrattenuto con le avanguardie medesime: si potrà quindi parlare di avanguardia cinematografica quale movimento coerente con la rivoluzionaria atmosfera respirata nelle grandi capitali europee (Parigi, Berlino, Mosca, Vienna, Londra).
A voler trovare l’antefatto, tutto (o quasi) cominciò con l’esposizione dei pittori Fauves (‘selvaggi’, chiamati così dai critici per l’uso di colori vivaci e di linee aggressive e immediate) al Salon d’Automne di Parigi, proprio nel 1905. La mostra fece scalpore: i quadri erano dotati di inusitata forza espressiva, o meglio espressionistica, grazie a una gamma cromatica mai vista prima di allora; si passava da una riproduzione oggettivo-realistica della realtà all’interpretazione fantastica, anche in chiave violenta e deformante, per ribaltare tanto i luoghi comuni quanto la pur innovativa estetica impressionista. Sorsero di conseguenza gruppi artistici interdisciplinari, ognuno caratterizzato con tanto di proclami e manifesti attraverso metodologie e poetiche sprezzanti delle convenzioni sociali, esistenziali, culturali: i cosiddetti ismi, tendenze, scuole, correnti: espressionismo (con le diramazioni chiamate Die Brucke, 1905, e Der Blaue Reiter, 1911), cubismo (1906), futurismo (1909), astrattismo (1909), cubofuturismo (1914), dadaismo (1915), surrealismo (1920).
In pochi anni prosperarono tante innovazioni strutturali da far gridare alla rivoluzione, intesa nel senso di totale sovvertimento dei canoni linguistici fino ad allora normalmente condivisi dal mondo artistico. Non si deve dimenticare, inoltre, che in quello stesso periodo altri importantissimi fattori stavano cambiando la vita dell’uomo, schiudendogli le porte della cultura contemporanea: oltre alla sempre maggior importanza dei mass media (nel 1895 nascono il cinematografo e la fotoincisione o rotocalco, nel 1901 nasce la prima trasmissione radiotelegrafica transatlantica), il superamento del positivismo con la filosofia irrazionalista (Friederich Nietzsche), la nuova linguistica (Ferdinand de Saussure), la moderna sociologia (Durkheim, Weber, Schumpeter), la teoria della relatività (Albert Einstein) e soprattutto la psicanalisi (Sigmund Freud), con profonde conseguenze anche sullo sperimentalismo legato al cinema e in genere alla comunicazione sociale.
Riassumendo, nei primissimi decenni del Novecento si assiste al moltiplicarsi di movimenti intellettuali in seguito battezzati in due modi: avanguardia, con termine preso dal gergo militare, per indicare appunto la posizione avanzata delle problematiche dibattute rispetto al livello generale di elaborazione del discorso artistico; oppure sperimentalismo mutuato dal linguaggio scientifico, per connotare un insieme di attività miranti alla ricerca (appunto la sperimentazione) di nuove tecniche e metodi avveniristici in un campo specifico, con un orientamento in cui l’indagine viene quasi scientificamente basata sull’esperienza.
Spostando l’attenzione sulle arti visive (cinema compreso), si può notare come qui le avanguardie storiche o i lavori di sperimentalismo maturassero un comune rifiuto dell’arte tradizionalista (figurativa o referenziale), dal momento che la loro ricerca si appuntò su elementi per così dire intrinseci ai dati formali: l’accento cadde volta per volta su linea, colore, spazio, tempo, ritmo e movimento. Infine, l’avanguardia e lo sperimentalismo che agirono in ambienti metropolitani di Paesi con forte crescita industriale, dove parimenti aumentava il peso e il ruolo delle comunicazioni di massa, non vanno intese quali entità separate le une dalle altre: anzi risulta proficuo seguirne i molteplici scambi reciproci, come pure i percorsi inquieti dei singoli artisti, passati nell’arco della propria esistenza attraverso disparate esperienze.
Oggi sia il termine sia la categoria di sperimentalismo sono messi in discussione e in crisi irreversibile, per il mutato scenario estetico-culturale e l’avanzata della logica postmoderna: e il postmoderno (il termine già citato all’inizio, ma che meglio degli altri sintetizza il valore dell’epoca attuale) è qualcosa che, mescolando con estrema disinvoltura ogni aspetto della vita contemporanea (tra cui momenti alti e bassi, snob e kitsch del fare artistico), scombina e quindi azzera le precedenti istanze avanguardiste; in questo ennesimo ribaltamento di fronti che coinvolge ogni espressione creativa, un ruolo importantissimo hanno giocato i mass media: non più elitariamente considerati in termini di inutilità, pacchianeria, disprezzo e nemmeno usati al solo scopo di ribaltarne i meccanismi costitutivi, i recenti strumenti delle comunicazioni di massa sono ormai parte integrante delle attività di ricerca e sperimentazione da parte delle ultimissime generazioni di artisti cresciuti a suon di informatica e di televisione.
La nuova frontiera di ciò che alcuni han provato a definire post-sperimentalismo o altri avanguardia di massa sembra infine essere costituita da un lato dai sempre più inossidabili legami tra l’elettronica e l’arte tout court (dal video alla computergrafica e animation), dall’altro, per rimanere in una prospettiva cinematografica, dall’uso al contempo ponderato e volitivo delle tradizionali strutture produttive, al cui interno operare col massimo genio libertario, sull’esempio introdotto negli anni Sessanta sia dall’underground sia dalle nouvelles vagues di tutto il mondo.
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Bibliografia
- BERTETTO Paolo (ed.), Il cinema d’avanguardia, Marsilio, Venezia 1983.
- MARTINI Andrea (ed.), Cinema e utopia, Marsilio, Venezia 1994.
- MITRY Jean, Storia del cinema sperimentale, Mazzotta, Milano 1971.
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Come citare questa voce
Michelone Guido , Sperimentalismo cinematografico, in Franco LEVER - Pier Cesare RIVOLTELLA - Adriano ZANACCHI (edd.), La comunicazione. Dizionario di scienze e tecniche, www.lacomunicazione.it (26/12/2024).
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